di M.T.
Ci sono promesse difficili da mantenere. Anche se, e questo è sicuramente uno di quei casi, si tratta di promesse fatte in buona fede. Soprattutto quando i problemi si sommano ai problemi. E anche questo è uno di quei casi. Così va a finire che una faccenda che veniva, dai più, considerata ormai bella e risolta – si qualcuno aveva perso il lavoro, ma si parlava dei classici danni collaterali (in realtà si tratta di persone in carne ed ossa, ma tant’è) – torna clamorosamente in discussione. Quella faccenda si chiama Sangemini.
Le promesse Carlo Pessina, parlandone con una rivista specializzata (‘Distribuzione moderna’), ha raccontato che «non è stato facile chiudere la trattativa su Sangemini, che ha vissuto una lunga crisi. Recentemente il tribunale ha omologato il concordato per cui ritengo che nel giro di alcune settimane chiuderemo l’operazione in maniera definitiva. Si tratta di un punto di svolta fondamentale perché, chiaramente, fino a ora abbiamo svolto una gestione ordinaria e operato esclusivamente il necessario. Una volta portata a termine l’acquisizione valuteremo possibili investimenti a livello tecnologico».
Il concordato Però ci sono dei piccoli problemi: il 31 marzo scorso, a 13 mesi dall’accordo che il 1° marzo del 2014 ha permesso a Norda di prendere in affitto la Sangemini – con il sacrificio dei lavoratori della Fruit, rimasti con il cerino in mano e un mazzetto di promesse mai mantenute – invece di versare la prima tranche (4,8 milioni) di quanto previsto dal concordato concesso dal tribunale di Terni, Carlo Pessina e suo fratello Massimo avrebbero chiesto un rinvio, fino al 31 maggio, perché, sarebbe stata la giustificazione, ci sarebbero problemini organizzativi.
Il bilancio Uno di questi sarebbe quello rappresentato dal bilancio. Sì quel mucchio di carte nel quale ogni azienda deve spiegare, per benino, quali sono le entate e le uscite. E la cosa buffa è che i conti, alla fine, devono tornare. E spesso non basta fare, come hanno fatto anche nei giorni scorsi i Pessina, dare rassicurazioni verbali alle banche – alla Banca Popolare di Milano in particolare – perché le banche, poi, sono curiose e in quelle carte ci vanno a guardare. E mica tanto per fare: le spulciano proprio, quelle carte: pagina per pagina e numero per numero.
La scadenza E, insomma, entro il 15 maggio il guppo Norda deve presentare una relazione, diciamo così preliminare, sulla base della situazione contabile al 30 aprile. E lì, proprio lì, potrebbero sorgere delle difficoltà: visto che una delle condizioni che sono alla base della prosecuzione dell’operazione Sangemini, per Norda, sarebbe vincolata proprio al rispetto di alcune scadenze, una delle quali era proprio quella di fine marzo: i 4 milioni e 800 mila euro non versati.
Le speranze Scadenze che potrebbero mettere a rischio le speranze di Carlo Pessina, che sempre nell’intervista concessa alla rivista specializzata, diceva che l’operazione Sangemini «ha consentito al nostro gruppo di chiudere il cerchio. Complessivamente contiamo sette siti produttivi. Siamo diventati il quarto gruppo nel settore acque minerali in Italia, il settimo in Gdo (con una quota del 4,5% a volume) e il secondo nel canale Horeca (con una quota del 15-16% a volume), dopo il gruppo Nestlé-Sanpellegrino. Fino a questo momento – diceva ancora Pessina – Sangemini ha sempre avuto tre target di riferimento: la prima infanzia, le neomamme e le persone anziane. Recentemente abbiamo scoperto che, se consumata regolarmente, inibisce la formazione dell’acido lattico durante l’attività sportiva, quindi questo potrebbe essere un target nuovo e più allargato. Sangemini, che è un brand storico risalente al 1889, si presta a nostro avviso a ragionamenti che possono andare oltre il beverage. Nulla ci vieterà, infatti, di lanciare una linea per l’infanzia che comprenda, a puro livello ipotetico, biscotti od omogeneizzati. Considerato il posizionamento, si presta a ragionamenti anche in ambito food».
I creditori Solo che i creditori bancari privilegiati riconosciuti dal tribunale starebbero comincando a stare un po’ sulle spine e a riconsiderare quell’ipotesi di accollo del debito – circa 7 milioni e mezzo – che avevano concesso a Norda al momento della stesura del concordato. Ma che era condizionato al pagamento di quei famosi 4,8 milioni entro il 31 marzo. Senza considerare che entro il 5 maggio (il ‘rinvio’ è stato concesso dalla corte di appello di Perugia il 22 aprile) Norda dovrà portare della documentazione in base alla quale evitare che la Vetreria Piegarese, ma anche il Consorzio Cts trasporti, siano fatti ritransitare tra i creditori privilegiati – attualmente vengono considerati chirografi – con un immediato aumento multimilionario dell’esposizione.
Il tribunale Una situazione, a ben vedere, che potrebbe creare qualche imbarazzo anche al tribunale di Terni, che il concorato ha concesso – l’affitto stesso in base al quale Norda sta gestendo lo stabilimento Sangemini sarebbe legato al rispetto delle clausole previste nel documento – e alla Regione dell’Umbria, che aveva concesso lo sfruttamento delle sorgenti – per un canone annuo di circa 50 mila euro – in fretta e furia.