di F.T.
Già finire in carcere è di per sé una storia, se poi è seguita dall’assoluzione – come è accaduto al geometra ternano Riccardo Lazzari -, raccontarla è quasi una liberazione. Figuriamoci se durante i giorni della detenzione, relativamente pochi nel suo caso, si finisce per incontrare e conoscere uno dei principali criminali della storia italiana contemporanea.
Scambiato per un altro nell’indagine di mafia: geometra ternano assolto dopo l’arresto
L’arresto e l’arrivo in carcere
«Il mio arresto risale all’alba del 3 settembre 2020 – ricorda Lazzari, recentemente scagionato con formula piena dal gip di Milano -. Dopo le formalità di rito, in tarda mattinata ero stato trasferito nel carcere milanese di Opera, in una sorta di isolamento legato al Covid, come per tutti i nuovi arrivati. Pur scosso, mi sentivo abbastanza sereno perché consapevole di non aver commesso nulla. Lì, in carcere, c’è davvero un mondo e dalla mia cella singola potevo parlare con i detenuti che avevo di fronte e accanto, senza vederli ma sentendo le loro voci. Quasi tutti avevano minimo 20 anni di carcere da scontare e, parola dopo parola, forse per i miei modi, il lavoro svolto, perché davo del lei a tutti, credo di aver guadagnato una sorta di rispetto, ovviamente reciproco. Tanto da diventare per tutti ‘l’ingegnere’ – sorride -, anche se sono semplicemente un geometra. Il sabato seguente l’arresto, poi, ho fatto l’interrogatorio di garanzia e, una volta tornato in cella, tutti i ‘compagni’ hanno cercato di confortarmi: ‘Vedrai che esci presto, stai tranquillo’».
Il gesto
«Una sera, l’ultima trascorsa in carcere – prosegue Riccardo Lazzari – ho sentito un certo trambusto. Premetto che dalla mia cella riuscivo a vedere l’ingresso della clinica di cui la casa di reclusione di Opera è dotata. Quella notte è arrivato un furgone della penitenziaria che ha portato nella cella accanto alla mia un uomo dal forte accento campano. Si rivolgeva con tono deciso agli agenti e dai corridoi ho sentito che in tanti lo salutavano, quasi a dire ‘bentornato’. Ad un certo punto quest’uomo ha chiesto agli agenti penitenziari di poter avere i suoi effetti personali, compresa l’acqua perché ne era sprovvisto e aveva molta sete. Io avevo fatto spesa in carcere, per chi non lo sapesse è possibile, e avevo con me alcune bottiglie di acqua. Così gliene ho offerta una: ‘Ascolti – gli ho detto – se ha sete prenda la mia di acqua».
«Io so chi è lei»
«A quel punto l’uomo – ricorda il geometra ternano – ha preso l’acqua ed ha allungato la mano verso la mia, attraverso la porta della cella, stringendomela e ringraziandomi. Gli ho semplicemente risposto che se aveva bisogno di qualcos’altro e potevo aiutarlo, ero lì. Il giorno seguente sono uscito per l’ora d’aria e, passando di fonte alla sua cella, ho sentito che parlava di me con un altro detenuto: ‘Menomale che stanotte questo amico qui mi ha dato una bottiglia d’acqua. Mi ha fatto un gran piacere e la devo ringraziare tanto dottore’. Al che ho risposto che era stato un gesto semplice e che dottore non sono, bensì geometra: ‘Io lo so chi è lei, stia tranquillo’ mi ha risposto, lasciandomi un po’ sorpreso».
La scoperta
«Lo stesso giorno, verso le sei del pomeriggio, è arrivato nella mia cella un agente della penitenziaria: ‘Lazzari, lei è scarcerato. Non ha vincoli di sorta, può andare’. Ho raccolto le mie cose e tutto quello che avevo comprato in carcere e l’ho lasciato agli altri detenuti. Prima di andare, l’uomo a cui avevo dato l’acqua mi ha stretto la mano con calore: ‘Lei è una gran brava persona – mi ha detto – e qui dentro non deve più tornarci. Si vede che l’hanno messa in mezzo, frequento questi posti da tanti anni…’. Così l’ho saluto e sono uscito. Una volta fuori dai cancelli, una agente mi ha chiesto: ‘Senti, ma lo sai chi era quella persona che ti parlava?’. Le ho detto di no e allora lei: ‘Era Raffaele Cutolo’. Pensavo mi stesse prendendo in giro, poi mi ha fatto capire, mostrandomi una piantina, che era tutto vero. ‘Noi sappiamo tutto qui – ha aggiunto – e sapevamo già che aveva detto ai suoi compaesani campani che c’era una bravissima persona che gli aveva passato l’acqua. Aveva anche lasciato detto di ‘trattare bene l’ingegnere’».
Il ricordo
Raffaele Cutolo, il capo supremo e fondatore della nuova camorra organizzata, condannato in via definitiva a 14 ergastoli, sarebbe morto di lì a pochi mesi a Parma. Era già gravemente malato: «Medico e infermieri gli somministravano antidolorifici e cortisone. Lui ogni tanto si chiedeva quando sarebbe finito quello strazio, perché non ce la faceva più. Ricordo che vestiva sempre con una giacca da camera legata in vita, maglioncino a collo alto, aveva i capelli rasati e occhiali da vista. Forse era stato trasferito ad Opera per qualche visita medica, visto che lì c’è questa clinica. E averlo incontrato rappresenta un po’ l’assoluta particolarità di quei momenti, per me e per i ricordi che comunque mi porterò dentro».
Appendice
Per la cronaca, l’assoluzione di Riccardo Lazzari – già dipendente Anas, arrestato nell’ambito di un’indagine della Dda di Milano sulle inflitrazioni mafiose nei cantieri stradali lombardi – è legata al fatto che il geometra ternano era stato scambiato dagli inquirenti per un altro soggetto, tale ‘Fausto il pugliese’. Vicenda dolorosa ma definitivamente chiarita.