di Giovanni Cardarello
La sanità pubblica italiana sta affrontando «una crisi del personale sanitario senza precedenti». In 11 anni sono stati persi 28,1 miliardi di euro, 15,5 dei quali nel periodo dell’era Covid, ovvero il quadriennio 2020-2023. Lo afferma, senza mezzi termini, la Fondazione Gimbe il cui presidente, Nino Cartabellotta, è stato ascoltato in settimana in audizione presso la Commissione affari sociali della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie.
Ma non solo. Nell’arco del decennio 2012-2023 il capitolo di spesa sanitaria relativo ai redditi da lavoro dipendente è stato quello maggiormente sacrificato. Nel 2012 rappresentava il 33,5% della spesa mentre nel 2023 si è attestato al 30,6%. Un dato che viene individuato come la principale causa della perdita dei 28 miliardi di euro a cui si accennava. Una forte spinta, in tal senso, arriva dal fenomeno dei cosiddetti ‘gettonisti’ che nel 2023 è letteralmente esploso, raddoppiando la propria consistenza.
«La carenza di personale sanitario unita all’impossibilità per le Regioni di aumentare la spesa per il personale dipendente a causa dei tetti di spesa – ha detto il presidente Cartabellotta in audizione – ha alimentato il fenomeno dei ‘gettonisti». Si tratta, nel dettaglio, di medici, infermieri e altri professionisti sanitari reclutati tramite agenzie di somministrazione del lavoro e cooperative, con i relativi costi rendicontati come spese per beni e servizi. Professionisti del settore che spesso si licenziano per approdare a questa forma di impiego, più remunerativa.
Secondo un report dell’Autorità nazionale anticorruzione, relativo al periodo gennaio 2019-agosto 2023, il fenomeno era già molto evidente nel 2019, con una spesa complessiva di quasi 580 milioni di euro. Nel 2020 il valore è crollato a 124,5 milioni, per poi risalire negli anni 2021-2022, fino a raggiungere, nel solo periodo gennaio-agosto 2023, 476,4 milioni di euro: un valore doppio rispetto all’anno precedente e con un trend in crescita che a breve potrebbe sfiorare il miliardo di euro.
Il fenomeno, ovviamente, impatta in modo diretto sul funzionamento delle venti sanità regionali, con punte drammatiche nella Campania e nel Lazio dove si registrano 8,5 unità di personale per 1.000 abitanti, ma anche con dati positivi come quelli delle Regioni e Province autonome a statuto speciale e dell’Umbria.
In Umbria, in particolare, il personale del servizio sanitario nazionale è superiore alla media italiana. Nell’anno 2022, l’ultimo dato disponibile, nella nostra regione erano presenti 13,8 unità di personale dipendente del servizio sanitario nazionale ogni 1.000 abitanti, a fronte di una media italiana dell’11,6. La spesa pro-capite del territorio per il personale dipendente nel 2023, in Umbria, è stata di 785 euro (media in Italia 672). Per l’anno 2022 la spesa per unità di personale dipendente del servizio sanitario nazionale della regione è stata di 56.822 euro (media italiana 57.140).