Fabio Concato si racconta: l’intervista

Il cantautore milanese parla del jazz, di Sanremo, del suo futuro ma anche di Terni: «Triste che il teatro non ci sia più»

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di Fabio Toni

La disponibilità e la voglia di giocare di un grande della musica come Fabio Concato. L’entusiasmo e la bravura dei giovani musicisti della Briccialdi Big Band diretta da Fabrizio Benevelli. Bella idea quella di metterli insieme, tanto che il concerto andato in scena mercoledì sera al teatro A del centro multimediale, una sorta di esperimento in chiave jazz, è pienamente riuscito. Il pubblico del San Valentino Jazz, festival organizzato dalla Bipede&Booking Production insieme all’assessorato al turismo e marketing territoriale del Comune di Terni, ha lasciato la sala dopo due ore di ‘qualità’, con la consapevolezza di aver assistito a uno spettacolo bello e soprattutto autentico, senza orpelli, formalismi o finzioni. Questa in fondo è la cifra di Concato.

IL CONCERTO DI CONCATO A TERNI: LE FOTO

Il jazz Con lui abbiamo scambiato quattro chiacchiere prima del concerto e di cose, viste attraverso l’occhio di un artista da anni sulla breccia ma sempre pronto a rimettersi in gioco, ce ne ha raccontate diverse. A partire dal jazz, passione che affonda le radici nella sua storia musicale e personale: «I nomi storici a cui sono più legato? Sì Bill Evans, ma amo alla follia anche Michel Petrucciani che se n’è andato troppo presto, e poi Chet Baker che nel mio cuore è anche superiore a Miles Davis. Poi Joao Gilberto, Tom Jobim, Gerry Mulligan, il Modern Jazz Quartet e tanti, tanti altri». Fra le composizioni di Fabio, ce ne sono alcune che hanno tutte le carte in regola per entrare di diritto fra gli ‘standard’ jazz: «Probabilmente ‘Gigi’ – spiega – che non a caso ho riproposto insieme ad artisti come Stefano Bollani, Franco Cerri, Renato Sellani, Fabrizio Bosso. Penso poi a ‘In coda’, ‘Chicco di caffè, ‘Quanta nostalgia’ che sono anche pezzi belli tosti dal punto di vista musicale».

«Domenica bestiale? Ora la amo» Ma Concato è conosciuto anche e soprattutto per i suoi ‘classici’ – da Domenica bestiale a Ti ricordo ancora, fino a Guido piano, Fiore di maggio e tanti altri – e allora, ad uno onesto come lui, viene spontaneo chiedere se nei concerti, alla lunga, possa subentrare quella noia insita nella ripetitività: «Ho avuto quel periodo – racconta – e ricordo la ‘sofferenza’ che mi ha procurato cantare Domenica Bestiale dopo vent’anni. E adesso, dopo trenta, trentatré per la precisione perché il brano è del 1982, posso dire di esserne di nuovo innamorato. Ho capito, adesso che ho 60 anni, che probabilmente ho scritto una canzone micidiale, che è ‘assolutamente canzone’ come testo, sviluppo, costruzione melodica e armonie. In una parola, l’ho rivalutata».

Come si cambia Alla ‘riscoperta’, annunciata con un certo orgoglio, non ci si è arrivati però per caso: «Certo, con il passare del tempo i miei brani ho dovuto rivestirli, apportando modifiche più o meno evidenti dal punto di vista degli arrangiamenti. Per soddisfare il pubblico sì, ma a modo mio e senza stravolgere nulla. A pensarci bene l’unica volta che probabilmente ho stravolto le mie composizioni è stato con l’album ‘Oltre il giardino’, un esperimento molto gratificante e divertente, anche se la tournèe che venne dopo lasciò la gente un po’ spiazzata, soprattutto su alcuni evergreen».

I temi sociali E proprio ‘Oltre il giardino’, pezzo dai forti contenuti sociali – racconta la storia di un uomo che a 50 anni perde il proprio lavoro – ci riporta alla realtà dei problemi quotidiani. Quelli di una città come Terni che continua a lottare per il lavoro. «Chiunque in Italia sa che dire acciaio equivale a dire Terni – dice Fabio -. E sa che qui la produzione è sempre stata di grande qualità, un’eccellenza vera e propria. Anche per questo è doloroso vedere una città di questa portata, soffrire per il lavoro e per una crisi che sembra non finire».

Il teatro che non c’è Terni: ‘l’ultima volta’ di Fabio Concato risale a una decina d’anni fa: «Ho suonato in un posto all’aperto, forse era la festa dell’Unità. E poi invece, più lontano nel tempo, c’era il vostro vecchio teatro che mi piaceva tanto e che, tanto per cambiare, non c’è più. Ovviamente mi dispiace, anche perché al momento mi è stato detto che alternative all’altezza non ce ne sono. E per una città come la vostra è un vero peccato».

«Sanremo, sempre la stessa ‘musica’» Allergia a Sanremo no, perché Fabio c’è stato due volte (nel 2001 e nel 2007). Ma certo, un po’ di diffidenza sì: «Un’occhiata l’ho data – ci spiega – ma su Sanremo non so mai cosa dire. Se non che forse le cose più interessanti naturalmente spariscono. È come se fosse il sistema migliore per cancellarsi. A me è piaciuto molto il pezzo di Mauro Coruzzi e Grazia Di Michele, però siamo sempre lì. Da questo punto di vista non vedo nessuna novità. Poi se vogliamo parlare di conduzione, di co-conduzione, di vallette particolari, interessanti eccetera, quello è un altro paio di maniche. Ma basta ricordare la mia esperienza del 2007 con ‘Oltre il giardino’: il tema era talmente fastidioso che l’hanno proprio rimosso. Per assurdo ha fatto più male della canzone di Cristicchi che parlava della follia. Forse Sanremo non può proprio essere diverso da quello che è».

Futuro L’ultimo album di Fabio è ‘Tutto qua’ del 2012. L’idea di uscire con un nuovo prodotto a breve termine, non sembra però una priorità. «Sto scrivendo sì, ma sono un po’ combattuto. Da un lato mi dispiace che la gente che mi vuole bene non possa ascoltarmi in maniera più cadenzata. Sono stato fermo undici anni senza pormi troppi problemi perché evidentemente avevo anche altro da fare. Adesso la situazione non mi invoglia a pubblicare delle cose. Mi invoglia però a scrivere anche se in questa fase preferisco sperimentare strade alternative, ad esempio internet che è ormai il primo canale di diffusione. Per me adesso è prioritario andare in giro, stare in mezzo alla gente, cantare e suonare nei posti e anche con le formazioni più diverse. Il musicista deve andare incontro al pubblico e mettersi ogni volta alla prova. Come è capitato me qui a Terni, con questa big band di giovani pieni di entusiasmo e attenti. Sperimentare è qualcosa che tutti dovremmo fare, senza starci a pensare troppo».

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