Cessione Ast, parla Federmanager: «Si torni alla massima produzione ‘a caldo’»

Terni – Il sindacato sul piano nazionale della siderurgia, quello industriale dell’acquirente e ruolo del Governo e dell’Europa

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di Federmanager Terni

La volontà e la manifestazione di interesse ad incontrare le parti sociali sul tema ‘vendita Ast’, trova da parte di Federmanager condivisione e interesse soprattutto dopo aver sventato il tentativo da parte della Commissione Europea di escludere gli acciai inox e speciali dal pacchetto FIT for 55. Questa notizia tempestivamente denunciata da Federmanager, ha permesso il recupero e l’inserimento dell’inox tra i prodotti soggetti a CBAM (adeguamento del carbonio alle frontiere). Tale cambiamento normativo è stato reso possibile grazie all’impegno di tutte le forze politiche che hanno raccolto l’allarme da noi lanciato. Come organizzazione che associa i manager industriali della provincia, di seguito ci permettiamo di ribadire quanto già illustrato più volte nei nostri comunicati e, pur nell’incertezza delle notizie, proviamo qui di seguito ad illustrare alcuni punti fermi che dovrebbero caratterizzare lo sforzo comune.

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Piano nazionale della siderurgia

Assolutamente utile come altri piani di settore anche per definire una politica industriale che incoraggi il passaggio della manifattura italiana verso una crescita sostenibile. Va chiarito che non può ridursi ad essere una riedizione del ‘piano Senigaglia’, vuoi per il contesto produttivo mondiale ma anche per le nuove tecnologie. Nella nostra vicenda, pensare a forme di aggregazione Taranto, Piombino, Terni è inutile, dannoso e non porta alcuna forma di economie sia di scala che di aspetti sinergici. Il piano deve definire linee strategiche in merito alle fonti energetiche elettriche (costi e rinnovabili) sia del metano. Ma deve anche collegarsi ai sistemi industriali di destinazione dell’acciaio (ad esempio nell’auto va ancora sostenuta la sostituzione delle vecchie auto a combustione con gli Euro 6.2 perché promuovere esclusivamente l’ibrido e l’elettrico, rischia di generare un ambientalismo d’élite che favorisce solo le classi agiate). Analogamente vanno dette parole chiare e strategie conseguenti sulle materie prime seconde, così come l’esigenza di legare le installazioni di nuova capacità fusoria da forno elettrico alla produzione di materiali low carbon come il preridotto e l’HBI a base gas, nonché investimenti funzionali alla logistica distributiva anche riferiti al materiale fornito/destinato a Terni (strade, ferrovie, porti, interporti).

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Piano industriale dell’acquirente

È comprensibile che si chieda quanto meno la conservazione dell’esistente in termini di asset e di forza lavoro. Ma l’obiettivo deve essere ambizioso. La nuova proprietà deve poter essere in grado sia di investire per portare a regime l’inox a freddo, sia di riprendere i progetti di nuovi prodotti e processi. Ma, soprattutto dobbiamo insistere perché l’area a caldo torni ad essere utilizzata per l’intera capacità produttiva (1,5 milioni di tonnellate), vuoi per ragioni di costi che di possibili e necessari aumenti di organici. O mettiamo una pezza alla penalizzazione subita prima nel 2008 e poi nel 2014, o lo stabilimento rischia di vivacchiare senza prospettive certe. Il nuovo soggetto deve scrivere parole chiare in merito ad un impegno anche con partner europei nei processi di creazione e di utilizzazione dell’idrogeno (nel medio periodo anche di tipo grigio ) ed un importante sforzo di ricerca nella cattura ed utilizzo della CO2. Particolare attenzione va posta all’aspetto commerciale. La nuova proprietà deve essere in grado di posizionare lo stabilimento in un contesto di produzione e commercializzazione sia europeo che extra europeo e che escluda in maniera categorica il presidio dell’opificio ternano al solo mercato domestico. Per quanto è dato di sapere la decisione della TK non è quella di cedere il settore dell’acciaio inossidabile, ma solo la sua produzione e mantenersi, invece, la commercializzazione attraverso i centri di finitura ed i centri di servizio. Questa scelta è in aperta contraddizione con i deliberati della Commissione UE in quanto i centri di servizio debbono essere considerati essenziali per la distribuzione e commercializzazione del prodotto nonché funzionali all’ottica del servizio al cliente ed alle esigenze dell’utilizzatore di acciaio inox. L’eventuale ricerca di una partnership industriale – in alternativa alla vendita – non deve delegare a Thyssenkrupp Materials la commercializzazione dell’inox in Europa ed extra UE ma deve articolarsi come potenziamento del player europeo per essere realmente concorrenziale con i competitors comunitari su tutti i mercati. Peraltro, una scelta siffatta non può non coinvolgere un esame approfondito dell’Antitrust europeo in considerazione delle alterazioni qualitative e quantitative nel processo di downstream dell’offerta, tali da creare presupposti di posizioni dominanti e lesioni dei comportamenti nel mercato competitivo della UE. L’eventuale presenza di TK deve, soprattutto, cooperare attraverso il suo know how e quello del socio Uhde Chlorine Engineers, per la graduale transizione verso l’idrogeno e verso una marcata riduzione del carbon print. Ci aspettiamo parole chiare anche sul rapporto con il territorio come referente di grande efficacia nel calare nel concreto le relazioni con le imprese del ternano, favorendone la crescita sia in termini di volumi ma anche di ampliamento dello spazio geografico di competizione e che sappia contribuire, in una relazione dialettica con l’amministrazione locale, alla crescita civile e culturale della città. La vendita di Ast deve essere l’occasione per un nuovo meccanismo di governance dell’azienda nelle modalità e nelle forme consentite dalle nuove normative societarie.

Cosa ci aspettiamo dal Governo e dalla CEE

Alla luce di quanto verbalmente promesso sia dalla commissaria alla concorrenza che dalla presidente della commissione, chiediamo che il processo di vendita sia monitorato dalla Comunità Europea, dal Governo italiano e dell’Antitrust nazionale. Non si tratta di esprimere preferenze per l’uno o per l’altro degli eventuali offerenti, quanto la necessità che il quarto player europeo voluto dalla UE sia reale e concreto. In questo senso va richiesta una parola chiara alla TK sull’inserimento dei centri di servizio che erano stati attribuiti ad Ast, al fine di una reale presenza sul mercato europeo. Questo, naturalmente, non significa che gli eventuali offerenti potrebbero anche esserne interessati, vuoi per situazioni preesistenti o per la presenza di canali di distribuzione di tipo diverso o per accordi di partecipazione, ma si tratterebbe di una scelta che va posta in capo a chi si propone per l’acquisto e non a chi decide di disfarsi del comparto inox. Se le condizioni per una non penalizzazione di Ast dovessero richiedere una partecipazione finanziaria dell’Italia (diretta o tramite CDP o altro), questa non deve supportare il corrispettivo di vendita o la gestione corrente ma va subordinato ad investimenti di potenziamento tecnologico e/o ambientale o all’inserimento in piani nazionali sulla transizione industriale e nella produzione di fonti alternative per i processi o per la comunità ternana.

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