Che la Basell avesse intenzione di ‘fare le pulizie’ nell’area che aveva ospitato i suoi impianti, umbriaOn lo aveva scritto il 4 aprile. Ora, però, arriva una presa di posizione – che si trasforma in denuncia – interessante.
La richiesta Il centro studi ‘Malfatti’, dice il direttore Danilo Stentella, «appresa la notizia dell’imminente smantellamento dell’edificio del laboratorio ricerca della ex Polymer, oggi di proprietà Basell, e della probabile dispersione delle preziose e storiche strumentazioni presenti al suo interno, ha provveduto ad inoltrare alla Soprintendenza alle belle arti e paesaggio dell’Umbria una richiesta di avvio del procedimento per la dichiarazione di manifestazione di interesse per l’immobile e il suo contenuto, al fine di consentire almeno il recupero e la ricollocazione del prezioso materiale tecnico, la cui conservazione potrebbe essere permessa anche dalla messa a disposizione da parte del Comune di Terni degli enormi spazi presenti all’interno dell’ex elettrochimico di Papigno, di recente oggetto dell’altisonante evento denominato, in perfetto anglosassone, Papigno Open Day».
LA ‘DICHIARAZIONE DI INTERESSE’
La polemica Dal momento, ricorda Stentella, «che un clamoroso furto avvenuto nell’estate del 2012, scoperto e denunciato grazie al nostro centro studi, ha letteralmente svuotato il magazzino dove erano stati collocati i telai dello Iutificio Centurini, i macchinari della Tipografia Alterocca e alcuni strumenti della Bosco, proprio in quel luogo, opportunamente protetto, stavolta, potrebbero essere ordinatamente ricoverati i preziosi strumenti dell’ex laboratorio ricerche della Polymer».
La storia Il laboratorio ricerche «fu istituito sul finire degli anni 50 del ventesimo secolo, e per circa un ventennio ha rappresentato la chiave del successo di gran parte della chimica italiana, consentendo di sviluppare e perfezionare brevetti di importanza mondiale. In quei locali e con quelle strumentazioni hanno lavorato il premio Nobel per la chimica Natta, l’Ingegner Olivieri, e i più importanti nomi della chimica mondiale del secondo dopoguerra».
La stazione Nella stessa istanza il centro studi ‘Malfatti’ chiede «l’avvio del procedimento anche per la conservazione della stazione ferroviaria a servizio del complesso industriale, in stile razionalista, risalente alla fine degli anni 30 del ventesimo secolo, anch’essa oggetto di progetti di distruzione».
La denuncia Secondo il direttore Stentella, «l’aspetto veramente paradossale di questo nostro tentativo di salvaguardia di un patrimonio archivistico, strumentale e di archeologia industriale, che rappresenta un simbolo per tutto il Paese e per il mondo, è il sostanziale immobilismo esercitato fino ad oggi da tutte quelle istituzioni, pubbliche e private, che negli ultimi trenta anni hanno annunciato di voler salvaguardare quel patrimonio, producendo tonnellate di carta, migliaia di ore di convegni, acquisito e speso fiumi di denaro pubblico, dispensato cariche in comitati e istituti di settore dai nomi altisonanti, e tutto per lasciar distruggere una quota significativa del nostro patrimonio di archeologia industriale, che proprio negli anni 80 del ventesimo secolo, quando tutti questi professori, associazioni e organizzazioni si accingevano ad annunciarne la salvaguardia era ancora pressoché integro».
L’affondo Il direttore del centro studi ‘Malfatti, usa l’accetta: «Penso al discutibile recupero della Siri, incastonata dentro una becera area di fitta speculazione edilizia, soffocata da un ipermercato, alla distruzione inspiegabile dello Iutificio Centurini, raso al suolo in una estate di non molti anni fà, allo stato di abbandono dell’area Gruber, oggetto di un pessimo e inutile progetto di edificazione di condomini, che stringerebbero in una morsa il bastione finale del canale Nerino, distruggendone i suoi grandi e affascinanti canali sotterranei di sfogo, alla dispersione di importantissimi archivi aziendali, alcuni persi definitivamente, altri depredati prima che le istituzioni preposte potessero occuparsene».
«Faremo i conti» Poi arriva la minaccia finale: «In concreto, mentre i grandi attori istituzionali si preoccupano di apparire, magari organizzando belle scampagnate di immagine, noi facciamo convegni e ricerca, ma continuiamo ad impegnarci concretamente per la salvaguardia del patrimonio culturale, senza gravare minimamente sulle finanze pubbliche. Ritengo sia giunto il momento di fare la contabilità di quanto denaro pubblico è stato elargito in questo periodo oscuro a beneficio di chi si è occupato di archeologia industriale, a fronte di quale beneficio l’operato di questi attori abbia generato per la collettività. Ce ne occuperemo presto».