di F.L.
Una lunga degenza di quasi tre mesi fino all’epilogo più tragico, quello della morte. Una famiglia che chiede di vederci chiaro rispetto a quanto accaduto, convinta che il decesso – pur in quadro sanitario fortemente grave – potesse essere evitato. È la storia di una 72enne di Narni, scomparsa lo scorso 9 marzo all’ospedale ‘Santa Maria’ di Terni a causa di una polmonite batterica contratta proprio durante la degenza, dopo aver già precedentemente contratto anche il Covid. Il marito della donna vuole andare fino in fondo nell’accertamento di eventuali responsabilità, perché a suo dire, tra le varie cose, non sono state prese adeguate precauzioni per evitare il contagio da coronavirus ed è stata trattenuta in isolamento oltre il dovuto. Dopo aver presentato un espostoalla procura della Repubblica di Terni, il pm titolare delle indagini ha chiesto l’archiviazione del fascicolo, ma il legale della famiglia presenterà opposizione alla stessa archiviazione.
Il racconto
È proprio l’uomo a raccontare la vicenda. «Il 14 dicembre del 2021 – spiega – mia moglie è stata ricoverata in terapia intensiva per un’emorragia cerebrale, nel reparto stroke unit neurologia. Il 7 gennaio, a seguito di tampone positivo, è stata trasferita nel reparto Covid 4, in isolamento, dove è rimasta per ben un mese. Prima della positività, nella sua stanza era giunta una terza paziente, senza alcun dispositivo di separazione, tanto che sia lei che l’altro paziente erano poi risultati positivi al Covid-19. Il 7 febbraio, a causa di attacchi epilettici, è stata trasferita in rianimazione Covid dove è rimasta fino al 18 febbraio. In quella data, finalmente risultata negativa al Covid, è stata trasferita in rianimazione no Covid, dove è rimasta fino al 24 febbraio. Trasferita in neurologia degenza ordinaria – conclude nel suo racconto -, di lì a pochi giorni le sue condizioni sono di nuovo peggiorate, tanto che il 9 marzo è stata trovata senza vita nell’ultima stanza, senza alcun monitoraggio».
Gli interrogativi
Nel periodo di isolamento, oltre agli attacchi epilettici, la paziente ha contratto una polmonite batterica da Acitetobacter Baumanil (sempre a detta della famiglia «per scarsa igiene delle attrezzature»), mentre «solo il 2 marzo hanno iniziato la terapia quando già i polmoni erano compromessi». «Inoltre – prosegue il marito – aveva una lesione cutanea al coccige di 3° grado, non segnalata in isolamento, ma soltanto il 26 febbraio». Riguardo al Covid, l’uomo sottolinea che «essendo paziente asintomatica, dopo 21 giorni il ministero della Salute aveva notificato la guarigione, ma mia moglie è stata trattenuta per 40 giorni, senza avere avuto modo di vederla per così tanto tempo e con grosse difficoltà nell’avere aggiornamenti sul suo stato di salute dal personale medico». Da qui è partito l’esposto, a cui hanno fatto seguito gli accertamenti dei carabinieri del Nas di Perugia che hanno raccolto alcune testimonianze. Il pm competente, presentando richiesta di archiviazione, non ha evidentemente riscontrato profili di responsabilità penale, ma ora la vicenda – attraverso l’opposizione all’archiviazione – è destinata ad avere ulteriori strascichi.