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Home » Terremoto: «Sicurezza vale 93 miliardi»

Terremoto: «Sicurezza vale 93 miliardi»

di Marco Torricelli
15 Novembre 2016
in Attualità, Dal territorio, Economia, In evidenza, Politica, Terremoto 2016
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
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La domanda che si sente circolare con maggiore insistenza, in queste ore, è quanto potrebbe costare e cosa comporterebbe mettere in sicurezza il patrimonio edilizio nazionale. «Un lavoro costoso, lungo e su vasta scala. Ma che, se portato a termine, costerebbe meno di quanto speso dallo Stato per le ricostruzioni a seguito dei sismi distruttivi degli ultimi 50 anni. È l’investimento che il Consiglio nazionale degli ingegneri – scrive Siderweb – ha stimato per mettere in sicurezza dal rischio sismico il patrimonio edilizio italiano che, ad oggi, necessiterebbe di interventi per oltre 93 miliardi di euro. Ma che, se fatti a regola d’arte, in realtà potrebbero rappresentare un notevole risparmio per le casse dello Stato».

Norcia terremoto221,5 milioni di italiani a rischio Siderweb spiega com’è stata fatta la stima «Il Consiglio nazionale degli ingegneri è partito da un’analisi storica: l’individuazione dei sismi distruttivi avvenuti dall’unità d’Italia ad oggi. “Considerando gli ultimi 150 anni – si legge nello studio del Consiglio ‐ gli eventi sismici che hanno determinato gravi danni a persone e cose si sono presentati, in media, uno ogni 5 anni”. L’analisi del rischio sismico, invece, sottolinea che “la classificazione territoriale per grado di pericolo evidenzia come oltre 21,5 milioni di persone abitino in aree del paese esposte a rischio simico molto o abbastanza elevato (classificate, rispettivamente, 1 e 2), con una quota pari quasi a 3 milioni nella sola zona 1 di massima esposizione”. A ciò si sommano altre 18 milioni di persone che vivono in comuni classificati in zona 3, che “non può dirsi sicura”, per un totale di oltre 40 milioni di persone (il 66% della popolazione nazionale) che risiedono in luoghi che presentano un livello di rischio non trascurabile».

Strade interrotte

Il conto dell’adeguamento In Italia, spiega Siderweb, «esistono poco più di 29 milioni di abitazioni. Posto che per stimare i costi della messa in sicurezza è necessario stabilire “il livello di copertura di rischio che si ritiene accettabile”, il Cni ha utilizzato come parametro di riferimento il terremoto de L’Aquila. “La quota di immobili da recuperare, sulla base dell’esame dei danni registrati alle abitazioni de L’Aquila e delle condizioni del patrimonio abitativo raccolte dalle indagini censuarie, è pari a circa il 40% delle abitazioni del Paese, indipendentemente dal livello di rischio sismico. Con una quota di interventi di recupero decrescente al diminuire dell’età dei fabbricati, sino a considerare quelli costruiti dopo il 2001 e soprattutto quelli edificati dopo il 2008 senza necessità di alcun intervento”. Se venissero realizzati questi interventi, si tratterebbe di lavorare “su circa 12 milioni di immobili che dovrebbero essere destinatari di opere di risanamento e messa in sicurezza statica. Con un coinvolgimento di una popolazione pari a circa 23 milioni di cittadini. Applicando i parametri medi dei capitolati tecnici per interventi antisismici, emerge un costo complessivo, per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo degli italiani da eventi sismici medi, pari a circa 93 miliardi di euro”».

terremoto umbriaIl risparmio Un costo elevato, «ma inferiore rispetto a quello pagato dalle casse statali per risanare i territori colpiti dai terremoti negli ultimi 50 anni, una spesa che è stata pari a 120 miliardi di euro. Inoltre, se si divide l’importo di 93 miliardi per i 12 milioni di edifici a rischio, si ottiene una somma pro-edificio di 7.750 euro, che rappresenta un investimento tutto sommato contenuto».

L’opinione «Gli eventi distruttivi di questi giorni purtroppo non sono una novità, specialmente nella dorsale appenninica. In queste zone esistono ancora edifici costruiti in pietra, in anni in cui non esistevano normative antisismiche. Servirebbe una forte azione di adeguamento – ha dichiarato Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri -. Occorrono norme semplici che consentano di intervenire nei centri storici. Inoltre, la conoscenza del livello di sicurezza di un edificio deve diventare parte essenziale della sua carta di identità». In Italia, ha proseguito Zambrano, «è necessaria un’intensa azione di verifica della sicurezza delle costruzioni. Non c’è fabbricato che non possa essere migliorato da un punto di vista sismico. Da anni studiamo queste problematiche, siamo all’avanguardia nel mondo e oggi siamo in grado di risolverle anche a costi tutto sommato accettabili». Per il futuro Zambrano si è soffermato sull’attività da svolgere dopo l’emergenza. «I paesi colpiti possono sicuramente essere ricostruiti mantenendo il tessuto edilizio. È la direzione da seguire, evitando di ripetere gli errori commessi nel passato con le new town che, alla lunga, hanno un impatto sociale insostenibile. L’importante, però, è fare presto. In questo senso noi ingegneri siamo a disposizione per la scrittura di regole precise che superino le pastoie burocratiche e consentano alle persone di rientrare al più presto nelle proprie abitazioni. Nell’immediato, noi già da venerdì metteremo a disposizione 1600 ingegneri che si occuperanno di valutare le condizioni delle singole abitazioni, in modo da consentire ad una parte dei cittadini colpiti di rientrare in casa nelle massime condizioni di sicurezza».

 

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