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Home » Terni, l’Isrim è fallito: lavoratori nel dramma

Terni, l’Isrim è fallito: lavoratori nel dramma

di Marco Torricelli
17 Febbraio 2015
in Attualità, Economia, Imprese, Lavoro
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Una protesta dei lavoratori Isrim

Una protesta dei lavoratori Isrim

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L’Isrim, l’Istituto superiore di ricerca sui materiali speciali, è arrivato al capolinea. Il tribunale di Terni, la sentenza risale al 13 febbraio, lo ha dichiarato fallito.

La motivazione L’istanza di fallimento era stata presentata, attraverso l’avvocato Marco Ravasio, da un lavoratore in attesa di percepire la liquidazione – si tratterebbe di poco più di 20mila euro – e nell’udienza pre-fallimentare del 3 febbraio scorso i liquidatori dell’Istituto avrebbero confermato il pesante stato di insolvenza. Determinando, di fatto, la decisione del tribunale.

Stato passivo Contestualmente alla sentenza di fallimento, il tribunale ha nominato il curatore fallimentare nella persona dell’avvocato Francesco Venturi di Orvieto ed ha fissato per il prossimo 18 giugno l’udienza in cui verrà esaminato lo stato passivo dell’Istituto.

I sindacati «Siamo alle solite – attaccano Sergio Cardinali, Fabrizio Framarini e Franco Di Lecce, segretari dei sindacati confederali di categoria – un’altra azienda dichiarata fallita. Un’altra sconfitta per il sistema territoriale. Questa volta però a chiudere battenti non è la solita azienda multinazionale che sfrutta il territorio e poi se ne va, ma l’istituto di ricerca pubblico della regione dell’Umbria, dove sono stati spesi ingenti risorse economiche pubbliche per l’acquisto di macchinari all’avanguardia. Dove sono state occupate professionalità e saperi per essere di supporto al sistema delle imprese artigiane ed industriali presenti sul nostro territorio. Un’altra disfatta per le agenzie regionali che purtroppo infilano l’ennesima sconfitta nei fatti, dopo che per due lunghi anni si è tentato di trovare una soluzione industriale senza risultati. Un sistema, quello umbro, che purtroppo non riesce più ad arginare la valanga di scivolamento verso il sud, che l’Umbria sembra percorrere in modo assolutamente inarrestabile».

La Regione E pensare, insistono, «che dopo l’approvazione della risoluzione del consiglio regionale dell’Umbria, l’accelerazione della modifica dello statuto dell’Asm, per permettere la creazione di una società per la ricerca, e la disponibilità messa in campo dal Sii per affidare un po’ di attività, che attraverso risorse economiche fresche, permettessero di intervenire sulla procedura fallimentare in corso, avevamo quasi creduto che si potesse uscire positivamente da una situazione disastrosa, con un lavoro collettivo, per salvaguardare un importante strumento per il rilancio territoriale».

I solleciti Le organizzazioni sindacali, accusano, «durante la scorsa settimana non hanno mai abbassato la guardia, intervenendo più volte nei confronti dei soggetti interessati – liquidatori, Confindustria, Regione – ma anche nei confronti dei vertici della Sii, per sollecitare soluzioni, veloci ed efficaci. Purtroppo, abbiamo dovuto registrare una riunione dove mancavano i liquidatori, una seconda convocazione in Regione che non è mai arrivata, una riunione fissata dai liquidatori con il Sii per giovedì scorso, poi rinviata a martedì e che purtroppo oramai non servirà più a nulla».

La richiesta Viene da ricordare, concludono Cardinali, Framarini e Di Lecce, «una commedia di Shakespeare – ‘Molto rumore per nulla’ – piena di inganni e artifizi, dove il lieto fine può essere rappresentato dal rispetto della risoluzione votata in consiglio regionale qualche settimana fa. Infatti, a questo punto, vista la mancata realizzazione della società dell’Asm, l’unica soluzione appare quella della ricollocazione di tutti i lavoratori presso le istituzioni e le loro partecipate. Elemento questo che martedì chiederemo direttamente alla giunta regionale, visto che insieme ai lavoratori saremo di nuovo costretti a muoverci verso il capoluogo di Regione. Forse sarà opportuno sospendere la discussione sulla legge elettorale e provare a salvare un po’ di lavoro

 

 

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