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Home » Riforme ‘indigeste’ per chi indaga. Nannini (Sap): «Ma sono del mestiere?»

Riforme ‘indigeste’ per chi indaga. Nannini (Sap): «Ma sono del mestiere?»

Dalla riforma Nordio al ddl intercettazioni, passando per le dichiarazioni dell'ex capo della polizia Gabrielli. Il segretario umbro del Sap: «Amarezza per l'assenza di consapevolezza»

di Fabio Toni
21 Marzo 2025
in Altre notizie
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Claudio Nannini

Claudio Nannini

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Dalla riforma Nordio al ddl intercettazioni – che ora è legge – e tutte le conseguenze previste. I sindacati delle forze dell’ordine e la stessa Anm hanno espresso più di una perplessità per i contenuti delle novità legislative che si sono succedute negli ultimi mesi. E anche in Umbria, in questo caso il Sap, c’è chi fa sentire la propria voce. Il sindacato parla attraverso il suo segretario regionale Claudio Nannini. Che non le manda a dire.

«Tempi duri per chi svolge attività di polizia giudiziaria – esordisce Nannini -. Abbiamo iniziato con l’interrogatorio preventivo prima di eseguire una custodia cautelare: la persona indagata viene a conoscenza di tutti i capi di imputazione con la previsione che a breve sarà arrestata. Si comprende bene come l’esecuzione stessa della misura cautelare possa compromettere il rintraccio dell’indagato e le perquisizioni che si andranno a fare».

«Poi – prosegue il segretario regionale del Sap – abbiamo visto un ex capo della polizia, Franco Gabrielli, criticare direttamente e da consulente del Comune di Milano, le modalità dell’inseguimento, poi rivelatesi del tutto corrette, avvenuto nel novembre dello scorso anno a Milano, in cui è morto un giovane. Da un ex poliziotto ci saremmo aspettati altro. Sembra assurdo dover spiegare a Gabrielli che spesso chi fugge dalla polizia non è l’intestatario del veicolo: quando un mezzo sta fuggendo all’alt, per mettere in sicurezza gli stessi avventori della strada, è sempre un dovere fermarlo».

«Per finire – prosegue Nannini – siamo arrivati al ddl intercettazioni, dove mi viene da pensare: ‘se questi sono del mestiere’. Già fare attività di polizia giudiziaria è un sacrificio per l’operatore e i suoi familiari. Dare poi tempi ristretti, non consente di avere un quadro investigativo certo e acquisire gli elementi che in sede processuale possano portare alla condanna dell’indagato. Posso garantire che 45 giorni, in alcuni casi servono soltanto ad identificare il reale utilizzatore dell’utenza telefonica intercettata. Si pensa sempre alle garanzie dell’indagine come se dall’altra parte ci fossero dei carnefici: non è così».

Elementi che conducono l’esponente del Sap ad una riflessione amara: «In un silenzio assordante da parte di molti – osserva Claudio Nannini – la polizia giudiziaria già sconta una carenza cronica di operatori. Ora gli si chiede di svolgere il lavoro in pochi e velocemente, ma tutto questo a chi giova? Spesso sento dire che la democrazia ha un costo economico, ma anche la polizia giudiziaria ha un costo economico che va tutelato per la sicurezza dei cittadini: per assicurare alla giustizia chi delinque, servono risorse e i dovuti tempi. Sono amareggiato – conclude – nel percepire una totale non consapevolezza di come si svolgono le indagini, spesso figlie, nel caso della polizia di Stato, di input della squadra Volante, quest’ultima punto cardine indispensabile per la sicurezza di tutti».

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