Tk-Ast, Cristian Spina: «Voglio giustizia»

«Fiducia in Lucia Morselli, ma io voglio che i miei collaboratori ed i nostri fornitori abbiano ciò che gli è dovuto»

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di Fabio Toni

Un fiume in piena. Cristian Spina, l’imprenditore che con la sua denuncia ha dato il via all’operazione ‘Do ut des’, che ha portato all’iscrizione di undici persone – tre dirigenti e otto funzionari della Tk-Ast di Terni – nel registro degli indagati ha voglia di gridare la sua rabbia.

PARLA CRISTIAN SPINA: L’INTERVISTA

«Grazie» Il primo pensiero dell’imprenditore, che ha convocato una conferenza stampa presso la sede della Misp, l’azienda di cui è titolare, va ai suoi lavoratori: «Devo tutto a queste persone e alle loro famiglie – dice indicandole – che hanno creduto nell’azienda, nella mia onestà e hanno rifiutato di sottostare a questo sistema. Se ci stiamo rialzando e siamo riusciti ad evitare il fallimento, è merito loro».

L’appello «La giustizia farà il suo corso – dice Cristian Spina – ma tutti i fatti che ho riferito, sono stati puntualmente riscontrati dalla magistratura. Anche altri imprenditori hanno dovuto subire questo maledetto sistema. La mia speranza è che qualcuno prima o poi parli, raccontando come funzionavano certe cose».

«Fare pulizia» «Sono convinto che in Ast non sia tutto marcio e che la nuova dirigenza possa fare finalmente pulizia. Ho fiducia in Lucia Morselli – spiega l’imprenditore – ma io voglio che i miei collaboratori ed i nostri fornitori abbiano ciò che gli è dovuto e questo potrà avvenire solo se la Tk-Ast farà fino in fondo il suo dovere. L’azienda oggi si chiama fuori, ma allora furono i suoi dirigenti apicali a sbattere fuori me e la mia azienda. Noi chiedevamo sicurezza e ci hanno cacciati. Adesso vogliamo giustizia e tutto quello che ci spetta».

Il racconto E allora Cristian Spina racconta la sua storia: «Ho assunto la manutenzione di tutte le caldaie di Ast nel 2011. Un appalto che mi consentiva di fatturare 1 milione e 600 mila euro l’anno. A un certo punto mi sono accorto che gli impianti di cui mi occupavo non erano a norma rispetto ai requisiti di sicurezza fissati da vigili del fuoco e Ispels. Mi dissero di fare una relazione tecnica che poi ho puntualmente consegnato: tutto tempo perso. I miei operai tornavano ogni giorno lì, a lavorare su impianti non sicuri e a me veniva chiesto, con pressioni continue, di sottoscrivere la dichiarazione di terzo responsabile, come se nulla fosse. Una richiesta a cui mi sono opposto. E i guai sono cominciati proprio in quel momento».

Tensione «Ricordo ancora le liti furibonde, le pressioni e i ricatti – racconta -. Quando hanno messo in dubbio la mia professionalità, ho fatto eseguire una perizia giurata da un consulente esterno che non ha potuto fare altro che confermare tutto ciò che dicevo, ovvero che quegli impianti non erano a norma. La perizia l’ho trasmessa a tutte le autorità, aziendali e cittadine, ma non è mai successo nulla. Quando ormai la misura era colma, ho scritto direttamente al board di Ast, chiedendo un incontro urgente». La raccomandata viene anticipata via e-mail alle 11.40 del 31 luglio 2013. Cinque ore dopo, dalla stessa dirigenza Tk-Ast arriva la comunicazione – firmata dall’amministratore delegato e dal responsabile dell’ufficio acquisti – che pone fine a tutti i contratti in essere fra l’acciaieria e la Misp.

«Rappresaglia» «Mi sono ritrovato improvvisamente senza lavoro. Hanno provato a farci chiudere non pagandoci più neanche le fatture, tanto che ancora oggi vantiamo un credito di 150 mila euro. E nonostante ciò ci vengono chiesti pure i danni per presunte ‘non conformità’». Alla fine Cristian Spina, che di Ast era anche cliente, visto che l’acciaio per le sue produzioni lo acquistava proprio a Terni, è costretto a rivolgersi altrove per ottenere le materie prime: «Dopo che sono stato cacciato, non ho potuto più comprarlo a Terni. Tanto che ancora oggi devo rifornirmi da Acerinox, nonostante la mia azienda abbia sede e impianti a neanche cinque chilometri da viale Brin».

Oggi «Al tempo dell’appalto in Ast – racconta Cristian Spina – avevo 40 dipendenti. Oggi solo tre, ma non abbiamo mai mollato. Nell’altra impresa che conduco, la Sm Inox, ci lavorano dodici persone. Alla fine, a causa di questa vicenda, hanno perso il posto di lavoro 25 persone che ci hanno giustamente chiesto arretrati, Tfr e ciò che gli spetta. Cifre che non abbiamo potuto liquidare neanche in parte perché non abbiamo più riscosso un euro dall’Ast. Oggi comunque stiamo portando avanti altri progetti, abbiamo ottenuti dei brevetti importanti e grazie a Dio la situazione è migliorata».

L’avvocato Il legale che lo assiste, l’avvocato Carlo Viola, analizza l’esito dell’indagine: «Con la notifica degli avvisi di conclusione delle indagini – spiega – abbiamo potuto prendere visione delle carte processuali e di come il sostituto procuratore Elisabetta Massini abbia riscontrato, con puntualità e dedizione, tutto ciò che Cristian Spina ha denunciato nel corso del tempo. Sulle singole posizioni non mi soffermo: questo compito spetta ai magistrati competenti sull’inchiesta e i suoi sviluppi».

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