Gesenu: «Denunce ignorate per anni»

Un testimone parla con umbriaOn: «Solo nel 2010, sette esposti per inquinamento. Tutti sapevano che il percolato finiva nel torrente»

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di L.P.

«Era un’acqua pulitissima, quando ero piccolo al Mussino i bambini ci facevano il bagno. Adesso guardi com’è stato ridotto». Comincia così il racconto di Marco Montanucci, imprenditore agricolo originario di Pierantonio, a qualche chilometro dalla discarica finita al centro dell’inchiesta che ha coinvolto la Gesenu di Perugia. Come Marco, tanti cittadini di Pierantonio e Sant’Orfeto da anni denunciano i veleni che la discarica ha scaricato sul bosco e sul torrente che scorre a pochi metri.

I documenti «Già all’inizio degli anni ‘80 – ricorda Marco, che fa parte del Coordinamento Pietramelina – le prime relazioni tecniche della Usl e dei geologi incaricati di fare gli studi preliminari indicavano quella come una zona non adatta allo scarico dei rifiuti». Dal sopralluogo effettuato da tecnici di questo ufficio nella zona predetta è emerso che «la stessa è da considerare non idonea, dal punto di vista igienico, per la destinazione», si legge infatti in un documento dell’Unità sanitaria locale datato 12 novembre 1981.

L’INTERVISTA-DENUNCIA A MARCO MONTANUCCI – IL VIDEO

I materiali scaricati

I materiali scaricati

Il geologo E ancora, sempre nello stesso anno, un geologo scriveva nella relazione tecnica: «La situazione idrogeologica superficiale ne sconsiglia l’utilizzo. Infatti immediatamente a valle dell’area, a 600 metri è presente il torrente Mussino che attraversa poco più a valle l’abitato di Pierantonio che presenta acque fluenti. Viste le pendenze del declivio, 45-50 %, le acque meteoriche percolanti nella zona della discarica potrebbero arrivare alla valle del Mussino».

Allarmi ignorati A nulla servirono le obiezioni sulla pendenza del terreno, sull’alta pericolosità sismica della zona e sull’esistenza di quel torrente che, a valle, era alimentato da fonti sorgive di acqua potabile. Nel 1984 la discarica di Pietramelina entra in funzione. Due lotti, il primo di circa 12 ettari e il secondo, in funzione dal 2006, di altri 6 ettari che, per anni, hanno continuato, «a inquinare l’aria, l’acqua e la terra di uno degli angoli più verdi dell’Umbria. Con una pendenza così è difficile contenere le acque. Il percolato che per anni è fuoriuscito dalla discarica non ha solo contaminato il torrente Mussino, ma ha anche attraversato tutto il bosco. E’ stata una follia», dice Marco.

Le acque del torrente

Le acque del torrente

Le carte Il suo è un dossier che, dagli anni ’80, raccoglie foto, testimonianze, documenti ufficiali che riguardano una tra le discariche più grandi di tutta Europa. Le foto che Marco Montanucci ci mostra testimoniano come, nel tempo, l’acqua del torrente abbia cambiato colore diventando sempre più putrido, di colore marrone, sporco. Nel 1998 la Provincia di Perugia fa installare una stazione automatica per il monitoraggio dell’ammoniaca nelle acque del Mussino: solo nei primi sei mesi del 1999 i limiti sono stati superate 8 volte e i picchi che si registrano sono con buona probabilità attribuibili «a uno sversamento puntuale di liquidi inquinanti provenienti dalla discarica».

Le condanne Negli anni manifestazioni, raccolte firme e tante, tante denunce. «Ma la puzza, qui, è sempre rimasta». Nel 2004 erano partite da qui le accuse che portarono alla condanna, in primo grado, di due dirigenti della Gesenu. Solo nel 2010 il comitato ha inoltrato altre 7 denunce alle autorità. «Dalle indagini e dal sopralluogo – si legge in una nota diramata dal Corpo Forestale dello Stato nel 2013 – si è accertata la presenza di circa 1800 metri cubi di rifiuti organici umidi in fase di biodegradazione, accatastati in aree non autorizzate, a cielo aperto, non impermeabilizzate e prive di presidi di canalizzazione e raccolta del percolato. Lo stesso percolato era però di fatto convogliato con un solco nel terreno nella sottostante zona boscata, affluendo nelle acque del torrente Mussino, che scorre al di sotto dell’area di discarica». Già all’epoca i reati ipotizzati andavano dal danno ambientale, alle violazioni in materia di gestione rifiuti, danneggiamento acque pubbliche, all’emissione di gas pericolosi e abusi edilizi. Seguirono i sigilli in alcune aree degli impianti e ulteriori controlli anche da parte dell’Arpa.

La discarica

La discarica

Dal 2013 la discarica è piena E’ scritto anche nero su bianco in una delibera del Comune datata 25 agosto, eppure gli impianti hanno continuato a funzionare. A Pietramelina arrivano infatti i rifiuti organici, scarti alimentari da raccolta differenziata, pretrattati nella stazione di Ponte Rio a Perugia e che vanno ad alimentare l’impianto di compostaggio per essere trasformati in compost di altà qualità certificato. «Le scelte dell’amministrazione sono tutt’ora assurde. L’adeguamento del Piano regionale dei rifiuti – conclude Marco Montanucci – va nella direzione di sovvenzionare, con le nostre tasse, chi ci guadagna dalla gestione del compost. Tra Pietramelina, Casone di Foligno, Le Crete a Orvieto si ampliano discariche per accogliere oltre 370 mila tonnnellate di umido, quando in Umbria ne produciamo neanche 100 mila. Perchè portare i rifiuti da fuori facendo girare camion inquinanti, portando la puzza e l’immondizia dalle altre regioni? Chi ci guadagna dagli scarti del compost che vanno comunque a riempire le nostre discariche?».

La discarica di Pietramelina

Montagne di rifiuti

I sindacati Sulla vicenda si registra anche la presa di posizone dei sindacati: «Gli sviluppi della vicenda Gesenu, con le notizie che in questi giorni si susseguono in maniera frenetica, descrivendo un quadro sempre più pesante, ci preoccupano e ci spingono ad intervenire, in primo luogo in difesa del valore della legalità, che rappresenta per le nostre organizzazioni, la priorità assoluta e irrinunciabile in Umbria», dicono i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria, Vincenzo Sgalla, Ulderico Sbarra e Claudio Bendini, che hanno inoltrato giovedì mattina una richiesta di incontro al prefetto di Perugia, Antonella De Miro, per un confronto approfondito su quanto sta accadendo nella più importante azienda regionale di igiene ambientale.

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