Elezioni politiche 2022: come e per cosa andremo a votare

Il 25 settembre italiani chiamati alle urne per eleggere il nuovo parlamento. Come funziona il ‘Rosatellum bis’

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di L.M.

Come e per cosa andremo a votare? La domanda può sembra banale agli occhi di molti, anche se una percentuale sostanziosa di cittadini, in realtà, non sa effettivamente per cosa si andrà a votare il prossimo 25 settembre. In primo luogo è giusto chiarire che esprimendo il nostro diritto (dovere civico) di voto, non andremo a scegliere il presidente che dovrà occupare la poltrona di palazzo Chigi, bensì i parlamentari (400 deputati e 200 senatori) che siederanno in parlamento per i prossimi cinque anni. Questo primo step è necessario per comprendere come il nostro sistema politico non sia di natura presidenziale, come accade in America, bensì di tipo parlamentare. Il popolo è chiamato alle urne per eleggere i Parlamentari del partito che più li rappresenta.

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Sistema maggioritario o proporzionale?

Per quanto riguarda il sistema maggioritario, è quel sistema che limita fortemente o esclude totalmente la rappresentanza delle minoranze. Il sistema maggioritario attribuisce i seggi al candidato o al partito che ha ottenuto la maggioranza dei voti in un collegio. I collegi possono essere:

  • uninominali: viene eletto un solo candidato, o meglio, quel candidato che abbia ottenuto la maggioranza dei voti, perché viene assegnato un solo seggio;
  • plurinominali: gli elettori possono scegliere di votare per più candidati, anche se questa pratica è caduta in disuso.

Il sistema elettorale di stampo maggioritario ha dei pro e dei contro: in primo luogo garantisce una capacità di semplificazione/riduzione della frammentazione del sistema politico, inducendo la formazione di coalizioni tra forze politiche omogenee o vicine. Di contro però, i sistemi di stampo maggioritario recano una rappresentanza ‘infedele’ alle scelte politiche, attribuendo la totalità dei voti a chi prende la maggioranza degli stessi, senza tener conto delle eventuali minoranze che non trovano rappresentanza in parlamento. Il sistema elettorale di tipo proporzionale è anche il più democratico per eccellenza. Tale caratteristica è data dal fatto che se nel sistema maggioritario vince il candidato che ottiene il maggior numero di voti, nel sistema proporzionale l’assegnazione dei seggi alle forze politiche partecipanti alla competizione elettorale, avviene in proporzione al numero dei voti conseguiti da ciascuna. Questo processo (democratico) avviene mediante la determinazione della cifra elettorale circoscrizionale, o meglio, il numero di voti espressi in una circoscrizione che divisa per il numero di seggi di quella circoscrizione, dà il quoziente elettorale circoscrizionale (il patrimonio di voti che ciascuna lista deve aver conseguito per ottenere il seggio). Chiarito questo sostanziale e banale concetto, sembra chiaro come il sistema proporzionale possa essere il più democratico possibile, garantendo a tutti gli elettori un alto grado di rappresentatività, consentendo l’ingresso in parlamento anche ai rappresentanti di forze politiche minoritarie.

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Il Rosatellum bis: sistema misto maggioritario/proporzionale

Dopo aver fatto chiarezza sulle sostanziali differenze tra proporzione e maggioritario, la domanda sorge spontanea: quale sistema elettorale adotta il nostro paese? In realtà entrambi, o meglio, il 60% dei candidati viene eletto con il sistema proporzionale, mentre il rimanente 30% con il sistema maggioritario. Questa definizione per quanto possa essere corretta, risulta alquanto riduttiva per spiegare la più ampia legge elettorale del Rosatellum bis. Il testo della legge elettorale prevede il 64% dei collegi plurinominali proporzionali e il 36% dei collegi uninominali maggioritari. In sede di voto, si potrà tracciare un segno sul nome del candidato del collegio uninominale, o su una delle liste che lo sostengono, non è ammesso il voto disgiunto. Alla Camera i seggi sono 630, di cui 232 in collegi uninominali. Al Senato i seggi sono 315, di cui 102 in collegi uninominali. I restanti parlamentari (398 alla Camera e 213 al Senato) saranno eletti in collegi plurinominali. Come già anticipato, l’elettore dovrà contrassegnare la lista che preferisce, attribuendo automaticamente il voto anche al candidato del collegio uninominale. Nei collegi uninominali, il seggio viene assegnato al candidato con più voti, per i collegi plurinominali l’assegnazione dei seggi avviene a livello nazionale con il metodo proporzionale. La legge elettorale del Rosatellum bis tiene conto di quella che viene definita quota di genere. In questo senso il testo della legge stabilisce che, nei collegi uninominali e plurinominali nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60%. L’elettore, in sede di voto, avrà un’unica scheda per il maggioritario e il proporzionale, una per la Camera e una per il Senato, con tanto di ‘istruzioni per l’uso’ sul frontespizio.

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