Ast, Federmanager: «Perimetro vendita resta da definire»

«La direzione della concorrenza europea e il governo italiano non possono continuare a giocare a rimpiattino»

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di Fedemanager Terni

Se il quadro è ancora tutto da definire, almeno la cornice comincia a delinearsi. Sappiamo che la lista degli interessati si è ridotta a quattro, di cui due italiani e due soggetti extra comunitari. Non è questo il tempo per fare il tifo per nessuno, almeno fino a quando non saranno dichiarate le offerte vincolanti e non disporremo dei piani industriali sottostanti alla proposta, così da avere qualche dettaglio sui mezzi finanziari e sulle loro destinazioni. O, forse, un tifo possiamo continuare a farlo, ma per la sola Ast.

Vendita Ast, ‘fase 2’ aperta. Chiusura prevista per ottobre

Proviamo a mettere in riga alcune considerazioni possibili:
a) a meno che la Thyssenkrupp non decida di rimanere con una partecipazione di minoranza, resta il problema di definire il perimetro della vendita, in maniera che oltre ai siti produttivi si ufficializzi una parola chiara sui centri di servizio, specie quelli collocati in Europa. La direzione della concorrenza europea e il governo italiano non possono continuare a giocare a rimpiattino; se la presenza di un quarto player UE è ancora un’esigenza, esso non può essere un semplice ologramma ma piuttosto deve conservare una struttura, un’articolazione e un’organizzazione che ne rendano la presenza reale e competitiva.

B) chi compra deve avere un progetto che permetta di superare il disallineamento tra area a caldo e quella a freddo. A forza di parlare di 950mila/un milione di tonnellate ci siamo dimenticati delle reali maggiori capacità tecnologiche e produttive degli impianti esistenti e del sacrificio in termini di occupati e di ottimizzazione dei costi che la decisione comunitaria del 2014 ci ha imposto. Che questa grave e attuale disarmonia possa essere eliminata (o con un ampliamento del mix prodotti o con un potenziamento dei processi e degli impianti a valle) competerà ai piani industriali di chi acquista. Questo aspetto dovrebbe essere l’elemento decisivo nella scelta del soggetto subentrante.

C) Se le circostanze (finanziarie o geopolitiche) dovessero richiedere una compartecipazione dello Stato, si dovrebbe fare in modo che l’apporto di capitali pubblici venga destinato alla riconversione ed al potenziamento dei progetti green, perché se non si comincia a costruire oggi un’acciaieria sempre più ecosostenibile, si rischia di optare per soluzioni tampone, valide forse per gli interessi di bilancio e di cassa dell’azionista, ma non per il sistema economico nazionale.

D) Taranto, Piombino e Terni sono importanti per la siderurgia italiana ma hanno pochissimi punti in comune e scarse sinergie realizzabili, se considerati come un unico aggregato. Quali siano i contenuti di un possibile piano nazionale dell’acciaio lo abbiamo già indicato, ragione per cui non concordiamo con chi immagina ‘matrimoni tra consanguinei’

E) Riflettiamo seriamente sulla possibilità che questa circostanza possa favorire un dibattito serio anche sui futuri sistemi di governance della nuova realtà societaria. È tempo che più che conflitti si ricerchino modalità e forme che favoriscano processi di corresponsabilità e di coinvolgimento. Gli strumenti giuridici ci sono, quello che necessita sono le basi culturali e la conseguente volontà di attuarle. Non abbiamo la presunzione di avere elencato tutto ma, sicuramente, alcuni dei temi più sensibili. Dobbiamo tutti fare uno sforzo dialettico di confronto, specie a livello territoriale e nazionale, per arrivare preparati alla trattativa che non sarà né semplice né agevole.

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