Terni, verifiche pini in via Narni: il Tar stoppa ordinanza Comune

Atto ‘sbagliato’ di palazzo Spada che aveva imposto ai proprietari dell’area di intervenire: provvedimento adottato senza presupposti di urgenza e straordinarietà

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di S.F.

Un’ordinanza – notificata il 18 gennaio del 2018 – sindacale per la verifica delle condizioni delle alberature attraverso un incarico ad un tecnico specializzato, per l’eventuale abbattimento – o potatura – di alberi che potevano recare pericoli, per misure compensative con l’inserimento in misura doppia rispetto a quelli eliminati e per la rimozione di un pino alle spalle dell’edicola della F.lli snc. C’è questo provvedimento al centro di un ricorso amministrativo presentato dai proprietari dell’area, in via Narni a Terni: il Tar ha accolto quasi tutti i motivi di reclamo per l’annullamento perché, in estrema sintesi, l’atto difettava dei presupposti di urgenza e straordinarietà. C’è la sentenza di merito.

LA DELIBERA DI GIUNTA DEL 9 GENNAIO 2019 PER L’ACCORPAMENTO

La proprietà ‘occupata’

In sostanza il proprietario dell’area – ricorso proposto insieme alla comproprietaria, entrambi difesi dall’avvocato Maria Di Paolo – si è mosso al Tar evidenziando che, di fatto, la zona oggetto di ordinanza è ‘occupata’ da tempo dal Comune con tanto di installazione di panchine e presenza di un giardino. Per l’amministrazione è privata ad uso pubblico e l’edicola adiacente paga al Comune il canone di concessione di suolo. Situazione contorta. Ma c’è una certezza: «Il ricorrente – si legge nel dispositivo – riferisce di non aver mai contestato l’attuale utilizzazione dell’area, avendo piuttosto chiesto al Comune di acquisire gratuitamente la proprietà e di aver in passato anche provveduto al pagamento delle spese dell’abbattimento di un albero disposto» dall’amministrazione. La storia va avanti da decenni senza una concreta risoluzione del problema. Nonostante – l’ultimo passaggio – la delibera dell’esecutivo Latini datata 9 gennaio 2019 per il frazionamento e la cessione a titolo gratuito da parte dei proprietari per complessivi 1.353 metri quadrati: «Da sinistra a destra non cambia nulla, stessa storia», fa notare un frequentatore dell’area.

L’area verde

Il ricorso: «Situazione creata da chi fa l’ordinanza»

I proprietari dell’area hanno sollevato diversi aspetti. In primis l’insussistenza dei presuppoti di concreto e attuale pericolo per la pubblica incolumità, ma soprattutto il fatto che la situazione «sarebbe stata provocata dallo stesso soggetto che ne ordina la rimozione a carico di altri». Il Comune inoltre «avrebbe dovuto avviare un ordinario procedimento in contraddittorio con gli interessati». L’amministrazione – difesa da Francesco Silvi – ha chiesto il rigetto sottolineando che all’atto si è arrivati dopo le segnalazioni dei privati confinanti e gli accertamenti che hanno indotto ad «agire extra ordinem» per gli interventi di manutenzione. Di mezzo anche un parere della comunità montana per la valutazione sull’opportunità di abbattere anche gli altri due pini rispetto a quello poi effettivamente rimosso.

Il nodo acquisizione ed i presupposti che mancano

Il Comune ha eccepito la sopravvenuta carenza di interesse poggiandosi ad una delibera del consiglio comunale (25 febbraio 2019) per l’accorpamento al demanio stradale – post atto della giunta Latini – della rata di terreno di proprietà dei ricorrenti utilizzata ad uso pubblico da anni  e al fatto che il pino – si trovava sopra l’edicola e rappresentava un pericolo – è stato abbattuto. Il Tar ha respinto: «Il procedimento volto all’acquisizione dell’area sulla quale insistono le alberature oggetto del provvedimento gravato non risulta ancora perfezionato, gravando pertanto allo stato sui ricorrenti l’adempimento degli ordini impartiti». Non solo. Ha accolto anche i restanti motivi di ricorso in quanto l’ordinanza è stata adottata in assenza dei presupposti di legge: «Emerge che il contenuto dell’ordine rivolto ai ricorrenti si risolve nell’attività di manutenzione delle alberature;  la situazione di pericolo per la pubblica incolumità non è stata accertata dal Comune, che si è, invece, limitato ad ordinare l’effettuazione, attraverso il conferimento di incarico ad un tecnico specializzato, delle verifiche volte all’individuazione degli eventuali interventi di potatura o abbattimento necessari». L’atto dunque è carente «sotto il profilo della straordinarietà, in quanto non emerge perché una siffatta situazione, non generatasi improvvisamente da quanto emerge dagli atti di causa, non possa essere affrontata con i mezzi ordinari», scrivono i magistrati amministrativi. A difendere gli interessi del Comune l’avvocato Francesco Silvi.

Il Comune e il mancato intervento

Infine il Tar specifica che a prescindere dalla proprietà della zona, «è pacifico dagli atti di causa che la stessa sia adibita da anni a giardino pubblico e che già in passato l’amministrazione comunale l’abbia inserita tra le aree a verde pubblico ai fini dell’affidamento dei servizi di manutenzione (convenzione del 2016 tra il Comune di Terni e l’Ati con capogruppo mandataria la Cooperativa sociale Alis per l’affidamento dei servizi di manutenzione del verde pubblico ‘Area Terni sud’ comprendente, tra le aree individuate nell’allegato A, i ‘giardini con edicola e pizzeria’ in via Narni)». Ne consegue in definitiva che il Comune «ben ì avrebbe potuto  intervenire a scongiurare situazioni di potenziale pericolo con strumenti ordinari». Per palazzo Spada c’è la condanna al pagamento delle spese di lite per 2 mila euro.

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