Terni, appalto Caos: gara deserta

Nessuna offerta presentata per la gestione quinquennale dei servizi del sistema museale e teatrale

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di S.F.

Un’apertura di buste più rapida che mai giovedì mattina nell’ufficio di Luca Tabarrini in Comune, nemmeno due minuti. Motivo semplice: nessuno ha presentato offerte. La gara – base d’asta di poco superiore a 700 mila euro, concessione quinquennale – per la gestione integrata dei servizi legati al sistema museale e teatrale di Terni (il Caos, non c’è più Carsulae di mezzo) è andata deserta: ora sarà necessario andare avanti con una nuova procedura e cercare di chiudere la faccenda a stretto giro. L’attuale contratto scade infatti il 31 ottobre.

L’ingresso del Caos

IL BANDO HA BASE D’ASTA DI 711 MILA EURO: MAXI ‘TAGLIO’ RISPETTO AL PRECEDENTE

Cosa prevede

Nel piano di gestione rientrano il sistema museale (Caos, Paleolab, Anfiteatro Romano) ed i servizi integrati di vendita, accoglienza, caffetteria, pulizia, vigilanza e biglietteria del sistema teatrale (il ‘Secci’). Amministrazione e tecnici – al netto della nuova gara, il responsabile unico del procedimento è Gianluca Paterni – dovranno valutare se adottare misure temporanee per evitare possibili guai.

L’anfiteatro romano

La posizione di Giuli: «Rammarico. Sei sopralluoghi»

Passa appena mezz’ora dal responso della gara e il vicesindaco – nonché assessore alla cultura – si espone subito. C’è aria di polemiche in arrivo: «Apprendo con rammarico – la nota – che il bando è andato deserto nonostante i sei sopralluoghi effettuati da altrettanti soggetti, anche importanti. Non possiamo che prenderne atto. Sapevamo che la cifra annuale messa a disposizione per la concessione di servizi di durata quinquennale era contenuta, ma onestamente e oggettivamente,  le finanze ingessate e drammatiche di palazzo Spada in questo momento non ci permettevano altro. Se l’importo a base d’asta – continua Giuli – era certamente non paragonabile a quello del contratto attuale, va precisato che nel bando non c’era più il cespite oneroso di Carsulae, erano stati ridotti i giorni di apertura dei due musei, retrocesse la metà delle giornate a disposizione del Comune per quanto riguarda l’utilizzo del teatro ‘Secci’, avviato i  lavori di efficientamento energetico in grado di produrre dei risparmi sulle utenze, pensando così di agevolare gli oneri per l’eventuale aggiudicatario. A questo punto ragioneremo subito sul da farsi, non escludendo in teoria alcuna soluzione, considerando che l’attuale appalto scade il 31 ottobre prossimo, a meno di eventuali  altre possibilità previste dalle norme».

Il Caos

L’opposizione: «Scontato. Fare bando all’altezza»

I consiglieri di minoranza attaccano: «Questo esito – la nota di Alessandro Gentiletti di Senso Civico, Francesco Filipponi del Pd e Paolo Angeletti di Terni Immagina – era ampiamente prevedibile, viste le risorse, assolutamente insufficienti a disposizione dall’amministrazione e l’assoluta inidoneità del capitolato a recepire e sviluppare le potenzialità del complesso del Centro Arti Opificio Siri. Parliamo di una realtà che rappresenta un punto strategico e che deve essere il volano per il rilancio, soprattutto culturale, della nostra città, sulla quale tanto è stato investito in passato. Sollecitiamo questa amministrazione a procedere immediatamente ad un nuovo bando che sia all’altezza delle aspettative della città, capace di attrarre professionalità e garantire la continuità di funzionamento del polo».

Un concerto al teatro Secci (Foto Iolanda Russo)

Il M5S: «Lo gestiscano associazioni culturali con un ‘patto’»

Per i pentastellati è Thomas De Luca a parlare: «A gestire il Caos siano le associazioni culturali della città attraverso un ‘maxi’ patto di collaborazione, che metta al centro i migliori progetti e le migliori idee fino ad oggi rimaste in un cassetto. Lo strumento c’è: il regolamento per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani. La città di Terni ha la necessità di un luogo di contaminazione, di confronto, di esperienza artistica diretta, di un organismo vivente e in crescita. Quello di cui sicuramente non abbiamo bisogno sono magazzini ammuffiti in cui accatastare tele e accrocchi oppure di salottini dove la setta dei poeti estinti può misurarsi nelle proprie conoscenze sul cugino della nonna del Poletti. Perché non guardare al distretto 798 di Pechino, ad un vero e proprio quartiere dell’arte contemporanea. Ad un distretto artistico che fino ad oggi si è concretizzato solo in due, tre totem pubblicitari e in quattro tavole di legno messe in croce? All’ingresso del Caos, vogliamo lo sportello unico degli eventi dove chi ha una buona idea non venga invitato ad andare altrove. L’arte non è un patrimonio di pochi. Forse qualcuno sta scambiando la valorizzazione delle radici (fino ad ora calpestate) con l’isolazionismo genetico. Il Caos può diventare la piattaforma di una rinascita culturale della città, un centro polifunzionale dedicato al cinema, al teatro, all’architettura, alla videoarte e all’arte contemporanea. Basta essere in grado di coinvolgere, stimolare e soprattutto non demoralizzare e ostruire, eliminare gli orpelli burocratici che soffocano ogni iniziativa. I musei? Già da anni abbiamo avviato interlocuzione con Banca d’Italia per valorizzare l’ex sede di piazza Tacito per un museo cittadino al centro della città. Le professionalità le abbiamo, sono i lavoratori da tutelare che fino ad oggi hanno portato avanti la carretta ed a cui qualcuno vorrebbe dare il benservito. Basta costruire un modello di governance che metta insieme capitali privati e risorse statali, mantenendo il controllo nelle mani dell’ente. Basta solo avere idee forti e ambiziose… quelle che mancano».

Linda Di Pietro

«Ecco perché non abbiamo partecipato»

In serata arriva la nota di Indisciplinarte, impegnata da dieci anni nella gestione con altre imprese del territorio locali e nazionali: «Abbiamo investito risorse economiche e umane in questo luogo, fegato e passione, trasformandolo da un ‘ex qualcosa’ – spiega Linda Di Pietro – in una delle esperienze di trasformazione del dismesso più interessanti del paese, come testimonia la letteratura che mappa queste esperienze, e la rete di relazioni con i pubblici locali e internazionali che conoscono e amano questo spazio. La sperimentazione all’interno del Caos ci ha permesso di imparare molto, di sbagliare anche, di incontrare una comunità di donne e uomini ternani di grandissimo valore e di immaginare con loro il futuro e la forma di un’istituzione culturale innovativa, al passo con i tempi e fondata sui talenti del territorio. Uomini e donne ternani che in forma individuale o associativa hanno scommesso sulla cultura come motore di rilancio e di crescita della città, per cui il Caos è stata infrastruttura abilitatrice. Il contratto con il Comune di Terni è cambiato con il tempo, per natura e dimensioni, ha saputo integrare quello che questo luogo stava diventando, dimostrando flessibilità e ascolto delle pratiche e processi in campo pur riducendo progressivamente l’entità del contributo. Un contratto che anche il dipartimento per le politiche dello sviluppo del Ministero per lo sviluppo economico valutò come buona pratica nazionale. Negli anni di gestione del patrimonio pubblico del Caos abbiamo affrontato un passo dopo l’altro, una montagna di difficoltà, falsità, diffidenza, abbandono, arrivando alla fine soddisfatti per le tante cose fatte, ma esausti. Abbiamo quindi deciso di fare la scelta più difficile, all’apparenza più incoerente, per certi versi contro natura: dire ‘no’ a qualcosa che amiamo. Dire ‘no’ all’opzione nota, che consente un margine di sopravvivenza. E lo abbiamo fatto per dire no a un bando di gara che riconosce a malapena la copertura dei costi di utenze della struttura, un bando che non chiede più progettualità ma solo servizi, un bando che riduce le ore di apertura del museo a poche decine, che non valorizza il ruolo e le competenze dell’operatore culturale, che non ritiene necessario un coordinamento manageriale degli spazi, che riduce drasticamente l’impegno nella formazione del pubblico e delle nuove generazioni. Un bando che non valorizza la curiosità dei cittadini, desiderosi di un luogo sempre attivo e in fermento in cui le attività offerte vanno oltre l’apertura della porta di un museo, che non può attrarre se non animato, un pubblico numeroso. Tagliare i fondi e spegnere la vocazione e le attività di uno spazio per ridurlo a edificio, questo sembra esserci tra le righe del bando di gara. Un bando che presenta una base d’asta di 700 mila euro in 5 anni, è un bando miope. Un bando con sei sopralluoghi da parte di sei soggetti diversi tra loro e nessuna offerta è evidentemente un bando sbagliato. Che disarma anche i soggetti con le migliori intenzioni. Crediamo sia utile un raffronto con il principale contenitore culturale della città, che è stato spesso considerato un esempio positivo di gestione: bct, la biblioteca di Terni. Uno spazio di circa 2.000 metri quadri aperto circa 55 ore settimanali per un legittimo costo annuo di circa 2,2 milioni di euro a carico totale del Comune di Terni. Il Caos è uno spazio di circa 6.000 metri quadri aperto per circa 80 ore settimanali, il cui costo complessivo è stato negli ultimi 5 anni di circa 850 mila euro annui di cui solo 350 mila (Iva inclusa) a carico del Comune di Terni.
In sintesi, il Caos già adesso costa complessivamente circa il 40% del costo di bct con un costo a carico del Comune di Terni pari a circa il 20% del costo a carico del Comune riferito a bct. Questa città non ha bisogno di altri luoghi per la cultura senza risorse per gestirli, ha avuto abbastanza fallimenti da sopportare. Non ha bisogno di un presidio della sovrintendenza se non si cura del proprio patrimonio storico artistico. Ha bisogno che prima di tutto venga riconosciuto il lavoro culturale qualificato. Quello che si è appena chiuso è infatti un bando che facilita la dequalificazione del lavoro culturale, che non valorizza le competenze, che non premia il merito, che ignora la progettualità, che non tiene in considerazione la sostenibilità economica e umana. Scegliere di non partecipare implica che giovani professionisti preferiscano rimettersi in discussione e cercare un altro lavoro piuttosto che piegarsi a condizioni insostenibili eticamente e finanziariamente; che giovani imprenditori rinuncino ai propri investimenti, che giovani ternani scelgono di lasciare questa città. Non ci sono casi al mondo di città che reagiscono alla crisi rinunciando al lavoro qualificato, anzi le uniche città in Europa e negli Usa che rispondono meglio alla crisi sono proprio quelle che sostengono il lavoro qualificato, quelle che rinascono grazie alla fioritura dei suoi talenti. Non sarà Indisciplinarte a gestire il Caos ma chiediamo che – a prescindere da noi – vada difeso e rilanciato l’investimento in cultura di questa città. In altri termini, che Terni faccia una scelta definitiva e non più negoziabile per la cultura, il lavoro qualificato e l’impresa culturale. Indisciplinarte oggi avrebbe consegnato un luogo che funziona, in ottime condizioni, portatore di un valore che abbiamo costruito negli anni. Un luogo dove abbiamo generato trasferimento di valore tra generazioni, un luogo di connessione tra Terni, i suoi abitanti, e il mondo intero. Questo è il senso pubblico del Caos, questo è quello che non deve essere disperso».

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