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Home » Terremoto, le aziende sono in ginocchio

Terremoto, le aziende sono in ginocchio

di Lucina Paternesi
15 Novembre 2016
in Attualità, Dal territorio, In evidenza, Terremoto 2016
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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Sono circa tremila le aziende agricole a rischio nei territori dei comuni di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo che hanno subito danni strutturali gravi nelle campagne dove c’è un’elevata significativa presenza di allevamenti con oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali.

terremoto-animali-coldirettiColdiretti E’ questa la prima analisi dei danni provocati dal sisma secondo Coldiretti, chiamati dal presidente del consiglio Renzi a definire assieme al governo alcune misure straordinarie per il settore da parte nel corso di una riunione straordinaria sull’emergenza con gli assessori regionali Carlo Hausmann del Lazio, Anna Casini delle Marche, Fernanda Cecchini dell’Umbria e Dino Pepe dell’Abruzzo. «L’agricoltura, tra manodopera familiare ed esterna, contribuisce in modo importante all’occupazione e all’ economia di quei territori. Una attività che – sottolinea la Coldiretti – alimenta anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo che sostengono che il flusso turistico che, tra ristorazione e souvenir, è la linfa vitale per la popolazione».

terremotoProdotti a rischio Le scosse mettono a rischio un sistema che secondo la Coldiretti offre opportunità occupazionali solo nella fase di produzione agroalimentare ad almeno diecimila persone ma in pericolo ci sono anche specialità conservate da secoli, dalla lenticchia di Castelluccio al pecorino dei Sibillini, dal Vitellone Bianco Igp alla patata rossa di Colfiorito fino al prosciutto di Norcia Igp che con una produzione di 2350 tonnellate fattura oltre 50 milioni di euro, ma che nell’insieme rappresentano un patrimonio culturale del paese, oltre che economico ed occupazionale. Oltre il 90% delle aziende agricole sono di tipo familiare condotte direttamente dal coltivatore con una forte presenza dell’agriturismo che è particolarmente presente nei comuni dell’Umbria dove tocca la percentuale del 33%, soprattutto a Norcia (50%) e a Preci (75%).

Castelluccio di Norcia
Castelluccio di Norcia

Danni Nelle aziende agricole ed in quelle agroalimentari si contano danni strutturali a fabbricati, impianti e strumenti ma anche difficoltà a garantire l’alimentazione e l’acqua agli animali mentre la presenza di frane e smottamenti sulle strade rurali impedisce la circolazione e la raccolta e consegna dei prodotti. Gli animali devono mangiare tutti i giorni e le mucche devono essere munte due volte al giorno e «per questo gli allevatori – sottolinea la Coldiretti – non possono trasferirsi lontano da mandrie e greggi che, senza vigilanza, rischiano peraltro nelle montagne di essere preda dei lupi».

Allevamento bestiameAccanto agli animali Secondo Coldiretti, ora la priorità è che «la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo», come ha affermato il presidente Roberto Moncalvo. «Occorre fare una corsa contro il tempo per dare la possibilità agli allevatori di stare vicino ai propri animali con container, roulotte o moduli abitativi ma servono anche ricoveri sicuri per il bestiame con stalle, fienili e casolari lesionati, distrutti o inagibili. L’emergenza e peggiorata e molte aziende oggi – conclude Moncalvo – rischiano di chiudere per sempre se non si creano le condizioni per restare sul posto, garantendo vivibilità e operatività per accudire il bestiame e dare continuità alle attivita’ produttive».

terremoto3I resistenti E intanto, a Norcia, c’è chi prova a resistere. Mentre la terra continua a tremare la testimonianza del titolare dell’Antica Norcineria, salumificio storico del piccolo centro, serve forse a dare forza ai tanti abitanti e agricoltori del posto. «Noi siamo abituati – afferma Vittorio Ansuini, il titolare – io ho 75 anni, ne ho viste tante e posso assicurare che se il terremoto non ci ammazza noi non chiudiamo, rimaniamo sempre aperti»”. E guardando al futuro, Vittorio, da tre generazioni ‘norcino’ della capitale dei salumi, spera nell’aiuto pubblico: «Io i soldi per rifare il salumificio non ce li ho. No so se lo rifaremo, dipende se riceveremo degli aiuti. Tutto quello che avevamo l’abbiamo investito – prosegue mostrando il nuovo edificio crollato domenica mattina – e da soli non possiamo ricostruirlo». Il nuovo prosciuttificio doveva aprire domenica prossima, ma ormai è ridotto a un cumulo di macerie. «Noi qui non ci arrendiamo – aggiunge – andiamo avanti. Ci rimbocchiamo le maniche e lavoriamo: noi non chiudiamo mai».

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