Terni: «Madri lasciate sole dopo il parto. Forse è ora di cambiare i protocolli»

La riflessione di una donna sottoposta a cesareo: «Personale capace ma non si può ricondurre tutto a una questione economica»

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di una mamma di Terni – lettera firmata

Recentemente sono stata sottoposta ad un intervento chirurgico per parto cesareo e volevo rappresentare una problematica scaturita a seguito della pandemia, i cui protocolli sanitari sono in atto tutt’oggi. Benché necessari per mantenere le condizioni di sicurezza, secondo il mio modesto avviso forse dovrebbero essere leggermente rivisti, per evitare di incorrere in situazioni assai ben più preoccupanti o pericolose.

Attualmente i protocolli riguardanti il reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Terni, prevedono che il nido sia chiuso, che i bambini stiano con le rispettive madri e che queste non possano avere alcun tipo di assistenza da parte di nessuno dei familiari. Le visite alle mamme ed ai piccoli sono concesse solamente durante gli orari stabiliti (12.30-13 e 19-20), uno alla volta, padre compreso. L’unica eccezione è per le madri operate con cesareo, alle quali il nascituro può essere tenuto al nido per la prima notte.

Comprendo le attuali difficoltà del sistema sanitario nazionale (anche sul piano economico) e il fatto che ci sia carenza di personale e quindi una ‘pressione’ su chi lavora. Tuttavia medici, infermieri e operatori sanitari si sono comportati in modo cortese e professionale ed anche l’attuale direttore si è mostrato cordiale e disponibile. Questo impegno non giustifica comunque che una neo mamma, soprattutto nel caso di un parto cesareo, possa essere lasciata fondamentalmente da sola ad occuparsi di un figlio: il personale medico è sì presente, ma per forza di cose in modo saltuario e sicuramente non sufficiente ad occuparsi costantemente di tutte le mamme, soprattutto nelle ore notturne.

Mamme che sono costrette a stare tutto il giorno e tutta la notte con i propri figli senza assistenza e, per forza di cose, spesso non riescono a riposare adeguatamente dopo il parto. Tutto questo si aggrava nei parti cesarei, quando le madri (cha hanno subìto un vero e proprio intervento) hanno delle materiali difficoltà a muoversi, ma devono comunque per forza occuparsi dei figli spesso senza riuscire a recuperare le forze dopo l’intervento.

Per non parlare poi del nido, dove il personale addetto ha diverse incombenze (come ad esempio fare avanti e indietro dalla sala parto) e, proprio per la scarsità du unità, spesso è da solo. Qui non si vuole per forza di cose ritornare sui recenti fatti di cronaca di Roma, ma – lo dico per esperienza personale – credo sia indispensabile l’assistenza di un familiare per le mamme nella fase post partum, atteso che il personale medico non riesce a sopperire a tutte le esigenze delle neo mamme e dei neonati.

Premesso quanto sopra, racconto la mia esperienza personale che vede la nascita di ‘Alex’ (nome di fantasia, ndR), quando in un primo pomeriggio di un giorno qualsiasi sono stata sottoposta ad intervento con parto cesareo (trattasi di seconda gravidanza con parto cesareo, durante la quale il chirurgo che mi ha operato ha detto subito che si era trattato di una ‘bella’ operazione, poiché l’utero non si trovava in buone condizioni). Nell’occasione il mio compagno mi ha riferito che, dall’arrivo dell’addetta al nido con l’incubatrice, ha notato qualcosa di diverso. Solitamente infatti, i bambini al momento della nascita vengono accuratamente lavati e custoditi, i genitori hanno tutto il tempo di guardarli per la prima volta e, una volta usciti dalla sala parto, i parenti posso osservare tranquillamente per qualche minuto il neonato nell’incubatrice.

Questo adesso non avvien, perche se sei sfortunata – parlo del mio caso – arriva di corsa l’addetta al nido che è da sola, quindi deve lasciare incustodito il nido per diversi minuti, affidandolo ad altro personale momentaneamente disponibile (ma teoricamente avente altre mansioni all’interno del reparto) e deve sbrigarsi facendo tutte le predette operazioni di corsa per poter tornare al nido e prendersi cura degli altri neonati (tutto questo a detta dello stesso personale). Nel mio caso specifico, il mio compagno mi ha riferito che ‘Alex’ era stato lavato velocemente, tanto che macchie e grumi di sangue sono rimaste sui capelli e sulle mani per i restanti giorni (caso ha voluto poi che il giorno seguente in camera non arrivasse nemmeno l’acqua calda e noi genitori non abbiamo potuto nemmeno dare una sistemata al neonato).

Successivamente tutto è proceduto bene: poco dopo il parto sono tornata al reparto alla fine dell’intervento cesareo, ‘Alex’ è stato con noi genitori e poi, su nostra specifica richiesta, dato che ero ancora molto dolorante e stordita dai farmaci, è stato portato al nido per la notte. I problemi sono nati la sera seguente quando, finito l’effetto degli antidolorifici, ho iniziato a risentire dell’intervento accusando molti dolori, tanto che non riuscivo a muovermi e non ero in grado di occuparmi di ‘Alex’, il quale purtroppo si lamentava in continuazione e da sola non riuscivo a prendermene cura.

Finita l’ora di visita, il padre doveva andare via e su mia richiesta, l’ho invitato a contattare il personale del nido per riprendere ‘Alex’ in quanto, sebbene avessi la volontà, non ero in grado di occuparmene. La risposta è stata che è previsto che solo la prima notte possono stare al nido, mentre le notti successive i neonati devono stare con la madre. L’operatrice ci riferiva comunque che avrebbe avvisato la collega al cambio turno e che avrebbe provveduto appena possibile. Così il mio compagno è rimasto in attesa che qualcuno venisse a prendere ‘Alex’ che, nel frattempo, continuava a lamentarsi, ma io mi muovevo a stento e non riuscivo a prenderlo in braccio, pertanto dovevo essere per forza assistita durante tutte queste operazioni. Non riuscivo nemmeno a dondolare la culla per farlo tranquillizzare, cosa che naturalmente faceva il mio compagno.

Nell’attesa che la responsabile del nido venisse a prendere ‘Alex’, sono passati diversi medici per qualche minuto e nell’occasione ci hanno consigliato delle posizioni e dei massaggi da fare al piccolo, operazioni che però ha dovuto fare necessariamente il padre perché io non riuscivo. Il culmine è arrivato quando l’addetta al nido è arrivata riferendo di attendere poiché al momento lei non poteva prendersi cura di ‘Alex’ perché aveva altre cose da fare, lamentando giustamente che era da sola e nell’occasione intimava al padre di uscire (visto che era terminato l’orario di visita). Per far tranquillizzare ‘Alex’, lo prendeva e, alzando la sponda del letto, lo metteva in quello accanto al mio fianco, con la speranza che si tranquillizzasse. Ma io ero ferma in posizione supina e non riuscivo a muovermi e nemmeno a voltarmi su di un lato, mentre comunque ‘Alex’ continuava a lamentarsi.

A quel punto l’addetta del nido riprendeva il suo giro e io rappresentavo le mie perplessità al mio compagno che non se la sentiva di andare via. Dopo diverso tempo, non vedendo nessuno, ho chiamato una dottoressa ed ero decisa a firmare le dimissioni per andarmene, nella consapevolezza dei rischi per l’intervento a cui ero stata sottoposta, ma vedevo questa come unica soluzione per non rimanere da sola con ‘Alex’, di cui non riuscivo a prendermi cura. Solo a questo punto i medici, dopo avermi spiegato che ero stata sottoposta comunque ad un delicato intervento e che era sconsigliato lasciare l’ospedale, hanno acconsentito che ‘Alex’ fosse riportato al nido, cosa che comunque è avvenuta diverso tempo dopo, quando l’addetta al nido aveva terminato le altre sue incombenze.

Naturalmente nei giorni in cui ho trascorso il mio tempo presso quel reparto, ho assistito ad altre storie simili ed alle lamentele di molte persone, per esempio un padre che, solo dopo essersi lamentato energicamente per assistere la moglie sottoposta ad intervento cesareo con complicanze, è riuscito ad ottenere assistenza. Una mamma invece ha sofferto in silenzio da sola, raccontandoci di essere stata costretta a far dormire il figlio nel letto con lei con tutte le paure del caso, proprio perché nella culla non si tranquillizzava e la madre ogni volta per fare un semplice movimento impiegava più di cinque minuti, proprio in conseguenza del parto cesareo.

In merito alla mia esperienza, nonostante credo che sia fondamentale mantenere le necessarie condizioni di sicurezza per la salute di tutti, precisando ancora che praticamente tutto il personale è sempre stato disponibile, cortese e professionale e non posso né voglio attribuire alcuna colpa, ritengo che di fronte a delle fondate problematiche debbano essere trovate soluzioni alternative e non si può sempre ridurre il tutto ad una questione economica, sentendosi poi dire ‘…purtoppo sono sola e non c’è sufficiente personale…’, ‘…è ma questi sono i protocolli…’, ‘…noi non possiamo farci niente…’, ‘…sono direttive che vengono dall’alto…’. Non so se servirà, ma spero in un miglioramento per le mamme e, soprattutto, per i neonati futuri.

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