Terni, decreto Salvini: le storie dei ‘revocati’

Sono otto i cittadini stranieri ospiti dell’associazione San Martino di Terni ai quali è stata revocata l’accoglienza

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di Francesca Torricelli

C’è chi è dovuto scappare dal proprio paese altrimenti sarebbe finito in una setta, chi ha rischiato di morire per una grave malattia e chi è fuggito per motivi politici. Sono solo alcune delle storie degli otto cittadini stranieri, ospiti dell’associazione San Martino di Terni, ai quali a seguito del ‘Decreto sicurezza’ emesso dal vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini, è stata revocata l’accoglienza.

Le conseguenze del ‘Decreto sicurezza’

Il progetto di prima accoglienza ‘Emergenza sbarchi’ gestito dall’associazione San Martino a Terni, non può continuare ad ospitare i cittadini stranieri che hanno ottenuto un permesso per motivi umanitari. «Coloro che non possono essere trasferiti in un progetto Sprar – spiegano dall’associazione – si trovano, quindi, costretti ad uscire dal progetto senza aver completato il loro percorso di integrazione o aver trovato un lavoro stabile che possa aiutarli nel sostentamento una volta usciti». Inizialmente «erano in dieci ad aver ricevuto esito negativo da parte della commissione. Due di loro hanno immediatamente abbandonato il progetto, per gli altri otto – tutti di un’età media tra i 20 e i 30 anni, in Italia da circa due anni e provenienti da Nigeria, Senegal, Pakistan, Guinea-Bissau, Gambia, Sierra Leone – stiamo cercando di capire come poter trovare delle sistemazioni alternative. Noi non lasciamo nessuno in mezzo alla strada».

Alcune storie

Questi ragazzi hanno tutti alle spalle delle storie delicate. Tra loro ce n’è uno molto giovane che in Nigeria viveva con la madre. I suoi genitori (lei cristiana e lui musulmano) erano separati. Quando il padre è morto in un incidente, il ragazzo è venuto a conoscenza del fatto che l’uomo facesse parte di una setta. I membri sono andati infatti a cercarlo per costringerlo a prendere il posto del padre. Ed è stato lì che il giovane è scappato ed è venuto in Italia. Oggi non può più far rientro nel suo paese. C’è poi chi è stato costretto a scappare per motivi politici, per aver manifestato contro la politica dello Stato in cui viveva. E poi c’è chi, una volta arrivato in Italia, ha dovuto lottare con la morte, in particolare un ragazzo con gravi problemi di salute che ha rischiato di perdere la vita a causa di un tumore. È stato per un diverso tempo in coma: oggi sta meglio e sta seguendo delle terapie quotidiane per le quali, una volta abbandonato il progetto, dovrà provvedere da solo. Ma per lui ci sono delle speranze perché la richiesta per l’inserimento in un progetto Sprar era stata fatta prima dell’uscita del decreto e quindi potrebbe essere trovare a breve una soluzione, un nuovo percorso di vita.

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