Ast, lì dove crescono solo paure e steccati

Nel 2014 è stato fatto un bel sospiro e si è mandato nel dimenticatoio il problema – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Qualcuno pensava forse che il problema non si sarebbe ripresentato? E, infatti, eccoci qua. Ecco le prime avvisaglie. La produzione dell’acciaieria sembra sia eccedente le commesse e allora si ferma il forno. Il che è come dire che al malato si fa un’iniezione a frenare il battito del cuore.

Dal 2 dicembre 2014 è passato meno di un anno e mezzo. I 290 posti di lavoro che Terni doveva sacrificare, non ci sono più ma l’impegno di Ast che assicurava una produzione minima di un milione di tonnellate, pare sia già stato buttato nel cestino.

E a Terni si ricomincia a tremare per la sorte della fabbrica più importante, attorno alla quale l’incertezza dura ormai da troppo tempo tra cambi di proprietà più formali che sostanziali (da ThyssenKrupp a Outokumpu, poi di nuovo Tk ma accolti come parenti poveri) e proclami di “efficientazione” da parte dell’amministratore delegato di turno. Ma ancora è lontana da raggiungere la cifra dei cento milioni d’investimenti promessi.

Giusto una settimana fa la visita di alcuni pezzi grossi ThyssenKrupp aveva fatto nascere qualche speranza. C’è chi s’è azzardato a pensare che si mettesse finalmente in atto una parte di quell’accordo, a rilanciare – cioè – la rete commerciale su cui c’era un impegno.

Non sembra sia andata così. I tedeschi fanno la loro parte: se hanno deciso di non occuparsi più di produzione d’acciaio così faranno. Apparve chiaro, subito, che la cura Morselli serviva a razionalizzare la fabbrica, sì, ma renderla il più appetibile possibile sul mercato e venderla a un prezzo che non fosse da saldo.

Qualche compratore s’è fatto avanti, pur se si ragiona sempre in base ai si dice. Ogni volta che un “si dice” è rimbalzato in città c’è stato chi s’è impaurito o ha sgranato gli occhi, sorpreso. Così come si fa, alzando subito steccati, alle voci di un qualche interesse degli indiani.

Attorno al letto d’ospedale su cui sta adagiata l’economia cittadina, sembra che tutti decidano o tentino mosse, e a Terni non si riesce a far altro che preoccuparsi e a discutere attorno al sesso degli angeli. La reazione alla preoccupazione si risolve in un battito di denti.

Nel 2014 non appena risolta in una qualche maniera la vertenza acciaierie è stato fatto un bel sospiro e si è mandato nel dimenticatoio il problema. Nessuno ha pensato che quello era solo un nuovo stimolo elettrico che teneva in vita il paziente, attaccato al filo di una macchina.

Quel che si è fatto dopo è stato come spruzzargli un po’ d’acqua fresca sul viso, ma la malattia può essere affrontata solo con cure energiche. Vabbé la raccolta di firme per pungolare il governo, ma è davvero poca cosa.

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