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Home » «Dopo il blocco dei licenziamenti c’è il rischio implosione»

«Dopo il blocco dei licenziamenti c’è il rischio implosione»

di Fabio Toni
29 Luglio 2020
in Economia, Imprese, Lavoro, Opinioni
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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della Cgil di Terni

La crisi economica e finanziaria che ha investito i paesi dell’occidente dal 2007, ha prodotto rotture sul piano sociale ed industriale così profonde che non hanno riscontri negli ultimi 50 anni di storia contemporanea. Illustri economisti ed istituzioni internazionali hanno ricostruito le origini, i processi e le responsabilità della crisi che è stata anche crisi morale e di valori. Qui sta forse l’elemento più sottovalutato e che invece rappresenta una prospettiva rilevante dei problemi che abbiamo davanti: una società che non vive più il valore aggregante del lavoro è una società chiusa in se stessa, senza identità collettiva.

CGIL TERNI, CIPOLLA: «COSTRUIAMO INSIEME IL FUTURO DEL TERRITORIO»

Fenomeni inimmaginabili quali sicurezza, aumento delle povertà e caduta del valore della rappresentanza hanno modificato il corso della vita quotidiana, rendendo tutti più deboli e insicuri nella gestione della vita ordinaria. A questa complessità di condizioni economiche difficili si è sommata negli ultimi mesi la fase dell’emergenza, dovuta al coronavirus, che ha evidenziato in modo ancor più marcato la concreta destrutturazione del mercato del lavoro avvenuta in questi anni.

L’area ternana non è stata risparmiata da questi eventi che ne hanno sconvolto l’apparente tranquillità, riconsegnando alla paura e all’egoismo un ruolo prioritario nei comportamenti sociali modificando fiducia e conseguentemente rappresentanza. L’osservatorio provinciale sull’economia ternana ci restituiva una situazione, nell’anno 2019, soltanto lievemente migliorata rispetto al 2018, con un incremento degli occupati, sia tra i lavoratori dipendenti sia tra gli autonomi, che interessava particolarmente i servizi del commercio e della ristorazione, settori che con la crisi epidemiologica vedranno probabilmente svanire la crescita occupazionale evidenziata.

A fronte della sostanziale tenuta del numero degli occupati nel periodo 2008-2019, bisogna necessariamente evidenziare un aumento esponenziale del lavoro part-time, da cui si evince una diminuzione delle ore lavorate, con un concreto peggioramento delle condizioni economiche delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti. In aggiunta a questo, il combinato disposto tra il decreto Poletti e il Jobs Act ha fatto lievitare anche sul nostro territorio i contratti a tempo determinato e il successivo intervento del decreto dignità ha solo parzialmente lenito questa condizione di aumento della precarietà.

Appare evidente che dalla crisi economica del 2008 è emerso un modello produttivo notevolmente differente rispetto al passato, una nuova organizzazione del lavoro che ha creato una pericolosa segmentazione e frammentazione, dove una enorme massa di lavoratrici e di lavoratori si ritrova precaria, in appalto, a chiamata, con basse retribuzioni, con contratti ‘pirata’ e continuamente esposta al ricatto occupazionale come strumento di ricatto sociale.

Quanto causato dalla crisi epidemiologica in questo contesto è stato e sarà devastante: oltre 16 mila lavoratori nel territorio provinciale sono stati destinatari di ammortizzatori sociali, senza contare i lavoratori atipici che hanno usufruito delle diverse indennità istituite dai vari interventi governativi. Una situazione di grave difficoltà, che ha contribuito a dare maggiore visibilità a casi di lavoro nero, grigio o sommerso.

Il timore è che al termine del blocco dei licenziamenti si assisterà ad un’implosione del sistema, che andrà ad aggiungersi alle tante annose vertenze aperte nel territorio nella filiera della siderurgia, della chimica, dell’agroalimentare e del turismo che hanno determinato, prima della pandemia, il giusto riconoscimento dell’area di crisi complessa. È necessario uscire da questa nuova fase utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, regionali e nazionali, per sviluppare occupazione di qualità ed attivare ammortizzatori sociali anche sull’anno 2020 per coloro che hanno perso il posto di lavoro non a causa del Covid.

In questo quadro intendiamo promuovere una riflessione che possa offrire una possibile e concreta prospettiva sul piano sociale ed economico, aggredendo le criticità e contrastando la rassegnazione. Creazione e distribuzione di ricchezza devono essere le priorità essenziali per ridurre il crescente fenomeno della povertà e del degrado, che ha colpito nel profondo il diritto ad una vita dignitosa delle persone. Ambiente, nuovo lavoro – con il sostegno all’attività di innovazione e ricerca – infrastrutture materiali e immateriali sono i presupposti necessari per pensare e promuovere una nuova idea di comunità civile ed economicamente stabile.

Se la crisi ha lasciato a tutti noi un insegnamento, questo è la rinnovata consapevolezza che, privandosi di programmazione e coordinamento pubblico, il mercato e le libere forze in esso operanti non sono capaci di creare benessere diffuso e di promuovere l’uguaglianza. Per queste ragioni proponiamo a tutti gli attori sociali ed istituzionali di cogliere l’occasione, attraverso un nuovo modello di relazioni, per aprire un confronto per definire un ‘patto per la legalità’, che veda al centro dei propri obiettivi il rispetto dei contratti nazionali di lavoro ed il rilancio di una contrattazione locale, sempre più inclusiva, per costruire un’animazione territoriale in grado di definire un processo di sviluppo condiviso.

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