Caso Gesenu, Cerroni pronto a lasciare

E’ questo il contenuto dello scambio epistolare tra l’imprenditore romano, socio al 45% di Gesenu, e il vicesindaco Urbano Barelli

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L.P.

Se al vicesindaco di Perugia Urbano Barelli un merito va riconosciuto, è sicuramente quello di aver messo d’accordo, per la prima volta, il Partito democratico e il Movimento 5 stelle.

Manlio Cerroni al convegno dello scorso 6 febbraio a Perugia

Manlio Cerroni al convegno dello scorso 6 febbraio a Perugia

La protesta Così infatti lunedì pomeriggio i consiglieri comunali di opposizione hanno abbandonato l’aula in segno di protesta contro il vice sindaco che, dopo l’approvazione di una mozione di censura nei suoi confronti, si è presentato con un documento di 13 pagine in cui si afferma che in Consiglio si fa un «uso eccessivo e distorto degli ordini del giorno che giacciono lì (sono 64) in attesa di essere discussi. E’ evidente quindi che senza una corretta impostazione giuridica e senza il vaglio di proponibilità da parte del presidente del consiglio comunale la situazione difficilmente migliorerà». Un documento forte, che lo stesso presidente Varasano non ha apprezzato. La mozione di censura approvata in conferenza dei capigruppo era stata motivata con la necessità di capire perché il vice sindaco Barelli non avesse condiviso con il consiglio comunale tutte le informazioni in suo possesso circa la questione Gesenu e, soprattutto, perché avrebbe tenuto all’oscuro l’intero consiglio comunale di quello scambio epistolare con Mario Cerroni, socio privato di Gesenu.

Il gassificatore Uno scambio di lettere, quello tra Barelli e Cerroni, che per il vicesindaco non sarebbe di pubblico interesse neanche quando Cerroni scrive «che la Gesenu, oltre agli interventi programmati nel piano industriale approvato lo scorso ottobre, per essere completa e acquisire a livello europeo il titolo di eccellenza ha bisogno al centro di Pietramelina di un gassificatore (ultima avanzata tecnologia per trasformare in energia elettrica il CDR/CSS derivato dalla lavorazione dei rifiuti e annullare le emissioni inquinanti), così come previsto nel decreto governativo in itinere; ciò anche per superare o quanto meno ridurre (intorno al 5% dei prodotti residui) la discarica in funzione di deposito di inerti e innocui, così come aveva previsto e rappresentato alle Autorità già nel gennaio 2005 la Gesenu».

Nella sua risposta Barelli si dice contrario alla realizzazione di un gassificatore a Pietramelina, dal momento che il centro, per anni, ha raccolto rifiuti e oggi necessita solo di interventi di ripristino ambientale. Nell’ottica della strategia ‘Rifiuti zero’ cui, secondo Barelli, sarebbe improntata la politica ambientale del comune di Perugia, il rilancio di Gesenu dovrebbe concretizzarsi con la disponibilità dei soci privati ad investire nel progetto di ammodernamento degli impianti e, dall’altro, nell’aggiornamento dello statuto della stessa società. «Ove tale interesse non vi sia e non vi sia quello ad investire – risponde ancora Barelli – la prego di informarci quanto prima».

L’interdittiva Non solo, Cerroni se la prende con quell’«assurda interdittiva che ci ha mozzato le ali» e si dichiara pronto a chiedere i danni per quanto è accaduto a lui e all’intera compagine societaria privata, «a meno che non mi dimostrino che le supposizioni alla base dell’interdittiva trovano conferma nei fatti e che fatti per me non sono quelli di operai più o meno mafiosi o camorristi che lavorano in Sicilia, dove la Gesenu è stata chiamata dalla prefettura di Catania quale società pulita ad operare nel settore stante lo stato di emergenza ambientale». E infine Cerroni si congeda: «Questa vicenda – scrive l’avvocato imprenditore – può avere uno sbocco nel bene e nel male; se nel bene io chiederò il conto a tutti e tornerò ad essere in prima persona l’imprenditore che opera da settant’anni nel settore; se nel male prenderò amaramente atto che il mio tempo in Gesenu è finito, troverò il modo di passare la mano nell’interesse del servizio della città e della Regione ma continuerò a difendere le mie buone ragioni nella speranza di trovare, magari a…Berlino, un giudice che me ne dia atto».

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