di Vanda Scarpelli e Vittoria Arcovia
della Cgil di Perugia
La situazione dei giovani oggi in Italia e in Umbria si contraddistingue per la mancanza d’occupazione, per il lavoro nero, per la precarietà ormai dilagante e aggravata dai voucher, per un’autonomia che tarda a realizzarsi, per un futuro che appare incerto e per una qualità della vita peggiore di quella dei propri genitori. Così, i giovani oggi non scelgono di andare via per conoscere luoghi e culture diverse, sono costretti a farlo per poter vivere, per costruirsi un futuro.
Sono inaccettabili le parole del Ministro Poletti sui giovani che emigrano. Parole rettificate poi, ma che lasciano segni, come schiaffi in faccia ai tanti giovani che dopo anni di studio e di sacrifici sono costretti alla disoccupazione, o a una occupazione sempre più precaria e sottopagata.
Secondo i dati Inps sono più di 9.000 i voucher utilizzati nel 2015 in Umbria per il lavoro di giovani tra i 18 e i 29 anni (il 35% del totale), mentre nella nostra regione la disoccupazione giovanile supera ormai il 40% nella provincia di Perugia e il 50% per cento in quella di Terni.
Nel frattempo, esaurito l’effetto “doping” degli incentivi alle imprese, le assunzioni a tempo indeterminato crollano del 43% (dato più alto d’Italia) e solo il 18,2% di quelle nuove risulta essere con contratto a tempo indeterminato, contro una media nazionale del 22%.
Quello che si registra, dunque, è un costante peggioramento della qualità dei rapporti di lavoro in essere nella nostra regione, per questo è necessario un vero cambio di passo nelle politiche giovanili che devono avere uno stretto collegamento con le politiche del lavoro, un cambio di passo che significa riconoscere e mettere a valore le professionalità acquisite, significa eliminare le forme di precarietà a partire dai voucher, significa non utilizzare il lavoro interinale, ma privilegiare le forme di lavoro stabile, garantire risorse e strumenti per nuove forme di impresa, significa riattivare i concorsi nelle pubbliche amministrazioni a partire dai Comuni in gran parte sotto organico.
I 3 referendum contro il Jobs Act proposti dalla Cgil e ora all’esame della Consulta possono rappresentare una prima risposta importante. Essi puntano a ripristinare le tutele contro i licenziamenti illegittimi, chiedono di abolire i voucher, propongono nuove tutele negli appalti. Rappresentano, insomma, la sfida contro l’idea che questo stato di cose non possa essere evitato e che non ci siano alternative.