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Home » Terni, parlano i giudici: «Asm politicizzata»

Terni, parlano i giudici: «Asm politicizzata»

di Fabio Toni
23 Aprile 2016
in Altre notizie, Cronaca, Politica
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
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Assoluzioni, nel merito e per intervenuta prescrizione, e la condanna dell’ex direttore generale dell’azienda, Moreno Onori, a un anno di reclusione per ‘mobbing’ – tecnicamente maltrattamenti e lesioni – nei confronti dell’attuale dirigente del servizio ambientale, Leonardo Carloni. La sentenza del processo Asm era stata emessa lo scorso 15 gennaio dal tribunale di Terni in composizione collegiale e ora sono state rese note anche le motivazioni.

Reati ambientali e falso In premessa i giudici del collegio – presidente Massimo Zanetti, giudici Angelo Matteo Socci e Simona Tordelli – esprimono apprezzamento «per la dedizione, la professionalità e la lealtà» dimostrate dal pm Elisabetta Massini nel condurre un processo lungo e complesso. Poi però entrano nel merito e spiegano come il tempo trascorso abbia comportato l’estinzione per prescrizione dei reati ambientali e delle ipotesi di falso ad essi collegate. A pesare, evidenzia il collegio, l’assenza di una perizia d’ufficio – ad esempio con incidente probatorio – che il tribunale non ha comunque potuto disporre in dibattimento, visto che gli imputati non hanno rinunciato alla prescrizione.

L’ex sindaco Fra tutti gli imputati, forse quello che esce meglio dal processo è l’ex sindaco Paolo Raffaelli: «Non vi è alcuna prova – scrivono i giudici – che egli in qualche modo abbia avuto una responsabilità effettiva nella gestione dell’inceneritore. Il fatto che Asm fosse un’azienda municipalizzata non basta a configurare una responsabilità del sindaco quale rappresentante dell’ente titolare delle quote sociali. Si ritiene evidente, nonostante l’intervenuta prescrizione, la totale estraneità ai fatti dell’imputato Raffaelli, assolto per non aver commesso il fatto non solo dai reati ambientali, ma da tutti i reati attribuitigli».

«Azienda politicizzata» Ma la parte più interessante della sentenza è probabilmente quella relativa ai casi di ‘mobbing’, parte integrante del procedimento, con il tribunale che non evita di dire la sua circa le dinamiche interne dell’azienda: «Dalle deposizioni rese da tutti i testi escussi – scrivono i giudici – risulta chiaramente che nessuno dei dipendenti era stato assunto all’esito di un concorso pubblico ma soltanto su chiamata diretta che, a prescindere dalle capacità tecniche o meno di ciascuno, che ovviamente potevano anche essere rilevanti, si può comprendere (al di là del ‘pudore’ se non della reticenza sul punto da parte degli interessati) avesse trovato ragione anche nell’appartenenza alla stessa area politica, trattandosi di azienda non sindacalizzata ma politicizzata (era addirittura presente una sezione del Partito Democratico all’interno)».

Do ut des «Ma all’agevolazione nel momento dell’assunzione corrispondeva, però, la consapevolezza di dovere necessariamente esprimere costante gratitudine verso i vertici aziendali, per non perdere il favore esistente al momento dell’assunzione, senza contestare dunque le scelte, anche di natura tecnica, non condivise, nella convinzione che tale contrasto avrebbe comportato la perdita di tale favore e la mancanza di ogni protezione. Certo – si legge nella sentenza – i dipendenti non potevano ignorare che esisteva comunque la possibilità di ricorrere al giudice del lavoro, ma è comprensibile che tale astratta possibilità non fosse sufficiente a tranquillizzare chi per vivere può fare affidamento soltanto sulla retribuzione derivante dal proprio lavoro».

Il ‘postulato’ «E di questo stato di soggezione psicologica era certamente consapevole quanto meno il direttore generale dell’azienda (Moreno Onori, ndR) – affermano i giudici del collegio – che dello stato di soggezione dei dipendenti poteva a suo piacimento approfittare. In sintesi la relazione all’interno dell’azienda tra direttore generale e dipendenti era fondata su questo postulato non espresso ma comunque da tutti conosciuto: tu devi essere grato per l’assunzione ottenuta a titolo di favore e, conseguentemente, non puoi dissentire in nulla né rivendicare alcunché per non perdere il favore iniziale».

Mobbing Nel merito, il collegio giudicante suddivide in due gruppi i dipendenti/collaboratori che avevano denunciato vessazioni: quelli le cui accuse sono prescritte – «ma particolarmente grave è la condotta nei confronti dell’ingegner Giovanni Motzo», rimarca il tribunale – e gli altri. Fra quest’ultimi, però, l’unico ad aver subito una reale discriminazione da parte dell’ex dg Onori («perché più è elevata la posizione formale del dipendente mobbizzato, più ovviamente è la gravità delle ripercussioni sulla sua condizione psicofisica») è, secondo i giudici, l’ingegner Leonardo Carloni, quest’ultimo parte civile attraverso l’avvocato Patrizia Bececco.

«Fatti provati» E sempre secondo i giudici, che hanno condannato Onori ad un anno di reclusione oltre al risarcimento dei danni in sede civile, «i fatti descritti nel capo di imputazione sono tutti provati nella loro materialità in base alla deposizione del medesimo Carloni, da ritenere pienamente attendibile sia per la fermezza e spontaneità, sia per il ‘prezzo’ pagato in termini di stress per determinarsi a costituirsi parte civile ed a deporre nell’ambito del processo, considerato che ad oggi lavora ancora alle dipendenze di Asm e che, in relazione all’età, non può certo fare affidamento sulla immediata possibilità di reperire un altro lavoro».

«Esautorato e denigrato» «L’ingegner Carloni – si legge nella motivazione – é stato sistematicamente disatteso nelle sue proposte, censurato per situazioni del tutto trascurabili, utilizzato per colpire altri dipendenti, esautorato di fatto dalle deleghe conferite, violato nella sua riservatezza (apertura di corrispondenza a lui diretta e mancato recapito della stessa), ‘interrogato’ in presenza di altri circa il suo frequente recarsi al bagno (ne aveva necessità a causa dei farmaci che assumeva), costantemente denigrato in occasione delle riunioni alle quali partecipava fino all’episodio culminato nell’averlo abbandonato fuori dall’ufficio ove avveniva la riunione, benché si fosse sentito male a tal punto da rendere necessario l’intervento del 118».

«Piena consapevolezza» Per questi motivi, scrivono i giudici, «la condotta posta ripetutamente in essere dall’Onori integra, per la sua capacità offensiva e per il contesto di ‘parafamigliarità’, il reato di maltrattamenti contestato. Ma integra altresì anche il reato di lesioni personali: l’intento di isolare l’ingegner Cartoni e di indurlo a dimettersi da Asm è stato perseguito con condotte reiterate nel tempo, denigrative e lesive, di diversa tipologia ma caratterizzate dalla medesima finalità; il che rivela piena consapevolezza e deliberata volontà in capo a chi le ha poste in essere». Attraverso il proprio legale, l’avvocato Paolo Dell’Anno, l’ex dg Onori si è sempre dichiarato estraneo alle accuse e certo di vedere riconosciute in appello le proprie ragioni.

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