«Otto anni e sei mesi di Daspo per meno di cinque secondi di solidarietà: questa la risposta repressiva ad un pacifico atto di denuncia verso il genocidio del popolo curdo perpetrato dall’esercito turco». La denuncia del circolo Arci Island di Madonna Alta, a Perugia, è veemente e si sta diffondendo sui social.

«Risposta repressiva» La notizia dei Daspo non è ancora ufficiale ma dai diretti interessati arrivano conferme che, per la breve manifestazione del 21 marzo scorso al Pala Evangelisti (vedi video in fondo), dalla questura di Perugia stanno arrivando provvedimenti di divieto di partecipazione alle manifestazioni sportive. In quella occasione, verso il termine della partita di pallavolo Perugia – Ankara, otto persone (con regolare biglietto) esposero sugli spalti del palazzetto dello sport uno striscione di dissenso alla politica di Erdogan. Una manifestazione che durò pochissimi secondi ma che ha provocato conseguenze molto pesanti per gli attivisti.
«Accuse immotivate» Lo striscione fu prontamente sequestrato e i manifestanti identificati ed allontanati dagli agenti della Digos che però, dopo le procedure di identificazione, consentirono loro di rimanere, visto che avevano regolare biglietto. Poi, nei giorni seguenti, ogni manifestante è stato raggiunto da un Daspo sportivo con l’accusa di ‘istigazione alla violenza’. Un’accusa «immotivata» secondo il Circolo Island, comminata «in evidente spregio all’idea stessa di Stato di diritto, in cui la polizia, forte di una legislazione sempre più autoritaria in tema di sicurezza e ordine pubblico, a suo insindacabile arbitrio decide quali sono le idee e le forme di espressione del pensiero lecite».
Il racconto In realtà gli attivisti non sono tutti del circolo: si tratta infatti di un gruppo di persone che si è formato quasi spontaneamente dopo una serie di incontri sul tema della repressione curda. Uno di loro ci racconta com’è andata. «È stato tutto molto pacifico. Erevamo entrati per vedere la partita e avevamo lo striscione in borsa, nessuno all’ingresso ci ha chiesto se avevamo striscioni, tantomeno noi ci siamo posti il problema di mostrarlo, non sapendo che fosse obbligatorio comunicarlo. Poi alla fine del terzo set, quando ormai la partita era incanalata verso la vittoria della Sir, lo abbiamo esposto e subito siamo stati fermati e bloccati». L’intervento delle forze dell’ordine quindi è stato motivato dall’esposizione di uno striscione non autorizzato. Però poi nel provvedimento di Daspo si parla di «diffamazione» e «istigazione alla violenza». Ed è questo aspetto che indigna gli attivisti: «Quale violenza c’è nell’esporre uno striscione?».
Le limitazioni Così, pur non avendo creato risse e pur non appartenendo a gruppi di ultras facinorosi, gli attivisti per un anno non potranno accedere a luoghi in cui si tengono manifestazioni sportive riguardanti pallavolo e calcio, professionistiche e dilettantistiche, nonché tutte le competizioni ufficiali ed amichevoli delle nazionali italiane. Il divieto è inoltre esteso in occasione di competizioni sportive, sempre limitatamente a calcio e pallavolo (e non si capisce perché, ad esempio, non il rugby o il basket; ndr), a partire da due ore prima dell’inizio a due ore dopo il termine, per una distanza i 400 metri. Ma la limitazione non riguarda solo gli stadi. Coinvolti anche altri luoghi ‘sensibili’ come le stazioni ferroviarie di arrivo e partenza dei convogli delle tifoserie, i piazzali, gli autogrill, i luoghi di allenamento, di ritiro, di arrivo e partenza delle squadre coinvolte. Sia in Italia che all’estero, in caso di trasferte di squadre italiane. E per chi vìola tali prescrizioni c’è il rischio di reclusione da uno a tre anni, di multa da 10 mila a 40 mila euro, con possibile arresto in flagranza.
«E dove andiamo?» «Si tratta di un provvedimento che limita fortemente la libertà di movimento personale, visto che ogni giorno, praticamente in ogni città, ci sono partite di calcio o pallavolo. Dobbiamo stare attenti ogniqualvolta usciamo da casa eppure tutti noi siamo incensurati e non abbiamo commesso alcun reato né abbiamo precedenti specifici. La cosa grave – aggiunge una delle attiviste – è che questi Daspo, essendo sanzioni amministrative, vengono emanati direttamente dal questore senza che ci sia un giudice che decida nel merito». Per questo motivo si stanno già preparando dei ricorsi.
Solidarietà da sinistra Intanto, da più parti stanno arrivando messaggi di solidarietà alle persone coinvolte, dalle associazioni e dagli attivisti di sinistra ma anche dai radicali perugini: «Posto che trovo inopportuna l’espressione utilizzata nello striscione questo è quanto succede nel nostro paese e nella nostra città», scrive Michele Guaitini. Solidarietà anche dall’associazione Pettirosso di Terni, oltre che da Potere al Popolo, che parla di «insulsa, folle ed insensata misura». «Con che coraggio – scrive Tommaso Juhasz – le nostre istituzioni parlano di valori democratici, se questa è la risposta a chi manifesta contro la violenza e la dittatura?».
IL VIDEO CHE DOCUMENTA LA BREVE ESPOSIZIONE DELLO STRISCIONE