Cia: «In Umbria pensioni agricole più basse delle altre»

La Confederazione italiana agricoltori: «L’importo medio mensile è di 625 euro, sotto la media nazionale. Costretti a lavorare fino a 80 anni. Ricambio generazionale sempre più difficile»

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«Una vita di lavoro con le mani nella terra, sui trattori, sotto il sole o con la neve, senza conoscere vacanze, per arrivare infine a una pensione da fame. L’importo medio delle pensioni agricole oggi in Italia è il più basso fra tutte le categorie di lavoratori. in Umbria ancora peggio, l’assegno mensile per un ex agricoltore è più magro della media nazionale». Cia Umbria accende i riflettori sulle pensioni agricole in Umbria, analizzando gli ultimi dati dell’istituto nazionale di previdenza sociale.

I numeri

«Cominciamo dal confronto tra le pensioni agricole e quelle degli altri settori lavorativi. L’importo medio erogato per una pensione agricola nel 2020 in Italia è stato di 687 euro, contro 1.345 euro per i lavoratori dipendenti, 1.003 per gli artigiani, 1.021 per i commercianti e 1.998 per i dipendenti pubblici. In media, quindi, le pensioni agricole sono circa il 55% più magre degli altri settori. Il quadro si aggrava sul territorio regionale. Negli ultimi due anni, in Umbria, l’importo medio delle pensioni ai coltivatori, secondo le tabelle Inps, si è ridotto in modo costante: nel 2019 era di 634 euro, nel 2020 è sceso fino a 625 euro. Vanno peggio solo i pensionati che ricevono l’assegno sociale a livello nazionale, con un importo medio nello scorso anno di 416 euro. Nel 2020 sono state 7.640 le nuove pensioni liquidate ai lavoratori del settore agricolo nel Centro Italia, di cui 851 in Umbria. Un numero più basso, quest’ultimo, rispetto al 2019, che contava 891 pensioni liquidate nella nostra regione. Ad appendere il forcone al chiodo, nel 2020, in Umbria sono state più le donne: 559 nuove pensioni liquidate alle imprenditrici agricole umbre, contro le 292 agli uomini. Meno, però, che nell’anno precedente: 574 alle donne e 317 agli uomini, su un totale per il 2019 di 246.494 pensioni pagate in Umbria».

I ‘superstiti’

«Altro dato da tenere in considerazione – evidenzia – Cia Umbria – sono le pensioni ai ‘superstiti’: su 851 pensioni liquidate nel 2020 in Umbria (uomini e donne), ben 479 sono in questa categoria. La pensione ai superstiti è un trattamento pensionistico riconosciuto in caso di decesso del pensionato (pensione di reversibilità) o dell’assicurato (pensione indiretta) in favore dei familiari ancora in vita. Salta all’occhio come in Umbria siano per la maggior parte le donne ad ‘ereditare’ la pensione (ben 339 rispetto alle 140 liquidate agli uomini), con un’età media di 77 anni, invariata per il biennio 2019-2020. Quindi, non si tratta dei figli che subentrano al genitore, ma di mogli degli ex agricoltori deceduti. Emerge, quindi, chiaramente la difficoltà del ricambio generazionale dell’azienda agricola famigliare, dove i giovani che decidono di prendere in mano le redini dell’impresa dei genitori sono meno di quanto si immagini». Per Cia Umbria è, inoltre, opportuno ricordare che «in caso di pensione reversibile, alla morte del titolare di pensione, il coniuge senza figli a carico percepisce appena il 60% dell’importo, l’80% se ha un solo figlio ancora nello stato di famiglia e il 100% in caso di 2 o più figli a carico. Infine, aumentano in Umbria le nuove pensioni di vecchiaia liquidate, che passano da 129 nel 2019 a 204 nel 2020 (età media rispettivamente di 68 e 76 anni), mentre si abbassano quelle anticipate, da 176 a 139 (età media 63 anni nel 2019 e 62 nel 2020), e quelle di invalidità, da 59 a 29 (età media da 57 anni nel 2019 a 52 lo scorso anno)».

Lavorare fino a 80 anni

Il responsabile Anp Cia Umbria Vito Taticchi, sottolinea che «nell’ossatura del sistema sociale italiano le famiglie si supportano oggi più che mai con le pensioni. In agricoltura, accade il contrario. È infatti l’unico settore dove il pensionato, visto il valore scarso della sua pensione, deve essere aiutato dal resto della famiglia. Il risultato è che l’agricoltore è costretto a lavorare fino ai 75-80 anni, con un rischio elevato di incidenti sul campo, perché non ha più la lucidità necessaria. Infine, tutto questo ritarda ancora di più il ricambio generazionale in agricoltura e i piccoli imprenditori sono destinati a sparire. Si rischia lo spopolamento delle campagne e delle zone marginali, che senza pulizia di canali e fossi, sono facili vittime di alluvioni e frane. L’impoverimento del pensionato agricolo si traduce, pertanto – conclude Taticchi – in un impoverimento generale. Da anni la Cia lancia l’appello al Parlamento per aumentare le pensioni minime, ad oggi stabile a 515 euro, ma anche in quest’ultima Legge di Bilancio è rimasto inascoltato».

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