di Francesca Torricelli
«Una pista ciclopedonale ultimata nel 2023, inaugurata nel 2024 e costata milioni di euro, oggi è diventata un percorso a ostacoli, se non un pericolo vero e proprio. È quella che collega Terni a Narni Scalo lungo il fiume Nera. Un’opera strategica per il territorio, per la mobilità sostenibile, per il turismo, ma anche, semplicemente, per chi vuole fare due passi o una pedalata in mezzo al verde. Peccato che oggi quella pista sia diventata un piccolo incubo». A raccontarcelo è un cittadino ternano che la frequenta sin dall’inaugurazione e che oggi ha voluto denunciare pubblicamente lo stato in cui versa il percorso.
«Sono partito da Terni come sempre, in bici – ci ha detto – ma a metà percorso mi sono dovuto fermare perché la vegetazione era talmente fitta che non si riusciva più a passare. Rami, sterpaglie, piante alte e invasive: mi sono graffiato le braccia ed era impossibile proseguire. La pista è in condizioni pietose, la vegetazione ha invaso completamente la carreggiata, non si capisce più dove sia la strada». Ma per lui «non è solo una questione estetica o di disagio, è soprattutto un problema di sicurezza. C’erano famiglie, bambini, ciclisti, tutti si lamentavano. È pericoloso perché non si vede nulla, rischi di scontrarti con chi viene dall’altro lato. E poi, in mezzo a quella giungla, può capitare di tutto: serpenti, insetti, magari una vipera. Anche per chi va a piedi è un rischio».
Il ciclista denuncia «un malcontento sempre più diffuso tra chi sperava in una vera infrastruttura green e invece oggi si trova davanti a un percorso non solo impraticabile, ma ormai compromesso. Anche se tagliano l’erba non sarà mai più come prima perché la vegetazione ha attecchito sullo sterrato, sta crescendo in mezzo alla strada. La pista è stata letteralmente mangiata». Uno sfregio, insomma, a un’opera «che avrebbe dovuto valorizzare l’intera area e che oggi viene percepita come l’ennesimo esempio di spreco e incuria. È scandaloso aver speso milioni per qualcosa che oggi non è più fruibile e che, con ogni probabilità, non tornerà mai come prima. La manutenzione, in casi come questi – conclude – non è un dettaglio, è la differenza tra un’opera pubblica utile e uno spreco di risorse».
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