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Home » Elettrocarbonium: «Tutti dentro»

Elettrocarbonium: «Tutti dentro»

di Marco Torricelli
28 Aprile 2016
in Dal territorio, Economia, Imprese, Lavoro
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
Un momento dell'assemblea

Un momento dell'assemblea

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di S.F.

Niente di fatto. L’accordo per il licenziamento collettivo dei dipendenti Elettrocarbonium non c’è. Un’assemblea ancora una volta drammatica, con i lavoratori che si sono divisi ed hanno bocciato a maggioranza (il rapporto è di circa due a uno, nove favorevoli contro il doppio dei contrari e un paio di astenuti) l’ipotesi di accordo – definito troppo rischioso – proposto dall’azienda. Giovedì mattina i sindacati andranno in Confindustria per comunicare ufficialmente il mancato accordo e tutti i lavoratori, questo l’esito del pomeriggio, rientreranno. Timbrando, senza assemblea permanente. Poi palla a Monachino e Regione.

Il voto
Il voto: i pochi favorevoli alla proposta dell’Elettrocarbonium

La spaccatura L’incontro in Confindustria, come si temeva, non è stato una passeggiata di salute e l’assemblea in fabbrica per esaminarne le risultanze ha fatto registrare momenti di tensione, con i lavoratori ormai al limite della sopportazione che si sono clamorosamente spaccati in due gruppi. Un’assemblea che si è protratta per oltre un’ora e mezzo e che è stata ‘rotta’ dopo le 19 con la votazione sull’accordo: «C’è spaccatura, è evidente. Cerchiamo di trovare una soluzione», l’amaro commento di Franco Di Lecce della Uiltec-Uil. Aria più pesante del solito.

Non ci sono i soldi Volendo fare una sintesi estrema di quanto è emerso nell’assemblea, si potrebbe dire così: l’uomo di Monachino – Maurizio Pesenti – ha detto che non ci sono i soldi per pagare né il tfr né tantomeno il preavviso, i due nodi più rilevanti della questione odierna. Tra i lavoratori, come detto, non c’era un pensiero unico dominante: c’era chi voleva respingere in blocco le proposte, mentre una parte era più possibilista, o forse rassegnata, e sarebbe stata propensa ad accettarle. Anche perché restano una quarantina di giorni – i 75 giorni partono dal 25 marzo – prima che termini il tempo utile per accedere alla mobilità.

L'assemblea
L’assemblea

Niente ‘bonus’ Le organizzazioni sindacali, oltre al pagamento delle spettanze dovute, avevano chiesto un incentivo all’esodo (le quattro mensilità di cui si è già scritto), mentre i rappresentanti della società hanno replicato che «la situazione economica aziendale non permette il riconoscimento di alcun incentivo all’esodo», mentre hanno garantito che «le quote del trattamento di fine rapporto sono accantonate presso il fondo di tesoreria Inps». Le retribuzioni di marzo ed aprile, «relativamente alle ore lavorate», secondo l’azienda potrebbero essere pagate «solo una volta elaborati i previsti adempimenti amministrativi». Mentre «per quanto attiene i versamenti dei fondi integrativi sanitari ed assicurativi, l’azienda verificherà ed eventualmente procederà al versamento di  quanto dovuto entro i tempi previsti dalle normative».

Gli ammortizzatori Secondo l’ipotesi di accordo che era stata prospettata, «la collocazione in mobilità dei lavoratori dovrebbe decorrere dalla sottoscrizione dei singoli verbali di conciliazione individuale da sottoscriversi entro 7 giorni dalla firma del verbale di accordo di chiusura della procedura. I lavoratori (in numero stimato di 15 unità: 3 dirigenti, 5 impiegati e 7 addetti alla sicurezza; ndr) saranno utilizzati per il tempo strettamente necessario per le operazioni di dismissione dell’attività con riconoscimento della retribuzione per le ore effettivamente lavorate».

Un lavoratore espone le sue ragioni
Un lavoratore espone le sue ragioni

«Umiliante» Così Marianna Formica della Filctem Cgil ha definito a più riprese il confronto in mattinata con Maurizio Pesenti, rappresentante dell’Elettrocarbonium: «Abbiamo dovuto corregere la bozza originale presentata più volte, è stato surreale. Oltretutto sentirsi fare la proposta in merito alla rinuncia del preavviso per fare avere dei soldi ai lavoratori è umiliante». Sì, perché poi sul tema diversi lavoratori hanno alzato la voce e non con buoni termini nei confronti della tattica di Monachino: «Ci chiedono la rinuncia al preavviso perché così pagano meno tasse. Firmare l’accordo significa semplicemente continuare a farlo rimanere qui per quattro mesi (120 giorni, ndr). E senza garanzie concrete che paghi veramente. Non è accettabile».

Rabbia – che ha raggiunto l’apice mercoledì pomeriggio – verso Monachino, ma non solo. Aspre critiche anche nei confronti del liquidatore di Sgl Marco Petrucci: «Non ha le minime intenzioni di mandar via Monachino, lo sta dimostrando. Quest’ultimo si sta dimostrando un bamboccio di Petrucci». Un suo collega, senza troppi giri di parole, ha proposto invece di «bloccare tutto e fare un serio esposto alla procura per tutto quello che sta accadendo. Ora basta, questa è l’ennesima presa in giro. Siamo rimasti a come eravamo due mesi fa».

Marianna Formica della Filctem Cgil
Marianna Formica della Filctem Cgil

Incubo C’è chi ha spinto per il sì e a gran voce ha spiegato le ragioni della sua scelta: «Vero, l’accordo non è buono. Ma voglio uscire da questo incubo, perderò dei soldi magari ma voglio uscirne il più presto possibile»

La decisione Alla fine, dopo che la proposta di accordo era stata bocciata, è arrivata un’altra decisione importante: da giovedì mattina, oltre a comunicare a Confindustria la presa di posizione, i lavoratori entreranno ‘regolarmente’ in fabbrica. Va ricordato che Monachino aveva minacciato che se lo avessero fatto, lui avrebbe portato i libri contabili in tribunale. Resta anche da verificare cosa farà la Regione, alla quale spetterebbe di avviare le procedure di mobilità entro 30 giorni: in questo modo si tenta di accelerare i tempi in tal senso. «Rientriamo e – le parole di Fabrizio Framarini della Femca Cisl vedendo l’evolversi della situazione –  e vediamo se Monachino va in tribunale». Niente passi in avanti. E la tensione non può che aumentare.

 

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