La premessa è chiara: quello che Ast ha presentato alla Provincia di Terni, in risposta alla richiesta di informazioni su cosa intende fare per le scorie di lavorazione che attualmente finiscono nella discarica di Valle, è un progetto di respiro internazionale, per fare di Terni un polo di eccellenza e un esempio globale.
La documentazione Nel dossier viene ricordato che Ast produce circa 300 mila tonnellate all’anno di scorie, tra ‘nere’ (prodotte nell’ambito del processo del forno elettrico ad arco) e ‘bianche’ (derivanti dalla fase di affinazione in appositi convertitori denominati ‘Aod’), con queste ultime che rappresentano circa il 60% del totale. E che l’azienda ha affidato (nel 2010) ricerche e test a una serie di istituti di ricerca e imprenditori che sono sarebbero «solamente in piccola parte riusciti a fornire una robusta risposta alla problematica sottoposta loro».
Risultato parziale Ma il problema più grave, secondo Ast, sarebbe relativo al fatto che gli studi e le sperimentazioni si sarebbero concentrati sulla ‘gestione’ delle scorie, senza affrontare l’aspetto della possibile riduzione all’origine del carico inquinante e senza eliminare il trasferimento di inquinanti (in particolare Cromo) tra le matrici ambientali.
‘Economia circolare’ A livello comunitario, evidenzia Ast nel dossier consegnato alla Provincia, viene ormai con forza enfatizzata l’importanza dell’esistenza di un mercato per i materiali prodotti con scoria ma gli utilizzi “classici” di queste hanno drasticamente ridotto il loro potenziale di costituire una soluzione concreta di “assorbimento” da parte del mercato.
L’occupazione Faccenda non trascurabile, fa notare l’azienda di viale Brin, è quella relativa al fatto che un uso più efficiente delle risorse potrebbe determinare nuove opportunità di crescita e occupazione – si parla di 580 mila nuovi posti di lavoro nell’area Ue – e questo assunto viene utilizzato da Ast per rilanciare il progetto per la creazione a Terni di un polo di eccellenza per il recupero delle scorie – mirando a coinvolgere player internazionali in grado di proporre soluzioni tecnologiche avanzate – per trasformare i rifiuti in una risorsa e, conseguentemente, contribuire a realizzare una società e un’economia a ‘zero rifiuti’.
Orizzonte internazionale E, insomma, Ast avrebbe deciso di ampliare la platea dei possibili partner, magari partendo da quanto già ottenuto nel corso delle precedenti campagne di studio svolte, per superarne i limiti e gli aspetti critici rilevati. Partendo dalla considerazione che ci sarebbero studi, tutt’ora in corso, relativi alla fattibilità tecnica, commerciale ed economica del recupero delle scorie derivanti dalla produzione di acciaio inossidabile. Nella documentazione presentata, quindi, si parla della possibilità di coinvolgere qualificati operatori internazionali invitandoli a presentare offerte per la progettazione, la realizzazione industriale e la gestione dell’intero servizio integrato di recupero e commercializzazione delle scorie.
Le caratteristiche I possibili partner di Ast in questo progetto dovrebbero indicare le opzioni di recupero delle scorie; il quantitativo annuale di scorie recuperabile, in una prospettiva almeno quinquennale; la tipologia dei prodotti ottenibili e le loro caratteristiche ambientali e prestazionali; la realizzazione industriale delle operazioni di recupero; la tempistica di progressiva implementazione di tali operazioni; l’individuazione della domanda e del mercato di riferimento dei prodotti ottenuti.
Comitato di vigilanza A regolare il tutto, secondo Ast, dovrebbe essere un comitato di vigilanza – nel quale potrebbero trovare posto il presidente della Provincia, il sindaco, il prefetto e il rettore dell’università di Perugia con compiti di vigilanza e di garanzia della correttezza della procedura di gara – mentre la valutazione sarà affidata a una commissione composta da esperti con elevata e specifica qualificazione professionale e da tecnici dell’azienda.
Indagine di mercato Per selezionare i soggetti partecipanti alla gara l’Ast avrebbe già avviato un’indagine di mercato e i tempi stimati per la realizzazione del progetto prevedono sei mesi per la nomina del comitato di vigilanza e della commissione aggiudicatrice; l’elaborazione della specifica tecnica di gara (bando e capitolato); e per la ricerca e la selezione degli operatori da invitare alla gara. Altri dodici mesi per l’esecuzione della gara internazionale e ulteriori sei mesi per la valutazione delle offerte e l’aggiudicazione.
Tempi lunghi Il fatto è che, però, sei più dodici più sei fa ventiquattro: due anni se ne andrebbero solo per decidere chi e come dovrebbe fare il tutto. E due anni significano almeno altre 600 mila tonnellate di scorie che finiranno in discarica. Più le 300 mila di quest’anno e quelle che si ammucchieranno dal momento in cui ci sarà un vincitore e fino a quando quello non inizierà a trattarne il primo chilo. Un sacco di roba. Peggio, di robaccia.