Terni, odissea-Covid per una bimba di 7 mesi: «Ha rischiato. Troppa superficialità»

Il racconto e le riflessioni di un papà ternano. La piccola, ricoverata per diversi giorni al ‘Santa Maria’, sta meglio

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«Avremmo desiderato ricevere da subito cure e un’assistenza normali, anziché essere trattati con superficialità e come ‘appestati’. Ma tant’è. Racconto la nostra vicenda perché le cose possano migliorare, come spero. Ancora oggi avere il Covid, anche se si è un bimbo in tenera età, è una disdetta». A parlare è un papà di Terni, la cui figlia di appena 7 mesi – nei giorni del Natale e dopo una cena in famiglia – ha contratto il virus. «Io, mia moglie e l’altro nostro figlio ci siamo ‘salvati’. Lei no e nel giro di pochi giorni ha iniziato a palesare sintomi che non ci ‘piacevano’ affatto».

Una situazione in peggioramento

La tosse si è fatta via via più forte e la piccola, da solare e sorridente che è sempre stata, ha iniziato a dormire ore e ore, a indebolirsi, ad essere molto più passiva del solito. «Ci siamo rivolti alla pediatra di base e ad un suo collega che opera come privato. Entrambi ci hanno voluto rassicurare dicendo che non c’era di che preoccuparsi, di farle l’aerosol, che era una situazione virale che si sarebbe risolta senza utilizzare farmaci al di là della tachipirina per la febbre. Di visitarla, in quanto Covid+, non se ne parlava. E così ci siamo fidati e affidati».

La paura

Intorno al 1° gennaio, però, la bimba ha iniziato a palesare difficoltà respiratorie e generali ancora più marcate: «Di fatto era inerme, dormiva o si lamentava, sempre respirando male. Abbiamo nuovamente contattato i pediatri chiedendo loro se era il caso di portarla al pronto soccorso. Ma il professonista privato ci ha piuttosto ‘invitato’ a non spaventare il resto della famiglia con queste cose, visto che la febbre si era anche abbassata. Tutto ciò, ricordo, senza mai visitarla. Ma le cose, anziché migliorare, continuavano ad andare sempre peggio e il 3 gennaio, dopo che mia moglie mi ha detto che la bimba aveva anche la bava alla bocca, l’ho portata al pronto soccorso di Terni senza pensarci su due volte».

Il ricovero in ospedale

Qui inizia la seconda parte del racconto che, al di là dei dettagli narrativi, porta il genitore ad ultetriori riflessioni: «Giunti al pronto soccorso e fatti passare davanti a tutti in ragione dell’età della piccola, abbiamo atteso una quarantina di minuti, durante i quali tre persone diverse ci hanno chiesto se era positiva. Poi è arrivata una pediatra dal reparto che, indossando tutti i dispositivi anti-Covid, le ha misurato la saturazione: 82. Ci è preso un colpo o quasi. In quel contesto, abbiamo chiesto più volte di farle un tampone, anche se dal primo test positivo erano già trascorsi sette giorni. Nessuno però ci ha risposto e siamo stati inviati al reparto Covid al quinto piano dove, a seguito di ulteriore richiesta, mia figlia è stata sottoposta al test, risultato negativo. Lì ci siamo rimasti per un’ora e quaranta minuti e poi ci hanno portati nel reparto di pediatria. Alla fine fra ingresso in ospedale e prime cure – e in pediatria abbiamo trovato un personale attento, scrupoloso e presente nonostante organici ridotti e infrastrutture che andebbero migliorate – sono trascorse due ore e mezza durante le quali, a detta di un medico, la situazione di salute era ulteriormente peggiorata. Alla fine nostra figlia era affetta da una forte bronchiolite e, grazie alle cure, le cose sono poi migliorate». Fino alle dimissioni avvenute circa dieci giorni dopo il ricovero.

Le riflessioni

«Una dottoressa, a situazione risolta, ci ha detto che nostra figlia ha rischiato seriamente e io spero che se dovessero nuovamente accadere casi del genere, i piccoli pazienti e i loro genitori non debbano mai incontrare approssimazione, superficialità, atteggiamenti che letti a posteriori, lasciano sconcertati e, mi si passi, anche incazzati». Circa la vicenda nel suo insieme, il papà ternano si sente di trarre un’altra conclusione: «Un genitore, se ha un figlio in tenera età positivo al Covid e con problemi respiratori o altre problematiche, non sa a chi rivolgersi soprattutto nei giorni festivi. Il servizio di continuità assistenziale non si assume responsabilità con i bambini ed il pronto soccorso, di base, non ha nulla di pediatrico: perché non è possibile mettere a disposizione un medico che, nella struttura di emergenza-urgenza, si prenda cura di neonati e bambini? Pongo la questione perché secondo me non ha molto senso passare avanti a tutti per poi attendere 40 minuti: per noi la prima preoccupazione era che la bimba respirava male; per chi era lì invece, in attesa dello specialista del reparto, era se la bimba fosse positiva o meno, nient’altro».

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