Le contestazioni sono pesanti. E sulla base di queste il presidente di Sviluppumbria, Gabrio Renzacci, ha mandato a dire a 27 ex aministratori del Consorzio Tns che devono sborsare «con immediatezza», la somma complessiva di 9 milioni e 700 mila euro, più gli interessi «a titolo risarcitorio».
Il Consorzio Tns – Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali – è stato istituito il 29 gennaio 1997 e dotato di un capitale sociale di 1.549.370,70 euro: 464.811,20 del Comune di Terni, altrettanti di Comune di Narni e Sviluppumbria, 258.228,45 del Comune di Spoleto e 154.937,06 della Provincia di Terni.
La mission Veniva descritto come «una struttura snella da utilizzare soprattutto come strumento per riqualificare e razionalizzare le aree industriali esistenti, realizzarne delle nuove dotandole di tutti i servizi, nonché rifunzionalizzare e riutilizzare siti industriali dimessi cercando di soddisfare a pieno i fabbisogni e le richieste del tessuto imprenditoriale». Ma qualcosa non è andata come avrebbe dovuto.
La liquidazione Tanto che nel 2013 – il 21 gennaio la Regione dell’Umbria, il 5 giugno la Provincia e il 23 settembre il Comune di Terni – venne deciso che il Consorzio dovesse essere messo in liquidazione: il bilancio di quell’anno si chiuse con una perdita di quasi 20 milioni di euro e debiti per quasi 30.
Le contestazioni Nella lettera con la quale viene chiesta la somma, ai 27 viene spiegato che «in ordine alla gestione pregressa Consorzio sono stati rilevati i seguenti inadempimenti: la costante divaricazione tra i bilanci preventivi e i bilanci consuntivi; la valorizzazione delle rimanenze senza cura di vagliarne e la intrinseca coerenza e la compatibilità con le condizioni del mercato; la dispersione di risorse nel conferimento degli incarichi di collaborazione e nella distribuzione dei gettoni di presenza in misura cospicua a favore degli amministratori; l’indifferenza degli amministratori nei riguardi della lievitazione delle perdite effettive e dell’indebitamento causati da evidenti carenze gestionali; l’imputazione al novero dei beni costituenti il patrimonio dei beni meramente strumentali e viceversa con conseguente modellatura non aderente dei risultati della gestione; l’impropria rivalutazione dei beni immobili con alterazione delle effettive consistenze e della loro destinazione; la distorsione delle informazioni ai terzi e agli istituti finanziati; la determinazione a proseguire l’attività consorziale non ostanti i sintomi di ingorgo, le perdite dissimulate e l’incremento delle passività, sintomi che avrebbero suggerito l’adozione di rimedi tempestivi rivolti alla tutela dei creditori; le ricorrenti omissioni da parte dell’organo di controllo».
Le polemiche Della crisi del Consorzio Tns si era polemicamente parlato anche durante il dibattito – a novembre del 2015 – al termine del quale il consiglio regionale aveva approvato la manovra di assestamento del bilancio e nel corso del quale il M5S aveva accusato la giunta di «sottrarre fondi ai cittadini per rimediare alla malagestione di pochi amministratori scelti dalla politica e controllori che, a quanto pare, non hanno vigilato». Il riferimento era proprio ai 7,5 milioni di euro destinati, nella manovra, all’acquisto di beni immobili dal Consorzio.