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Home » Biodigestore, terreno concesso al privato

Biodigestore, terreno concesso al privato

di Lucina Paternesi
27 Settembre 2016
in Ambiente e salute, Attualità, Dal territorio, Economia, Politica
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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L.P.

Nessun approfondimento, l’iter va avanti. E’ quanto ha deciso martedì pomeriggio l’aula di palazzo Cesaroni che a maggioranza dei suoi membri ha approvato la concessione «di una quota di terreno regionale in località Casone (Foligno) ad ‘Asja ambiente spa’ per la costruzione e la gestione funzionale ed economica di un impianto di produzione di biometano dalla digestione anaerobica e di un impianto di produzione di fertilizzante da compostaggio di rifiuti organici provenienti da raccolta differenziata».

Il voto Non ci saranno dunque ulteriori approfondimenti, né la questione tornerà in prima commissione come richiesto dalla consigliera Maria Grazia Carbonari del Movimento 5 Stelle prima della votazione che ha visto la maggioranza votare compatta con 12 sì, contrari invece Movimento 5 stelle e Lega Nord, astenuto Claudio Ricci e assenti, invece, i consiglieri Nevi, Squarta e De Vincenzi.

Criticità Viene così posto il primo mattoncino per la realizzazione di un’opera da 14 milioni di euro e che fa nutrire più di qualche perplessità circa i possibili effetti del biodigestore sull’ambiente circostante e sulla salute dei cittadini. E, soprattutto, «i cittadini non sono stati informati in merito al progetto, non c’è stata alcuna partecipazione – ha detto Maria Grazia Carbonari – l’impianto che verrà costruito in quella zona potrebbe essere una pentola a pressione dove i rifiuti, riscaldati a 50 gradi, produrranno una miscela di gas. Quell’area è già ambientalmente compromessa dalla presenza di un depuratore, di un impianto di selezione rifiuti, di una discarica dismessa, di una discarica di rifiuti tossici in corso di bonifica e di un mattatoio. Deve essere dunque rispettato il principio di precauzione».

Il comitato Nonostante le oltre 2.500 firme raccolte dal comitato che si è costituito contro l’impianto e che martedì era presente a Perugia, sui rischi ambientali ancora non ci sono certezze. Fughe di gas, incendi, esplosioni, eventuali dispersioni di liquidi contaminati, come ha ricordato Emanuele Fiorini della Lega, non possono non essere tenuti in considerazione. Annunciando la propria astensione, anche Claudio Ricci ha ricordato come siano mancati approfondimenti tecnici in commissione, mentre per Liberati il fatto che 22 comuni, quelli all’interno dell’Ati 3, abbiano scelto di accumulare rifiuti in un solo comune attraverso un impianto sovradimensionato lascia aperte molte perplessità.

Interessi privati «Quando si è lasciato andare il privato, nel caso dei rifiuti, a briglie sciolte – ha proseguito Liberati – perché i controlli non hanno funzionato, alla fine ci ha pensato la Prefettura. È necessario aprire un tavolo di concertazione permanente con associazioni, comitati, che hanno lo stesso diritto di cittadinanza degli altri, degli altri interessi meramente economici che ci stanno dietro, altrimenti noi assecondiamo dei giochi molto, molto pericolosi». Sul tema, caldo e scottante, è intervenuta anche la presidente Catiuscia Marini, ricordando come l’impianto sia stato richiesto dai comuni e dalla società pubblica che ha in gestione il ciclo dei rifiuti. «Ci sono tutti i pareri tecnici necessari – ha concluso la presidente – la discussione non attiene al contenuto dell’atto. Le valutazioni sulla Via possono essere fatte dopo che è stato predisposto un progetto, per il quale serve la disponibilità dell’area, che ad oggi non c’è».

Marini Per la giunta, al momento nell’Ati 3 si delinea una situazione di debolezza dal momento che manca un’impiantistica di chiusura del ciclo, ad eccezione di Sant’Orsola, la discarica oggetto di un provvedimento del Tar dell’Umbria che, nei giorni scorsi, ha annullato le delibere della Regione con cui si escludeva la Via e si autorizzavano maggiori conferimenti. «L’impiantistica intermedia è un’altra cosa: se vogliamo seguire le buone pratiche essa è indispensabile per ridurre il più possibile i rifiuti che poi finiscono in discarica o vengono inceneriti. – ha chiarito la presidente –  Oggi le tecnologie e la ricerca ci mettono a disposizione la possibilità di realizzare una impiantistica industriale che si inserisce nella fase della raccolta differenziata e della separazione. L’alternativa è il ‘modello Roma’, con treni carichi di rifiuti che finiscono in Germania, con spese maggiorate a carico dei cittadini». La Marini, dunque, ha difeso il progetto, aggiungendo che «Stiamo perseguendo interessi di natura pubblica per garantire il massimo di autosufficienza per quell’area. Per difendere Orvieto e Terni bisogna fare questi impianti, diffusi sul territorio».

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