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Home » Servizi pubblici: «Troppe partecipate»

Servizi pubblici: «Troppe partecipate»

di Lucina Paternesi
3 Agosto 2016
in Attualità, Dal territorio, Economia
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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Offerta frammentata, debiti e criticità soprattutto sul versante dei rifiuti e del servizio idrico. Non è una fotografia rassicurante quella scattata dall’osservatorio Ires della Cgil che prende in considerazione i servizi pubblici locali in Emilia Romagna, Toscana, Veneto Marche e Umbria ec che è stato presentato martedì mattina nella sede del sindacato a Perugia dal segretario generale Vincenzo Sgalla, assieme a quello regionale Vasco Cajarelli e al presidente dell’Ires Umbria Mario Bravi.

LO STUDIO IRES CGIL SUI SERVIZI PUBBLICI

Settori strategici L’analisi prende in considerazione la gestione del servizio idrico integrato, l’igiene urbana, il trasporto pubblico, la distribuzione del gas naturale nelle cinque regioni e, come ci si aspettava, l’Umbria non è messa troppo bene. «Abbiamo realizzato questo studio con un obiettivo preciso – ha affermato Vincenzo Sgalla – quello di non farci trovare impreparati di fronte a riforme e provvedimenti che arrivano dall’alto e rischiano di avere ricadute pesanti sulla vita non solo dei lavoratori direttamente interessati, circa 5000 in Umbria nei 4 settori presi in esame, ma anche di tutti i cittadini. Non vogliamo essere costretti a giocare in difesa e per questo, insieme a Cisl e Uil, presenteremo a settembre una nostra piattaforma che riguarderà naturalmente anche questi settori strategici per il futuro dell’Umbria».

Debolezze tipiche locali Se da un lato la Cgil vede di buon occhio la presenza di un’azienda unica dei trasporti, dall’altro la regione presenta criticità e debolezze specifiche che, per Sgalla, «indicano chiaramente la necessità di affrontare i problemi esistenti anche in vista delle riforme nazionali che sono in preparazione, in particolare la cosiddetta riforma Madia sulle partecipate, per evitare che ci piova in testa un altro disastro come quello sulle province che stiamo ancora cercando di arginare». Soprattutto in considerazione del fatto che i lavoratori dei servizi pubblici essenziali non hanno le tutele previste dai lavoratori del settore pubblico né quelle del privato, come gli ammortizzatori sociali.

Utili In tutte le regioni dallo studio emerge che i servizi sono economicamente sostenibili e che, anzi, si producono utili più che in altri comparti ad eccezione del trasporto pubblico locale «che evidenzia una grave e perdurante situazione di crisi. In altre parole la contrazione economica degli ultimi anni non ha fatto perdere posti di lavoro, situazione che «può consentire di trasformare i problemi in opportunità, evitando la sbornia delle privatizzazione in aree di servizi strategici per la tenuta del welfare regionale» come ha riferito Vasco Cajarelli.

Perdite idriche
Perdite idriche

Debiti e patrimonio Entrando nel dettaglio dello studio, all’Umbria e alle Marche spetta il primato per essere le regioni con il più basso rapporto di abitanti per gestore, con un’alta frammentazione del servizio e con un rapporto molto elevato tra debiti e patrimonio netto delle aziende, oltre il 300% in Umbria. Allo stesso modo, un altro primato negativo, è quello che fa registrare la nostra regione sulle perdite della rete idrica, circa il 40% del totale, una percentuale stabile nel tempo a differenza delle Marche che, dal 20% del 2008 sono scese al di sotto nel 2014.

Metodi di smaltimento
Metodi di smaltimento

Rifiuti Non meravigliano neanche i grafici che rappresentano la situazione dei rifiuti in Umbria, con la raccolta differenziata di gran lunga indietro rispetto alle altre regioni prese in considerazione e coi costi per il cittadino più alti che altrove, 293 euro in media, dietro solo alla Toscana. A Perugia, secondo la Cgil, il dato è ancora più eclatante con una spesa media di 343 euro calcolata su un’utenza media di 100 metri quadrati per una famiglia di tre persone. «Tariffa più alta di tutte le regioni prese in esame – dicono dalla Cgil – il capoluogo se la gioca con le grandi capitali europee».

Percentuali differenziata
Percentuali differenziata

Differenziata Grafici neri, dunque, per l’Umbria che basa il suo modello di smaltimento sulla presenza di discariche per quasi il 60% mentre il Veneto, regione più virtuosa, appena per il 10% con un residuo di smaltimento attraverso gli inceneritori, pur non avendo nessuna discarica sanzionata da parte dell’Unione europea. Se il Veneto guida la classifica partendo da un 60% di differenziata già nel 2008 e superando la percentuale quasi fino al 70% nel 2014, l’Umbria sei anni fa si posizionava come la regione più indietro, con poco più del 30% e ora stazionando sotto al 50%, meglio solo della Toscana. Mentre Emilia Romagna e Marche sono entrambe sotto la soglia del 60%.

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