In provincia di Terni l’indice di invecchiamento della popolazione (cioè il rapporto tra over 65 e under 15) ha raggiunto il 284%, rispetto alla media nazionale del 193%: ciò significa che ogni 100 giovani under 15 ci sono 284 over 65. La schiera dei pensionati si attesa dunque a 66 mila unità, il 31% della popolazione, e tra questi la metà ha pensioni che non superano i 1.400 euro al mese lordi, con ben 20 mila circa sotto la soglia dei 1.000 euro.
Sono invece circa 85 mila, il 39% della popolazione, le persone occupate: un trend leggermente in miglioramento, ma con aumento di ammortizzatori sociali a partire dalla Cig e medie retributive più basse rispetto agli anni precedenti. Infine, nel restante 30% circa di popolazione inattiva (che non lavora e non sta in pensione), rimane stabile il dato dei disoccupati ma cresce il dato dei cosiddetti ‘neet’, cioè coloro che non solo non lavorano ma hanno anche smesso di cercarlo.
Numeri drammatici, questi, snocciolati dalla Cgil di Terni, secondo cui «discontinuità, inversione di tendenza, cambio di passo» sono le parole «che dovranno caratterizzare il 2025, un anno che si presenta con un bagaglio notevole di criticità ereditate dal passato».
«I dati del 2024 per la nostra provincia – viene sottolineato – sono purtroppo molto negativi e critici diversamente dagli annunci a cui abbiamo assistito nella trascorsa campagna elettorale. In primo luogo da un punto di vista socio-demografico, perché continuano i fenomeni di invecchiamento e spopolamento che vedono l’Umbria e in particolar modo Terni ai primi posti in Italia». In particolare, rispetto al dato sull’invecchiamento, la Cgil chiede «prima di tutto una presa di coscienza che non vediamo da parte delle istituzioni e conseguenti politiche radicalmente diverse capaci di invertire questo fenomeno».
Quanto ai dati sul mercato del lavoro, secondo il sindacato questi ripropongono «la centralità del lavoro non solo in termini occupazionali ma soprattutto in termini di qualità a partire da un lavoro sicuro, stabile, dignitoso e ben retribuito». Non solo lavoro, ma anche salute, sviluppo e welfare sono gli «ambiti fondamentali» in cui secondo la Cgil occorre intervenire.
Sulla sanità il messaggio alla Regione è netto: occorre «invertire quanto fatto fino ad oggi, arrestare lo smantellamento del servizio pubblico, abbattere le liste d’attesa infinite e tagliare i finanziamenti al privato per investire nel pubblico, in personale, nel territorio, nella rete ospedaliera e nei servizi assistenziali».
Per quanto riguarda più nello specifico la Cgil, però, il 2024 è stato anche un anno di numeri «in crescita» per il sindacato, guidato a livello provinciale dal segretario Claudio Cipolla: con 1.780 nuove deleghe, si è superata la soglia dei 24 mila iscritti totali, mentre sono state circa 48 mila le pratiche di tutela individuale svolte nelle 37 sedi presenti sul territorio.
«È il segno – concludono dalla Cgil – di un riconoscimento dell’affidabilità e della credibilità dell’organizzazione ma anche di un malessere sempre più diffuso tra la popolazione che si rivolge a noi in cerca di sostegno, aiuto e rappresentanza».