Terni, il Tar ‘salva’ il progetto palazzina di via del Vescovado

Sentenza del tribunale sul ricorso presentato in merito al piano attuativo, le distanze non rispettate e le previsioni urbanistiche

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di S.F.

Il progetto di piazza Harris

Contesa chiusa? Possibile, di certo la partita al Tar Umbria vede la parola fine dopo tre anni. Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto – si tratta di una sentenza – il ricorso presentato da una residente di via del Vescovado contro il Comune e nei confronti della Nuove Costruzioni Edili srl per la ‘famosa’ palazzina a ridosso di piazza Harris, i cui lavori sono fermi da tempo: niente da fare per la richiesta di annullamento del permesso di costruire originario, del piano attuativo deliberato in consiglio comunale nel novembre 2015 e anche della variante del marzo 2020 sempre riguardante l’iter di sviluppo dell’edificio. Il problema base riguarda la vicinanza.

IL BISTICCIO SULLA PALAZZINA DI VIA DEL VESCOVADO
LA VARIANTE DEL 2021

Via del Vescovado e, in fondo a sinistra, il cantiere fermo

Il ricorso: distanze e impatto urbanistico 

In sostanza la cittadina – difesa dall’avvocato Giovanni Ranalli – ha impugnato tutto ciò che è legato alla realizzazione dell’edificio residenziale di tre piani insieme alla riqualificazione di piazza Paul Harris. Sia vecchi che nuovi, come ad esempio la variante al permesso di costruire più recente datata 2021. Sono diversi i motivi di lamentela esposti: «La violazione in materia di distanze tra pareti finestrate in quanto la nuova costruzione non rispetta la distanza di dieci metri tra le pareti finestrate; l’incompatibilità urbanistica dell’intervento edilizio con il centro storico; l’illegittimità del piano attuativo del 2015 in quanto recante previsioni urbanistiche difformi rispetto al piano di recupero, ad esso sovraordinato, che prevedeva un edificio a destinazione museo archeologico e un’autorimessa interrata; violazione delle distanze legali» ed il fatto che l’intervento edilizio, «considerato lo stato preesistente dell’area (assenza di edificazione ad eccezione di un modesto manufatto in totale stato di fatiscenza e già da anni demolito) è da considerare nuova costruzione; il che determina l’applicazione della norma regolamentare sopra indicata che prescrive una distanza minima dai confini di cinque metri». Sponda comunale il legale coinvolto è Francesco Silvi, mentre per la società ci sono Roberto Baldoni e Attilio Biancifiori. L’istanza cautelare fu respinta ed ora a distanza di quasi tre anni c’è la sentenza.

IL VINCOLO INDIRETTO E LE POLEMICHE
QUARTIERE DUOMO, L’SOS DEI RESIDENTI

Il cantiere

Niente accoglimento

Il Tar spiega in primis che è tardiva l’impugnazione del piano attuativo approvato nel novembre 2015 e, di conseguenza, ciò fa cadere anche ulteriori censure presentate dalla ricorrente. «Nel caso in esame – la sintesi del Tar – non contesta ex se la possibilità dell’edificazione nel lotto limitrofo, bensì la destinazione prevalentemente residenziale dell’opera autorizzata nonché la violazione delle distanze rispetto all’immobile di proprietà della stessa. La documentazione versata in atti dalle difese resistenti non risulta idonea a provare una preesistente conoscenza da parte» della ricorrente. Tuttavia la mancata tempestiva impugnazione del piano 2015 non consente l’ammissibilità dei motivi di lamentela. Gli altri sono invece ritenuti inammissibili dal Tar: «Giova rimarcare che nel piano attuativo si evidenziava che ‘relativamente alla localizzazione a confine prevista per il nuovo edificio conformemente allo strumento urbanistico vigente, la proposta si richiama alle norme e disposizioni del Codice civile e della relativa Giurisprudenza’. La parte non ha lamentato la difformità del permesso di costruire rilasciato rispetto al Piano attuativo del 2015, pertanto la questione relativa al rispetto della richiamata disciplina codicistica in materia di distanze – anche con riferimento alla presenza di luci o vedute – non può essere oggetto del presente giudizio». Ricorso introduttivo irricevibile ed inammissibile, censure aggiunte – in qualche caso tardivi, in altre infondate – stesso discorso e partita chiusa. Con spese compensate. Si andrà al Consiglio di Stato?

Il cartello di cantiere

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