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Home » Perugina, i dipendenti scelgono di andarsene

Perugina, i dipendenti scelgono di andarsene

di Redattore
23 Marzo 2018
in Altre notizie, Attualità, Economia, Lavoro
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
L'uscita dalla Perugina

L'uscita dalla Perugina

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Il ragionamento più o meno è questo: «Se fra un anno e mezzo potrei ritrovarmi senza lavoro, visto che l’azienda, dopo aver ricevuto 30mila euro di incentivo, può licenziarmi liberamente fra 14 mesi, tanto vale che i 30mila euro li prenda io e mi cerco un lavoro liberamente».

Sconforto fra gli operai

La delusione Il virgolettato è attribuibile a uno qualsiasi dei dipendenti Nestlé che in queste ore stanno optando per la fuoriuscita volontaria, delusi dall’azienda cui hanno dedicato i migliori anni della loro vita, dai sindacati, rei di aver spuntato un accordo che garantisce poco chi decide di essere ricollocato, e infine anche dalla politica e dalle istituzioni locali, che per anni hanno usato la fabbrica di San Sisto come strumento di propaganda e bacino elettorale e poi, ora che sono arrivati gli anni bui, hanno lasciato che la multinazionale svizzera prendesse decisioni drastiche senza opporsi al piano di svuotamento della gloriosa azienda fondata da Luisa e Annibale Spagnoli.

Il significato dei numeri Le informazioni che arrivano da San Sisto parlano di altri 20-25 adesioni al piano di esubero volontario che, in buona sostanza, significa che il lavoratore accetta di togliere il disturbo ricevendo in cambio dalla Nestlé una buonuscita di 60mila euro. Siamo a 112 esuberi certificati ormai. Ma altri se ne aggiungeranno nei prossimi giorni. Viceversa, resta a 65 il numero dei ricollocati (sui circa 85 posti disponibili). I numeri dicono che c’è un trend evidente: si preferisce la fuoriuscita al ricollocamento.

Il perché delle scelte Sulle motivazioni che stanno dietro a queste dinamiche le deduzioni possono essere diverse anche perché diversi sono i ragionamenti che vengono fatti da persona a persona. Ce la madre di famiglia, magari con due stipendi nel nucleo familiare, che sceglie di rimanere a casa e accudire figli e nipoti. C’è chi conta di spendere la propria professionalità trovando comunque un posto di lavoro, senza bisogno del canale preferenziale fornito dal servizio di outplacement offerto da Nestlé che però costa al lavoratore 30mila euro. In caso di ricollocamento, infatti, metà dell’incentivo va all’azienda che assume il lavoratore.

Tavolo in Confindustria

La clausola di salvaguardia È anche un discorso economico, quindi, ma non solo. È un discorso di sicurezze e di prospettiva. Insomma: meglio un uovo oggi che una gallina domani. Nonostante i nuovi posti di lavoro siano tutti contratti a tempo pieno e indeterminato, con la nuova normativa (il tanto citato jobs act) le aziende possono licenziare nei primi tre anni senza particolari ostacoli. Per questo motivo è stato inserito nell’accordo Nestlé-sindacati una clausola di salvaguardia di circa 14 mesi: se entro questo lasso di tempo il lavoratore dovesse perdere il lavoro, Nestlé si impegna a riassumerlo come stagionale per sei mesi, fornendo consulenza per un nuovo ricollocamento, oltre a un ulteriore incentivo di 10mila euro.

La scelta Ma se il licenziamento arrivasse invece dopo i 14 mesi? In quel caso il lavoratore si troverebbe senza alcuna tutela. Ecco perché, fatti due conti (14 mesi di retribuzione lorda corrispondono all’incirca a 30mila euro) in molti scelgono di uscire adesso e affidarsi alle proprie capacità. Un processo all’intenzione che viene accettato ma non condiviso da Nestlé e dai sindacati, secondo cui le aziende che assumono avrebbero in realtà tutto l’interesse a trattenere con sé i lavoratori, in quanto si tratta di realtà in salute e che in ogni caso avrebbero assunto.

TUTTO SULLA VERTENZA PERUGINA – ARCHIVIO UMBRIAON

perugina san valentino san sisto nestlé
Il parcheggio di San Sisto

La dieta di Nestlé Intanto nei giorni scorsi si è riunito a Milano il coordinamento nazionale dei sindacati Nestlé: una riunione nel corso della quale è stato fatto il punto sullo stato di salute del gruppo. È emerso che il numero degli occupati a tempo indeterminato nel 2017 è stato di 2323 (erano 3034 nel 2015). Un nuovo calo è previsto nel corso del 2018.

Il Bacio ‘stazionario’ I volumi previsti per la Perugina saranno di circa 21500 tonnellate: crescono le uova e il cacao, si mantengono stabili i volumi del Maxibon mentre calano di circa mille tonnellate i volumi di tavolette (sempre rispetto al 2015). Ma la cosa che maggiormente preoccupa i sindacati la situazione del Bacio Perugina, definita «stazionaria», nonostante nel 2017 il mercato del dolciario abbia registrato un incremento del 2.3%.

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