Terni, call center: lavoratori sulle spine

Spuntano anche le prime divisioni e si affaccia l’ipotesi cooperativa

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di F.T.

Un’assemblea dura, tesa, a tratti difficile da governare di fronte alla rabbia di chi si sente preso in giro. E con un esito piuttosto chiaro: la maggioranza dei lavoratori del call center ternano, in agitazione dallo scorso 27 febbraio, vuole andare avanti nella protesta e non intende interrompere lo sciopero. «Che senso ha lavorare – chiede uno dei più decisi – visto che i contributi questa proprietà non li ha mai versati e gli stipendi non arrivano. Siamo stanchi delle promesse di chi vuole solo approfittarsi di noi».

Le valutazioni L’assemblea di sabato era stata convocata all’indomani dell’incontro in prefettura, in cui la proprietà aveva sottoscritto un documento ‘di programma’ con alcuni impegni (ritenuti dai più vaghi) sul fronte degli stipendi, del confronto sindacale e dell’apertura di tavoli permanenti all’interno dell’azienda per monitorare, con qualche certezza in più, produttività e organizzazione del lavoro.

Tentativo a vuoto Una base giudicata «minima» dai sindacati – che nutrono a loro volta tutta una serie di dubbi – per poter riflettere con i lavoratori stessi in assemblea o tornare attorno ad un tavolo. E a ragionare ci si è provato, ma non si può dire sia andata bene visto che, alla spicciolata, dai più ai meno insoddisfatti e da un certo momento in poi, i lavoratori hanno via via abbandonato la riunione.

I sindacati Dall’inizio della vertenza le sigle sindacali – Cgil, Cisl e Uil – si sono impegnate per portare la questione all’attenzione dei vertici istituzionali (prefetto ma anche sindaco, Inps, Direzione del lavoro) e quindi dei media che si sono occupati di una realtà poco conosciuta, finita attraverso la vertenza all’attenzione di un’intera città e non solo. «Il punto è che allo stato attuale – hanno detto i sindacati ai lavoratori – i contratti con cui siete erroneamente inquadrati, ovvero come semplici collaboratori anziché dipendenti come ha invece riconosciuto la stessa Dtl, non prevedono tutele. La proprietà non intende mollare, ci è stato detto che non ci sono altri soggetti interessati a rilevare l’attività, e, per ripartire, la dirigenza mette sul piatto alcuni impegni che possono rappresentare la base di in una trattativa, per quanto delicata e complicata».

Tirano dritto Fra i lavoratori le posizioni non sono univoche, fra distinguo e sensibilità diverse, ma ovviamente ad emergere sono soprattutto quelle dei più ‘arrabbiati’, ovvero la maggioranza: «Siamo consapevoli di stare senza lavoro – dicono – ma questa azienda, con la posizione debitoria che si ritrova e riconosciuta dalle stesse istituzioni, non ha futuro. La nostra speranza è che chi la guida, se ne vada. Che cambi tutto». E c’è chi lancia l’idea di dare vita ad una nuova struttura, una cooperativa, che possa competere sul mercato. Se sia un’idea attuabile o meno, sarà il tempo a dirlo.

Situazione confusa La sintesi, almeno sabato mattina, non c’è stata. I sindacati sono consapevoli che una vertenza che dovesse concludersi con la fuoriuscita di tutti i lavoratori, per quanto con contratti ‘instabili’, o ancora peggio il trasferimento dell’attività altrove, rappresenterebbe un fallimento senza mezzi termini. Allo stesso modo buona parte della base si sente come chi, purtroppo, non si sta giocando nulla di fronte all’assenza di prospettive ma anche di certezze a breve. Individuare un approdo, di fronte a margini così risicati, sarà tutt’altro che semplice.

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