«Vi taglio la gola col coltello»: Daspo confermato dopo minacce ad arbitri

Nel mirino un preparatore dei portieri che, nel 2019, fu colpito dal provvedimento. Il Tar respinge il ricorso: «Divieto accesso stadi ha funzione preventiva»

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di S.F.

«Adesso vado in macchina a prendere il coltello e vi taglio la gola». Non certo una frase amichevole, tutt’altro. Costata cara ad un cittadino umbro che, per averla pronunciata, è stato oggetto di provvedimento Daspo – partito dalla questura di Perugia con notifica datata 13 febbraio 2019 – della durata di un anno: stop accesso a tutti i luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive di calcio a cause delle minacce nei confronti della terna arbitrale. La storia è finita al Tar dell’Umbria: il ricorso del protagonista è stato respinto.

La minaccia e il ricorso

Il cittadino in questione ha impugnato il provvedimento che, tra l’altro, sancisce l’impossibilità di accesso – da due ore prima ad altrettante dopo gli incontri di calcio – ai luoghi antistanti gli stadi e le stazioni ferroviarie interessate all’arrivo e partenze dei convogli con i tifosi. Ragioni? Motivazione contradditoria ed insufficiente, carenza di elementi oggettivi per il Daspo, difetto di istruttoria, violazione del diritto costituzionale di libertà personale e manifesta indeterminatezza. Nella sentenza del Tar si legge che, sponda difesa, si deve «ritenere priva di valore intimidatorio qualsivoglia minaccia proferita, risultando la stessa priva di contenuto pericoloso». Ministero dell’Interno e questura di Perugia si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto. Cosi è.

Ricorso respinto

I magistrati amministrativi spiegano infatti che «il divieto di accesso agli impianti sportivi è provvedimento con funzione preventiva la cui applicazione prescinde dalla responsabilità penale dell’interessato e consegue a fatti specifici indicati dalla legge». La funzione «non è sanzionare una condotta ma prevenire la commissione di futuri fatti illeciti». Da qui ne consegue dunque «l’infondatezza dei rilevati vizi di difetto di istruttoria, insufficienza e contraddittorietà della motivazione». La persona in questione – all’epoca dei fatti – svolgeva il ruolo di preparatore dei portieri per una squadra dilettantistica del territorio spoletino. Per il Tar «appaiono nondimeno destituite di fondamento, le doglianze con cui si lamenta la carenza dei presupposti per l’emanazione del divieto di accesso alle manifestazioni sportive in ragione dell’assenza di denunce o reati per precedenti episodi di violenza su persone o cose». Rigetto del ricorso e condanna al pagamento delle spese di giudizio per 1.500 euro. L’avvocato che ha difeso il cittadino è Alberto Maria Onori.

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