Spoleto in provincia di Terni: «Dibattito utile ma incompleto»

Lorenzo Ranocchiari (Terni Valley) riflette sul tema del riequilibrio territoriale: «Non ridurlo a una gara a chi ha il campanile ‘più alto’»

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di Lorenzo Ranocchiari
Associazione ‘Terni Valley’

Lorenzo Ranocchiari

Si è recentemente riacceso il dibattito attorno una delle questioni che rappresentano plasticamente le fratture interne alla nostra Regione: quella dei confini delle province. Un comitato di cittadini spoletini (Comitato Spoleto in Provincia di Terni) ha infatti lanciato un appello agli amministratori di Spoleto affinché si svolga un referendum nel quale venga data ai cittadini la possibilità di scegliere se rimanere in Provincia di Perugia o passare nella Provincia di Terni. Le ragioni che motivano questo ‘scossone territoriale’, come viene definito, vanno dalla storia della creazione delle province stesse, alle affinità economiche e di sviluppo, oltre che amministrative, alle ragioni di rappresentanza istituzionale, fino alle vicende più recenti legate all’ospedale cittadino.

«TERNI MORTIFICATA. VERTENZA UMBRIA MERIDIONALE ATTUALE»

A Terni, conseguentemente e legittimamente, si è rilanciato il dibattito chiedendo conto all’amministrazione comunale dove siano finiti i progetti di riequilibrio territoriale sbandierati in campagna elettorale. Il tema è sicuramente interessante e offre lo spunto per dare qualche dato, così da contestualizzare ciò di cui si sta parlando. L’Umbria è una delle quattro regioni d’Italia ad avere due sole province ed è la Regione che, in termini di abitanti, è la più disequilibrata: infatti nella provincia di Perugia vive circa il 74% degli umbri, contro il 26% della Provincia di Terni. Nemmeno il Molise, che nella sua Provincia di Isernia (Comune di 20 mila abitanti) conta circa il 28% degli abitanti della Regione, è più disequilibrato.

D’altronde, basta guardare alle mappe: mettete a confronto la Regione Umbria con le Marche o l’Abruzzo e vi renderete conto di quanto sia sproporzionata la grandezza della Provincia di Perugia rispetto alle altre. In termini di abitanti il disequilibrio delle province dell’Umbria rispetto alle Marche e all’Abruzzo è notevole: nessuna provincia nelle due regioni nostre vicine ha più del 30% circa degli abitanti della Regione in cui si trova. Queste diseguaglianze si ritrovano anche in termini economici: al 2016 (dati del Sole24Ore) il PIL della Provincia di Terni superava di poco i 5 miliardi di euro, contro i quasi 16,5 miliardi di Perugia, mentre il PIL pro-capite della Provincia di Terni è di più del 10% inferiore rispetto a quello perugino.

C’è poi tutto il capitolo legato al disallineamento tra i confini provinciali e quelli delle Usl o quelli dei collegi uninominali del Senato che appaiono molto più equilibrati. È evidente che i disequilibri territoriali e i disallineamenti amministrativi e di rappresentanza, portino inevitabilmente a disuguaglianze strutturali e istituzionalizzate che dovrebbero quanto meno far riflettere i cittadini e gli amministratori che di questa diseguaglianza ne fanno le spese.

Agli occhi di chi scrive, però, questo dibattito necessita di qualche riflessione più ampia, soprattutto per chi lo conduce da Terni, per evitare che si trasformi nella solita stancante gara a chi ha (o vorrebbe avere) il campanile più alto. Infatti, se è vero che le province dell’Umbria così disegnate appaiono illogiche e sarebbe necessario un ragionamento sul perché la mappa regionale sia così squilibrata, su quali siano le conseguenze nelle vite delle comunità e su un eventuale razionale ricollocazione dei confini, è anche vero che Terni e i suoi amministratori dovrebbero lanciare lo sguardo oltre questi stessi confini.

Terni dovrebbe costruirsi una sua visione come città europea, punto di attrazione di forze economiche, sociali, amministrative e culturali in piena sintonia con le sfide del 21° secolo. È qui nella nostra città che si dovrebbero fare progetti per uno sviluppo sostenibile e per una città intelligente e connessa. Qui si dovrebbe progettare il ripensamento del tessuto economico-imprenditoriale nell’ottica della resilienza agli shock (pandemie o crisi economiche) e dell’adattamento alle evoluzioni del mercato. Si dovrebbe riflettere su come rendere la scuola e l’università più attrattive e all’avanguardia, per richiamare e coinvolgere giovani nella creazione di una comunità nuova. Si dovrebbero progettare nuove soluzioni dell’amministrazione del territorio nell’ottica di un superamento dei Comuni a favore dell’integrazione delle funzioni amministrative e di servizio fondamentali nei nuclei urbani omogenei, come si dovrebbe pensare ad uno sviluppo che riconnetta il territorio ai cittadini che lo abitano, senza che nessuno sia lasciato indietro.

In conclusione, è giusto che si rifletta sugli assetti istituzionali di un disequilibrio e di una diseguaglianza strutturali nella nostra Regione, come è auspicabile che i cittadini di Spoleto e di ogni altro comune della Valnerina abbiano la loro voce ascoltata in merito, e che Terni e Perugia ascoltino. È però necessario che questo non diventi per Terni e per i suoi amministratori l’ennesima giustificazione per rimandare – ed addossare su altri la colpa di questa procrastinazione – il muovere quei passi avanti che a gran voce la comunità richiede e la città merita.

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