Narni: «A Nera Montoro l’inquinamento c’è»

I dati «sono tutt’altro che infondati e sono peraltro di fonte diretta, in quanto assunte presso la Provincia di Terni»

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Per nulla convinto, dopo le reazioni di Italeaf e Tk-Ast, Andrea Liberati (M5S) ribadisce la sua denuncia e precisa: «Non ho mai sostenuto che i rifiuti industriali in loco sepolti siano stati ivi tratti da alcuno degli attuali players e/o proprietari. Ma che quei materiali sono lì dagli anni ’40: ciò non vuol dire affatto che non vi sia notiziabilità, giacché la perdita della memoria storica spesso conduce a minimizzare problemi invece plateali (Terni ne è infausto modello), conducendo anche a errori di pianificazione urbanistica che comportano duri contenziosi con i Comuni da parte di quei proprietari che non hanno mai avuto contezza di rifiuti sotterrati, in anni molto risalenti, sui loro terreni».

Le fonti I dati sulla contaminazione del sottosuolo della zona ex Enichem-Nera Montoro, insiste Liberati, «sono tutt’altro che infondati e sono peraltro di fonte diretta, in quanto assunte presso la Provincia di Terni. Si confermano pienamente i dati di contaminazione del sottosuolo al Fosso Osteriaccia, peraltro inquinato non soltanto da arsenico, piombo e altri metalli pesanti, ma anche da Ipa».

I pozzi Quanto ai corpi idrici, dice ancora Andrea Liberati, «15 pozzi in area ex Europim rilasciano acqua nel fiume Nera in ‘tabella 2’, ma altri 33 scaricano acqua di falda in ‘tabella 3’ ossia assimilabile a ‘scarico su corpi idrici superficiali/fognari’, corrispondenti a scarichi industriali ordinari. L’obiettivo di qualità assegnato dalla Regione è al momento di standard ‘sufficiente’; un giorno, forse, raggiungerà il valore ‘buono’ grazie a future quanto meritorie iniziative progettate in loco e richieste dagli enti competenti. Ciò significa, tuttavia, che l’acqua di falda resterà comunque contaminata fino agli impianti di trattamento: non era forse meglio isolare il sito con tecniche diverse, anziché tentare di asciugare il mare?».

I parametri Quanto alla fattibilità del masterplan strategico presso il Politecnico di Milano, «dovrà essere valutato alla luce dei risultati dell’analisi di rischio sanitario-ambientale sito specifica, approvata dagli enti competenti nel 2009. Ciò significa che, se cambiano i parametri dell’analisi di rischio, realizzando ambienti indoor, oppure se i recettori fin qui individuati fossero diversi – con la presenza di bambini, anziché di lavoratori – l’analisi di rischio andrà nuovamente effettuata».

I costi La sostenibilità ambientale degli interventi sin qui posti in essere, prosegue Liberati, «non è globalmente valutata: infatti nessuno ha finora calcolato i costi ambientali delle misure adottate, né è stata presa in considerazione l’ipotesi di uno sbarramento a monte – solo minimale per il futuro – o di una barriera complessiva attorno all’intero sito in aggiunta a un’operazione di soil washing, così da isolare definitivamente il sito. Terreni così pesantemente inquinati, infatti, presumibilmente non perderanno la propria carica chimica nel giro di pochi anni: il rischio resta pertanto quello di una bonifica permanente, con un dispendio economico-finanziario ingentissimo sia per il pubblico che per il privato, con un conseguente e pesante stress ambientale».

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