di Claudio Ricci
consigliere regionale (Ricci presidente)
Totale contrarietà a qualunque ipotesi di tassa di soggiorno regionale che sarebbe uno degli errori più gravi che si possano commettere per l’immagine dell’Umbria e per la vendita dei suoi prodotti turistici. Presenterò in Regione un’interrogazione per contrastare l’idea che emerge da ambienti culturali umbri.
Chi conosce da vicino l’operatività di imprese ricettive, ristorative, commerciali e nel quadro dei servizi turistici, può verificare che bastano pochi euro per far modificare le decisioni e perdere i clienti nelle località. Questo accade a causa dell’utilizzo di internet nel 65% dei casi, per la scelta della prenotazione da parte di clienti individuali o famiglie/piccoli gruppi, nonché le modalità di decisione dei grandi tour operator.
Bastano, per la precisione, 2 o 3 euro in più a persona per notte, come hanno dimostrato gli effetti negativi procurati della tassa di 2,5 euro, a passeggero, sui voli di Ryanair. A volte sono gli stessi operatori che si accollano i costi della tassa di soggiorno pur di non perdere le commesse, diminuendo il personale, i servizi e le manutenzioni con la conseguente qualità.
In ultimo non va dimenticato l’aspetto di marketing: un luogo, come l’Umbria, legato al turismo come accoglienza e passaporto di pace nonché incontro fra i popoli, deve evitare la tassa di soggiorno proprio per farne una leva di aggiuntiva di marketing e vantaggio competitivo rispetto alle destinazioni concorrenti, quale valore aggiunto percepito di accoglienza.
Sul piano amministrativo la tassa di soggiorno regionale non è possibile in quanto strettamente legata alle competenze amministrative e alle scelte di ciascun comune che, dovrebbe, se decide di mettere la tassa di soggiorno, dotarsi di un piano turistico per l’utilizzo delle risorse che sia condiviso con le categorie socio culturali e turistico economiche, evitando di destinare i proventi, della tassa di soggiorno, ad altri scopi amministrativi.