Sismano, da borgo dimenticato a crocevia di culture

Avigliano Umbro – Per la piccola frazione si aprono nuovi scenari. Il sogno è riaccendere le luci nel castello, oggi vuoto

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di Alice Tombesi

Difficilmente verrebbe da immaginarsi che Sismano, frazione del comune di Avigliano Umbro (Terni), è diventato un piccolo crocevia di culture diverse. Il borgo ospita poco più di 15 abitanti e il silenzio regna sovrano, eccetto quando nei fine settimana i matrimoni (per lo più) attirano nelle viuzze gruppi di persone. Per il resto rimane indisturbato, mentre guarda dai suoi 400 metri d’altitudine le colline umbre intorno a lui.

La svolta

Qualche anno fa il borgo di Sismano, la parte più antica e meno abitata della frazione, rischiava di essere completamente dimenticato e lasciato in abbandono. Così come il castello, storicamente ‘di ventuno fuochi’ e considerato una delle fortezze a difesa del comune di Todi. Poi la svolta qualche anno fa. La società agricola ‘Del Papa’ insieme all’azienda Monini decide di comprare il castello, il borgo e alcuni terreni da coltivare e di affittarli a Meg, una signora inglese di origini africane. Fino ad allora Meg aveva vissuto in giro per il mondo, lavorando come decoratrice di interni nelle più importanti capitali: Londra, Boston, Los Angeles, New York. L’unico punto fisso era stata l’America, dove aveva vissuto per venticinque anni e dove ancora vive sua figlia (l’altro figlio vive in Sud Africa).

Il trasferimento in Umbria

Voleva smettere di ‘essere nomade’, racconta Meg, di mettere radici senza rinunciare all’arte. Così si trasferisce a Sismano, in quella che lei chiama ‘la casa gialla’, mentre piano piano comincia a ricostruire il borgo. «Del Papa mi chiese se volevo gestire il ristorante, le camere e la piscina. Non il castello perché ancora non è agibile. All’inizio eravamo solo in tre, tutti con diverse abilità ma davvero pochi soldi a disposizione per risistemare tutto. Eppure, con tanta fatica, ce l’abbiamo fatta. Cinque anni fa mi sono trasferita qui in Umbria dopo aver lasciato l’America di Trump, con cui non riuscivo più a relazionarmi. Non volevo tornare in Africa, così sono venuta qui in Umbria». La nostra regione che più, racconta Meg, si avvicina alla Rhodesia (un tempo colonia britannica e oggi Zimbabwe, ndR): il cuore verde d’Italia le ricorda il cuore verde del continente africano dove è cresciuta. E per quanto abbia da sempre vissuto nelle più grandi metropoli, sentiva di non essere una ‘city person’, una persona da città.

L’inaugurazione e il problema Covid

Un rapporto intimo con la natura e il paesaggio che difficilmente Londra o Boston le avrebbero potuto regalare. «I miei amici credevano che fossi pazza perché non conoscevo nemmeno una parola in italiano e all’inizio è stato difficile. Ci siamo messi a lavoro sin da subito e un anno fa abbiamo inaugurato ‘Il Borgo delle Olive’ – spiega Meg – poi c’è stato il coronavirus e tutto si è improvvisamente bloccato». Dopo i mesi di chiusura, a maggio il Borgo delle Olive torna operativo. Ripartire non è facile, però, soprattutto per un’attività appena nata.

Il supporto australiano. Obiettivo castello

Ad aiutare la proprietaria interviene Charlotte. Questa ragazza australiana, dopo aver fatto la spola tra Londra e Italia, decide di comprare una casa proprio sotto Sismano: «Mio marito è un giornalista televisivo mentre io produco animazioni per i film. Dopo il Covid ci siamo comunque fermati qui e io, insieme a Simone, ho aiutato nella gestione». Simone, l’unico italiano in questo trio di culture diverse, gestisce il ristorante e si diletta nella cucina, dove spesso assiste lo chef. Dopo aver risistemato il borgo in tutte le sue parti – un lavoro a tempo pieno ma estremamente gratificante – il prossimo obiettivo di Meg è quello di riportare in vita la parte più importante, perché anche la più simbolica: il castello di Sismano. Oggi la fortezza è vuota e ristrutturare un castello non è lavoro da poco, servono soldi e risorse che attualmente nessuno sembra voler investire. Rimane, così, un sogno nel cassetto. La determinazione di Meg, Charlotte e Simone, però, lascia ben sperare che anche le luci del castello, prima o poi, possano tornare ad accendersi.

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