di Fabio Toni
«Quando ti trovi in certe situazioni, ed io ho avuto un figlio ucciso nel pieno dell’età da un uomo che guidava ubriaco e senza mai aver conseguito la patente, ti assalgono i pensieri peggiori e anche la sete di vendetta. Ma poi deve vincere la ragione perché la giustizia ‘fai da te’, questa sorta di far west, è inaccettabile e non porta a nulla. A Vasto si è aggiunto dolore ad altro dolore e abbiamo perso due volte. È lo Stato a dover garantire giustizia, interrogandosi però su ciò che non va. Su quanto la burocrazia e le lentezze pesino e finiscano per rendere ancora più insopportabili situazioni che sono già di per sé impossibili da vivere».
La tragedia A parlare è Marcello Fiaschini. Suo figlio Riccardo il 13 luglio del 2009 era in sella ad uno scooter quando venne travolto e ucciso da Ioan Munteanu lungo la strada fra Todi e Avigliano Umbro, in località Pesciano. L’uomo, 48enne di origine rumena, era ubriaco – con un tasso alcolemico triplo rispetto al normale ad oltre un’ora dall’incidente – e senza alcun titolo per guidare: privo di patente, assicurazione, con le gomme dell’auto consumate oltre ogni regola. Nel maggio del 2015 – a quasi sei anni dal fatto – Munteanu è stato condannato a cinque anni di reclusione e al pagamento di 660 mila euro di provvisionale, con espulsione immediata dal territorio nazionale.
La vendetta di Vasto Una vicenda terribile, che torna d’attualità dopo il gravissimo fatto accaduto mercoledì a Vasto, dove il 21enne Italo D’Elisa è stato ucciso a colpi di pistola dal 34enne Fabio Di Lello. L’uomo aveva perso la moglie Roberta lo scorso luglio, investita e uccisa dal giovane che con la propria auto non si era fermato al ‘rosso’ del semaforo.
«Dobbiamo interrogarci» «Sarei un ipocrita se dicessi che la tentazione di farsi giustizia non esista. Certi pensieri – afferma Marcello Fiaschini – ti vengono, specie quando nessuno ti chiede neppure ‘scusa’, come è accaduto a me, quando il responsabile non si presenta neanche ad un’udienza, quando chi ha ucciso continua a fare la propria vita come se nulla fosse. Ma in un paese civile è la giustizia a dover fare il proprio corso, colmando il vuoto che si crea dopo fatti del genere. E quello che è accaduto a Vasto è inaccettabile. Da parte mia posso solo dire che questo peso che tanti si portano dentro (Marcello Fiaschini è il responsabile provinciale dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada, ndR) può essere alleviato da una giustizia veloce e che dia la certezza della pena, fungendo anche da deterrente. Certe lentezze non aiutano e il dolore spesso prende il sopravvento».

Le battaglie L’associazione che vede Marcello Fiaschini impegnato in prima linea, anche in ricordo del figlio Riccardo – e ogni anno a Terni si tiene un memorial intitolato allo sfortunato ragazzo, nel segno dello sport e dell’amicizia – si batte da tempo per inasprire le sanzioni e le pene per chi si rende responsabile di condotte scellerate alla guida o di incidenti stradali con gravi conseguenze: «Una delle battaglie che portiamo avanti è quella relativa all’utilizzo del cellulare alla guida. Una cattiva abitudine che riguarda tutti e che è causa di decine di gravissimi incidenti. Cerchiamo di portare il nostro messaggio nelle scuole ma serve anche un impegno diverso da parte dello Stato e delle istituzioni. L’introduzione del reato di omicidio stradale è per noi una vittoria, un passaggio estremamente positivo, anche se questa legge può e deve essere migliorata. I veri risultati si vedranno con la conclusione di alcuni processi: non è possibile che chi uccide sulla strada, in maniera il più delle volte scriteriata, riceva una condanna più mite che se avesse rapinato la vittima».
«Professionisti-squali» «La giustizia – conclude Marcello Fiaschini – deve arrivare prima, mentre in Italia i tempi sono biblici. Anche le vittime, al di là di alcune associazioni come la nostra che offrono un supporto psicologico, vengono quasi sempre lasciate sole o, nel peggiore dei casi, finiscono in mano a presunti professionisti che cercano solo di trarre vantaggi per sé, personali ed economici. Se il fatto di Vasto ci lascia sgomenti e indignati, è comunque giusto interrogarsi e capire perché ci sia questo sentimento di sfiducia verso la giustizia italiana. Per crescere, tutti noi, e magari migliorare finalmente ciò che non va».