Licenziata per assenteismo dal Comune di Assisi, la Corte dei conti «conferma l’illiceità del comportamento dell’ex dipendente e il danno erariale e di immagine nei confronti dell’ente»: così l’amministrazione comunale commenta la recente sentenza emessa dalla sezione giurisdizionale della magistratura contabile dell’Umbria, che ha però anche sollevato la questione della legittimità costituzionale della norma del decreto attuativo della riforma Madia, ritenendola «eccesiva, sproporzionata e manifestamente irragionevole». La norma ha, in particolare, stabilito la condanna per danno di immagine provocato dai cosiddetti ‘furbetti del cartellino’ all’ente di appartenenza, prevedendo un minimo di sanzione non inferiore a sei mesi di stipendio.
Parola alla Consulta
«Nulla da eccepire – si legge in una nota del Comune -, perché la seconda parte della sentenza effettivamente solleva, con ampia disamina alla luce anche delle norme sovranazionali e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, dubbi di costituzionalità della norma, anche per difetto di delega del legislatore delegante, e su questo sarà chiamata a pronunciarsi la Corte costituzionale, che dovrà dire se il legislatore delegato abbia superato i limiti della delega e se abbia esercitato legittimamente la sua discrezionalità legislativa. La sentenza contiene, però, altri elementi di sicuro interesse per l’opinione pubblica».
Il parere della magistratura contabile
Secondo l’amministrazione il provvedimento «entra infatti nel merito dell’accusa mossa all’ex dipendente del Comune di Assisi dalla procura regionale della Corte dei conti, rappresentata dal procuratore capo dottor Antonio Giuseppone, respingendo le ragioni che l’incolpata ha portato a sua difesa e stabilendo la fondatezza dell’azione risarcitoria pubblicistica, promossa dalla procura, condannando la ex dipendente al risarcimento del danno patrimoniale da percezione indebita della retribuzione in mancanza di prestazione lavorativa e del pregiudizio all’immagine del Comune di Assisi». La Corte ha infatti ritenuto che la condotta posta in essere dall’ex dipendente costituisse un «illecito penale, disciplinare e contabile», affermando inoltre che «i dipendenti pubblici sono tenuti al rispetto dell’orario di lavoro in quanto l’utenza ha un vero e proprio diritto pubblico soggettivo all’esercizio del potere e al disbrigo delle pratiche di ufficio per tutto il periodo di apertura della struttura».
Parte civile nel processo
«La ex dipendente, invece – continua la nota -, in violazione delle predette regole di condotta e degli obblighi di presenza in servizio, ha modificato l’orario di uscita, anticipando di un’ora rispetto a quello da lei dichiarato e attestato, rivelando una predeterminazione intenzionale. Da ciò la condanna, salvo discutere sull’entità della sanzione». Il Comune di Assisi ricorda di «aver collaborato con le forze dell’ordine per l’acquisizione delle fonti di prova utili per il processo penale, in cui si costituirà parte civile, e ha assunto tutte le determinazioni in sede disciplinare, con il licenziamento in tronco della dipendente infedele, così come ha provveduto ad informare la procura regionale della Corte dei Conti per l’inizio dell’azione di responsabilità».
Nessun accanimento
«Ora alla luce delle chiare motivazioni in punto di merito da parte della Corte dei conti – conclude la nota dell’amministrazione – , l’operato dell’ente e degli amministratori appare non solo rispettoso di un preciso e vincolante dato normativo, ma dimostra che non si tratta di accanimento contro un singolo dipendente per fatti bagatellari, bensì della riaffermazione del primato delle regole, anche a difesa del buon nome dei tanti dipendenti pubblici, ivi compresi quelli del Comune di Assisi, che fanno appieno il loro dovere».