Elezioni e ribaltoni, breve ripasso di storia

Il centro destra ci spera, il centro sinistra lo teme: ma gli ingredienti ci sono?

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di Walter Patalocco

Ribaltone è la parola: affascinante per chi ci spera, temuta per chi dovesse esserne vittima. Le elezioni regionali sono vicine vicine. E pure stavolta nel centro destra ci sperano: è la volta buona per l’affermazione della ‘non sinistra’ in una regione rossa per tradizione?

In Umbria, come noto, c’è qualche precedente. A Terni il ribaltone avvenne nel 1993 con Gian Franco Ciaurro, un liberale, eletto sindaco.

Fu una vittoria a sorpresa, maturata in un clima politico particolare: c’era stato lo squasso della tangentopoli ternana, si registravano i primi e già consistenti segni del rifiuto del sistema partiti, crescevano le motivazioni per un voto di protesta, per uno scrollone che avesse spiegato a ‘quelli lì’ che si voleva un governo locale più dinamico, coraggioso, non impastoiato dalla gestione del potere.

Sentimento talmente diffuso che, nella protesta, l’elettorato ternano evitò persino di scegliere quella che per quarant’anni era stata ‘la’ forza di opposizione, la Dc, che pareva designata a ribaltare palazzo Spada.

Fu quella la prima esperienza di elezione diretta del sindaco e Terni scelse un uomo nuovo, Gian Franco Ciaurro, e con lui una mentalità che appariva diversa e più aperta, uno schieramento che assommava in sé una fetta di borghesia progressista, coloro che, pur di sinistra, erano per un taglio netto con certi metodi e prassi consolidate, il ‘popolo’delle professioni, quella parte del mondo dell’impresa che voleva scrollarsi di dosso la gabbia in cui s’era trovata e che era sfociata nella tangentopoli. E, ovviamente, la destra.

Ciaurro, liberale e perciò uomo schierato e certo non a sinistra, era per di più avvolto da un’aura che gli derivava dall’essere un ternano che s’era affermato fuori di Terni, fino a diventare ministro. Quell’esperienza, successivamente, finì con un’involuzione che la portò ad essere il contrario di quel che aveva fatto sperare, riducendosi – in pratica – nel tentativo di estromettere la sinistra dalla guida della città sostituendola con un centro destra che nel frattempo aveva trovato vigore in Forza Italia.

Nel momento in cui non fu più ‘nuova’ quell’esperienza fu punita. Nel 1997, mantenuti comunque carisma e popolarità, Ciaurro fu rieletto, ma la maggioranza in consiglio comunale fu del centro sinistra.

A Perugia, un anno fa, non c’erano, vent’anni dopo, identici presupposti. C’erano però la stessa stanchezza di un elettorato che chiedeva novità, il clima diffuso della contestazione al sistema scivolata a passi da gigante verso il populismo e il voto di protesta. Andrea Romizi, personaggio accattivante per la giovane età, la freschezza apparente, la collocazione nello schieramento opposto a quello di governo, è stato catalizzatore di una serie di sentimenti dell’elettorato.

In entrambi i casi, a Terni nel ’93 e a Perugia nel 2014, una buona mano per il ribaltone è arrivata dalla sinistra: la mancanza di coraggio nel rinnovare, la volontà di mantenere consensi muovendosi sul terreno sicuro della trasformazione attenta agli equilibri esistenti e a non produrre scontento. E le divisioni, le ripicche interne, l’insofferenza per certi ruoli o per posizioni acquisite.

Quanto di tutto ciò vale, oggi, in occasione delle prossime elezioni regionali? Il centro sinistra, nelle candidature, è andato sull’usato sicuro confermando volti noti con pacchetti di consensi fidelizzati. Poche novità, molte delle quali scontate e niente che ‘buchi lo schermo’.

La nuova legge elettorale, col collegio unico regionale, può sembrare una quasi sicurezza, ma si rischiano accordi strani o estemporanei, rivalità, divisioni, attività ad escludendum.

Sembrerebbe che il centro sinistra la parte propria, in favore del ribaltone, l’abbia fatta.

Ma Claudio Ricci, il candidato del centro destra, oltre che il sentimento di rivalsa, quanto può intercettare della voglia di nuovo? E soprattutto quanto ha del carisma e della popolarità di Ciaurro o della giovinezza e dell’apparente freschezza e dinamismo di Romizi?

 

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