Sangemini, le sigle contro la relazione dei commissari giudiziali

Fai, Flai e Uila scrivono al tribunale di Milano e agli stessi commissari: «Dissesto di AMI non dipende dai mancati tagli al personale. Mai visto un investimento»

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Di Fai Cisl, Flai Cigl e Uila Uil Umbria

In rappresentanza dei lavoratori, intendiamo con la presente portare all’attenzione dei commissari alcune questioni relative i siti di Sangemini e Amerino sollevate all’interno della relazione. In particolare al punto 6 ‘Le cause e le circostanze del dissesto economico’, Sangemini viene citata in modo diretto; segnatamente ‘l’aver eseguito, con riguardo allo stabilimento di Sangemini, sia un piano di ridimensionamento del personale sia un progetto di rilancio del marchio, entrambi estremamente onerosi, senza che ai forti costi sostenuti seguisse un adeguato ritorno economico’ costituirebbe una delle cause del dissesto.

Sangemini e Amerino: «Il piano di rientro non dà prospettive future»

Quando si fa riferimento alla ‘esecuzione di un accordo sindacale finalizzato ad assorbimenti/esuberi di personale dipendente impiegato presso lo stabilimento di Sangemini’ ci si riferisce presumibilmente a due accordi stipulati fra organizzazioni sindacali e AMI. In tal senso si sottolinea in primis che a fronte dell’assorbimento di 95 dipendenti da parte di Norda S.p.a., come previsto all’interno del verbale di accordo del 2014, sono stati licenziati 32 lavoratori con un conseguente ridimensionamento dei costi. Si ritiene opportuno poi evidenziare che in forza dell’accordo del 2018 stipulato fra organizzazioni sindacali, AMI e Regione Umbria, l’azienda ha usufruito della cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione, agendo in modo considerevole sui costi relativi al personale occupato nei siti.

Il piano di ridimensionamento del personale, dunque, non ha costituito un costo per la proprietà, al contrario ha consentito un risparmio notevole di risorse (6 dipendenti hanno risolto il rapporto di lavoro). Inoltre gli ingenti investimenti tecnico industriali ai quali si fa riferimento quali causa di dissesto per l’intero gruppo, a Sangemini non sono in realtà mai stati realizzati. Nel già citato accordo del 2018, a fronte del ricorso agli ammortizzatori sociali, erano previsti 19 milioni di euro investimenti mai affrontati sui siti umbri. L’inserimento della linea vetro, ad esempio, non è mai avvenuto. Il programma di aggiornamento, potenziamento e miglioramento degli impianti ha toccato in maniera marginale Sangemini e Amerino come si evince dalla relazione stessa. Ed infine quando la relazione si riferisce ai costi straordinari sostenuti per ‘il marchio Sangemini, al fine di riposizionare sul mercato il brand’, non riporta i tagli relativi la rete vendita e al marketing che hanno portato danni ingenti ai volumi.

Per queste ragioni le cause del dissesto, per come riportate nella relazione, non sono certamente imputabili all’acquisizione e alla gestione da parte di AMI dei due siti umbri sopracitati. Rimane priva di oggettivo riscontro anche l’ulteriore affermazione circa ‘i rilevanti esuberi di mano d’opera’ in particolare nei siti acquisiti con le aziende in crisi (Sangemini ed Amerino, ndr). Per quanto sopra detto, a nostro avviso, quantomeno per quelle parti della relazione che qui si segnalano, le valutazioni effettuate paiono distanti dall’esser fondate su criteri di veridicità e ragionevolezza che dovrebbero informare il processo di ricerca delle cause che hanno condotto AMI al dissesto. Auspichiamo, dunque, che, presa effettiva contezza della situazione in cui versano i siti Sangemini ed Amerino, si possa procedere con tutti gli investimenti necessari e, primariamente, quelli riguardanti la tutela del capitale umano.

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