di F.T.
Al fuoco incrociato di sindacati, istituzioni e lavoratori, Fabrizio Ciocci, il direttore generale del call center di via Bramante finito nell’occhio del ciclone e teatro di uno sciopero che va avanti da sabato scorso, risponde con quella che è la sua ‘versione dei fatti’. La somma, alla fine, è una: «Non riesco a spiegarmi il perché di questo polverone – dice -. Il mio timore è che qualcuno voglia mettere le mani su questa struttura che, per Terni, è un gioiello».
CALL CENTER: PARLA IL DIRETTORE FABRIZIO CIOCCI
Licenziamenti Fabrizio Ciocci ricollega la protesta a due motivi principali. Il primo è il licenziamento in blocco dei circa venti lavoratori della Overing, annunciato venerdì a una decina di loro: «Su questo punto non c’è nulla di vero – afferma – perché non è stata mai depositata né consegnata alcuna lettera di recessione contrattuale». Per i lavoratori a cui era stata data la brutta notizia, però, il tutto sarebbe stato sospeso in seguito alla protesta esplosa sabato.
CALL CENTER: LA PROTESTA IN CONSIGLIO COMUNALE
Si ricomincia? «Per la Overing – dice Fabrizio Ciocci – c’è stata sì l’interruzione del mandato, per mancanza di produttività, da parte di un committente, ma ci siamo attivati da subito per riprendere il lavoro con un altro committente e un prodotto praticamente identico. Un passaggio che richiede cinque-sei giorni di tempo e che, una volta compiuto, ci consentirà di riprendere le attività con la stessa forza lavoro. Almeno dal punto di vista numerico».
CALL CENTER NELLA BUFERA: I LAVORATORI – I SINDACATI
Posti a rischio Una precisazione, questa, legata al fatto che «potrebbero esistere recessioni contrattuali per i lavoratori Overing, dovute al mancato raggiungimento degli obiettivi. Ma tutto ciò rientra nelle facoltà previste dal contratto a progetto. Peraltro non applichiamo criteri stringenti, ma diamo a tutti la possibilità di adattarsi e, se serve, di invertire la rotta, ad esempio cambiando l’ambito lavorativo». Sul punto, però, i lavoratori lamentano una sostanziale arbitrarietà da parte della proprietà nel riscontro e nella verifica della cosiddetta ‘resa’ (rapporto fra ore lavorate e contratti conclusi), senza garanzie di sorta e una generale opacità che tocca anche il conteggio delle ‘pause’ che vengono scalate dallo stipendio.
Stipendi Lo stipendio di gennaio per la totalità del personale K4Up (l’altra società che opera nella struttura, 135 lavoratori) è stato liquidato soltanto a metà. E senza preavviso. È questo un altro dei motivi della protesta: «È vero – afferma Ciocci – ma abbiamo dovuto farlo perché negli ultimi giorni ci siamo trovati davanti a difficoltà finanziarie inaspettate. Della cosa abbiamo informato tempestivamente la Uil e pensavamo che la comunicazione venisse estesa a tutti, Rsa e lavoratori. Una valutazione evidentemente sbagliata di cui mi assumo comunque la responsabilità. Sono comunque convinto che nell’arco di una quindicina di giorni il problema possa essere risolto».
Contributi mai versati Il pregresso c’è, ed è consistente: «Con Equitalia Sud – spiega il direttore generale – abbiamo predisposto un piano di ammortamento che intendiamo rispettare. Riguarda in particolare le annualità che vanno dal 2010 al 2013. L’azienda, nelle difficoltà, ha sempre preferito dare la precedenza al pagamento degli stipendi». E le vertenze in corso con l’Inps? «Dopo alcune verifiche dell’Ispettorato del Lavoro ci è stata contestata l’applicazione del contratto di collaborazione, in luogo del rapporto da lavoro dipendente. Sulla questione, però, non c’è stata ancora nessuna sentenza».
Il contratto Fra azienda e sindacati è in corso da tempo una trattativa, su base provinciale, per ridefinire le condizioni contrattuali. La sensazione è che una parte importante della partita si giochi proprio su questo campo. «Per anni siamo stati in grado di rispettare gli accordi locali, migliorativi rispetto a quelli nazionali – dice Fabrizio Ciocci -. In tutta Italia viene applicato il contratto che prevede un compenso di 5,70 euro l’ora. Ai sindacati ho spiegato che, anche in ragione della crisi, non possiamo più sostenere tali condizioni. Per questo la mia proposta, comunicata alle varie sigle, è stata quella di applicare il compenso previsto dal contratto nazionale ai nuovi lavoratori ed una paga pari a 7 euro l’ora, con scatti successivi, per chi è qui da più di dodici mesi. Tutto ciò oltre ad un periodo di ‘osservazione’ di due mesi. Una proposta che è stata respinta ma su cui voglio tornare a ragionare».
Il messaggio «Ai lavoratori – aggiunge Ciocci – mi sento di dire di stare tranquilli. L’azienda non li ha mai traditi e il clima è sempre stato sereno e disteso. Abbiamo sempre cercato di venire incontro alle loro richieste, anche quelle avanzate da chi, durante la vertenza Ast, ci ha chiesto di poter anticipare il pagamento dei compensi perché i familiari non stavano percependo lo stipendio dall’acciaieria».
Alla politica «Telefonate ne ricevo e ne ho ricevute molte. Spesso per trovare un posto, dare un’opportunità a chi ne ha bisogno – afferma Ciocci -, ma qui contano i risultati. Non capisco il perché di questi attacchi così violenti, ma se il problema sono io, sono pronto ad andarmene. Di falsità ne ho sentite tante in questi giorni, ma la porta del mio ufficio è aperta a tutti e sono pronto al confronto: mettiamoci attorno ad un tavolo».
Convocare la committenza Sul fronte della vertenza, dopo le riunioni di lunedì, la Prefettura punta ad incontrare direttamente i committenti del call center – Telecom ed ENI – e lo stesso chiedono i lavoratori. Un passaggio che viene giudicato importante dalle organizzazioni, per giungere in tempi stretti ad una schiarita definitiva.
Reazioni Il movimento politico Sinistra per Terni, giudica positivamente sia «l’impegno della prefettura a convocare un tavolo a cui prenderanno parte anche i committenti nazionali» così come «l’interessamento del consiglio comunale che il prossimo 10 marzo ospiterà in commissione i rappresentanti dei lavoratori». Allo stesso tempo si chiede di procedere con urgenza «perché in ballo c’è il futuro di circa 150 famiglie. Notiamo inoltre – scrivono da Sinistra per Terni – che le nuove norme dettate dal Job Act creano molta enfasi in alcuni imprenditori che, con la scusa di attendere nuovi sviluppi legislativi, rischiano di avviare procedure poco trasparenti e pericolose». La Lega Nord Terni, attraverso il referente provinciale Emanuele Fiorini, esprime «profonda preoccupazione per i lavoratori. Si tratta di persone, donne soprattutto, che pur di riuscire a portare a casa il loro stipendio si sono viste costrette ad accettare condizioni contrattuali poco chiare e tutele previdenziali ambigue, se non propri inesistenti». L’auspicio della Lega Nord è che «la dirigenza aziendale in questione faccia chiarezza in ordine alle proprie reali intenzioni».