Lungo la via Flaminia con Dante e Leonardo

Terni, sabato è stata riaperta ai visitatori San Pietro in Valle. La conferenza è stata anche l’occasione per ricostruire la strada più percorsa dai popoli antichi

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di Alessandra Vittori

Il luogo spirituale per eccellenza, immerso nel verde, tra i cinguettii degli uccelli. Si sente ancora la presenza di tutti quelli che sono passati di là, dai romani, ai longobardi, agli ottoniani, ma anche i monaci e i viandanti. Tra questi due di fama mondiale: Dante prima, Leonardo Da Vinci poi. È l’abbazia di San Pietro in Valle che saluta il pubblico con tutte le sue stratificazioni storiche. I lavori post sisma sono ancora in corso, ma di pericoli non ce ne sono, i turisti sono i benvenuti. E per dare la buona notizia sabato mattina, nel giardino della chiesa, si sono riuniti lo storico dell’arte Luca Tomìo, il sindaco di Ferentillo Paolo Silveri, l’arcivescovo di Spoleto Renato Boccardo e l’archeologo Sebastiano Torlini, richiamando viaggiatori da tutta Italia.

SAN PIETRO IN VALLE, L’ABBAZIA RITROVATA – FOTOGALLERY

L’inaugurazione Ad aprire le danze è stato Torlini che non ha perso il momento per sottolineare l’importanza del momento. «Questa giornata – esclama – ricorda, in un certo senso, l’arrivo della tranvia a Ferentillo. I giornali quel giorno titolarono ‘5 settembre 1909, una data insignificante. Per Ferentillo no’ e la stessa cosa vale per oggi. Il titolo dei giornali potrebbe essere ’18 marzo 2017, una data insignificante. Per Ferentillo no; riapre San Pietro in Valle. Questa abbazia è il simbolo della Valnerina».

Simbolo della Valnerina È proprio il concetto di simbolo quello che vogliono far emergere alla ‘presentazione’, ma anche quello della riapertura e della vita che torna in questi luoghi dopo l’evento traumatico del terremoto che senza pietà ha investito il centro Italia. «È una giornata importantissima», dice monsignor Boccardo. «I luoghi significativi vengono restituiti. In questi mesi ci sono state più chiusure che aperture, ma proprio per questo l’inaugurazione di questa abbazia è fondamentale. È un simbolo di speranza, rendere nuovamente leggibili questi luoghi è vitale in questo periodo storico, è ‘una puntura di ricostituente’  perché lo scoramento è sempre dietro l’angolo». 

Spiritualità Ma se questo luogo è fondamentale per la storia e per i grandissimi pezzi artistici che contiene l’arcivescovo non dimentica di mettere in luce anche l’importanza spirituale del luogo. «Questo è un monumento della fede. È un luogo nato per esprimere la religiosità. Sono luoghi appartati che servono per ridare ‘spirito’. Oggi viviamo in un mondo frenetico, non abbiamo mai tempo, ma forse ogni tanto dovremmo prenderci una pausa e venire in posti come questo. Posti bellissimi che ci portano a ‘scoprire cosa c’è dietro’, ci riportano a noi stessi. Abbiamo bisogno più che mai di luoghi belli».

LE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO: «LA MEMORIA VA TUTELATA» – VIDEO

La Flaminia Questo posto che oggi si presenta nascosto, appartato, forse non lo era poi così tanto quando nacque. Tomìo non smette di stupire e sabato mattina spiega che, quasi senza dubbio, per quegli scorci passarono Dante e Leonardo perché la chiesa si trova sulla vecchia via Flaminia. «Sono arrivato qui sull’onda di Leonardo», spiega. «Da storico dell’arte, ora che ho capito e dimostrato che il ‘Paesaggio con fiume’ di Leonardo non rappresenta il Valdarno, ma la Cascata delle Marmore, voglio capire perché ha fatto quel disegno. E in questo Dante mi può dare una mano. Infatti il poeta fiorentino, se nel XX Canto del Paradiso parla della Cascata, nel XI parla di Fonte Avellana che si trova dopo Gubbio, in un territorio che un tempo era umbro. Quindi la Cascata e Fonte Avellana dovevano trovarsi sullo stesso percorso. La mia tesi, inoltre, potrebbe essere avvalorata da una lettera del 1318 in cui il Papa diceva di non accogliere gli estranei a Fonte Avellana. Tenendo presente che la divina Commedia fu scritta tra il 1306 e il 1321, l’estraneo in questione potrebbe essere proprio Dante e la strada seguita altro non è che la Flaminia. Ma gli indizi non finiscono qui. Nel 1400, le strofe di Dante a Firenze si decantavano per strada e Leonardo era un esperto del poeta e spesso discuteva con il rivale Michelangelo sull’argomento, tanto che nella storia raccontata dall’anonimo gaddiano si legge che chiesero a Leonardo di parlare di un passo dello scrittore. Dalla stessa strada passò Michelangelo e Leonardo, per punzecchiarlo, rispose che ne avrebbe discusso ‘l’amico-nemico’. Inoltre ci sono anche degli elementi  strutturali; nella parte posteriore della chiesa ci sono degli archi di costruzione evidentemente romana che hanno spalle che scendono sotto terra tre metri. Anche questo fa presupporre che la Flaminia passasse di qua e che l’abbazia altro non fosse che un sacello romano a fianco alla ‘strada principale’. Infine, non va dimenticato che un tempo Ferentillo si chiamava Abbadia, proprio in relazione all’Abbazia e questo dimostra quanto la chiesa dovesse essere importante; per esserlo doveva trovarsi su un percorso molto frequentato».

Dalla Cascata a Ferentillo «Il percorso Cascata delle Marmore – Ferentillo – continua – quindi, esisteva. Oggi è un percorso dimenticato perché hanno costruito la Valnerina per servire le Acciaierie, ma è un posto della storia. Prima per arrivare a Spoleto si passava da qui. E i confini che ci sono oggi devono sparire. Non è possibile che questo posto sia in provincia di Terni, ma nella diocesi di Norcia-Spoleto».  

Luogo millenario Dopo la conferenza c’è stato anche un momento dedicato alla visita dell’abbazia. «Questo luogo – spiega Tomìo – viene subito prima di Assisi. San Francesco, se la memoria non m’inganna, fu fatto santo il 16 luglio 1228 e il 17 luglio 1228 frate Elia posò la prima pietra per la costruzione della Basilica. Ma per capire come si è arrivati a quello bisogna venire qua. In questo luogo si capisce tutto quello che è successo dalla caduta dell’impero romano al pre-rinascimento. Possiamo osservare un arco di storia che va dai romani agli ottoniani. Infatti, c’è un momento romano, un crollo, un secondo momento longobardo, un’invasione saracena e una ricostruzione ottoniana. Ma gli affreschi che vediamo sono stati fatti dai romani. Non si sa chi siano gli artisti, probabilmente furono gli stessi monaci, ma sono d’impronta romana e Giotto, così come Cimabue, hanno una formazione romana. Quella che usa Giotto ad Assisi è una koinè figurativa romana e molte immagini nella basilica di San Francesco sono posizionate come in questa. Ma c’è di più. Nell’immagine del Noè c’è un tentativo di andare avanti, cosa che non c’è negli affreschi assisani». Dunque la fase romana è ravvisabile nella navata.

Fase longobarda Il momento longobardo, invece, è evidente nel presbiterio. Le lastre di marmo con cui è stato ricostruito l’altare di Ursus, «un tempo erano parte dell’iconostasi». «Sono convinto – dice Tomìo – che questa immagine sul davanti che hanno sempre detto rappresenti l’artista per l’iscrizione ‘Ursus magester fecit’, sia si l’artista ma in versione guerriero perché quello che ha in mano non è uno scalpello come pensano, ma una spada. E nell’immagine vicina è sempre lo stesso il soggetto, ma non è più in versione guerriero, ma in versione cristiano. Quindi la parte di mensola di riuso che vediamo all’inizio della chiesa rappresenta perfettamente quello che è questa chiesa perché su un lato c’è la porta dell’Ade, quindi immagine riconducibile al culto romano pagano, mentre dall’altro lato ci sono disegni longobardi, se non pre-longobardi, che imprimono nella pietra il momento successivo e il culto cristiano». 

Rilancio «Questo luogo deve rinascere. Voglio essere provocatorio. Assisi non ha bisogno di pubblicità, la conoscono tutti, facciamo sapere a tutto il mondo che nell’abbazia di Ferentillo c’è la vera scuola di Giotto e Cimabue. Questo posto deve rinascere non solo come luogo turistico, ma anche come luogo spirituale, facciamo qualcosa, deve tornare a essere la chiesa della valle». Il sindaco è d’accordo con lo storico dell’arte e racconta: «Quando devo ricaricare le pile, vengo qua. Il messaggio che dobbiamo far arrivare è che questo luogo si può visitare in sicurezza. Speriamo che l’idea di usare l’intero fondo dell’8 per mille per la ricostruzione venga accettata dal Parlamento, ma intanto noi non possiamo fermarci. Stiamo subendo un danno enorme dal punto di vista economico, nei primi mesi del 2016 i turisti erano tantissimi e ora non c’è più nessuno. Dobbiamo ricominciare un percorso che porti qui la gente e l’abbazia è il simbolo che possiamo farcela. Il Comune di Ferentillo e la Diocesi Spoleto-Norcia sono collaborativi. Ma c’è bisogno di tutti». 

Fabio Paparelli

Le istituzioni Alla conferenza era atteso anche il vice presidente della Regione Fabio Paparelli che però non è riuscito a esserci, come assenti erano anche i rappresentanti del Comune di Terni. Tomìo, l’aveva già detto qualche giorno fa, a poche ore dalla conferenza di presentazione della ‘copia autentica’ del Paesaggio di Leonardo da Vinci, all’archivio di Stato: «Terni dorme, qui si rischia di sprecare una grande opportunità». E sabato mattina è stato costretto a ripeterlo. Si perché l’occasione è cambiata, ma lo studioso non ha potuto fare a meno di notare l’assenza delle istituzioni ternane. «La tempestività che c’è stata a Ferentillo, non c’è stata a Terni», esclama dispiaciuto. «Il sindaco di Ferentillo e Sebastiano Torlini hanno capito la potenzialità del luogo, hanno capito quanti turisti possono attrarre. Terni con un Leonardo, e lo ripeto un Leonardo, rimane nel suo immobilismo. Per ora faccio quello che posso, ma non ci sarò per sempre».
 

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