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Home » L’Usb: «ThyssenKrupp chiude l’area a caldo»

L’Usb: «ThyssenKrupp chiude l’area a caldo»

di Marco Torricelli
27 Luglio 2017
in Ast, Economia, Imprese, In evidenza, Lavoro
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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della Rsa Usb dell’AST di Terni

L’incontro avvenuto ieri tra le OO.SS. ed i rappresentanti del board della Thyssenkrupp Materials, ha finalmente tolto dal campo molti dubbi. Si è aperta, come da tempo sostenevamo, una nuova vertenza rispetto all’ennesima ristrutturazione aziendale.

L’aspetto più importante che è emerso dall’incontro è quello più relegato, volutamente, ai margini dell’informazione: la volontà di chiudere SDF (Titania già lo è) e di rivedere quindi l’assetto produttivo del sito, che significa chiusura di una linea a caldo (forno, aod, bramme).

I componenti del board della TK Materials sono stati chiari, ci si deve riorganizzare per creare plusvalore. Eccolo quindi il rilancio che hanno prospettato: la chiusura dell’area a caldo e la trasformazione dell’azienda da produttrice a fornitrice di semilavorati!

Questo significa la fine del ruolo strategico della fabbrica, il suo futuro spezzettamento ed il conseguente crollo dell’economia di un’intera città!

Hanno detto che l’azienda è finalmente salva e che, entrando nella fase di sviluppo, non sono previsti esuberi: ma con l’area a caldo dimezzata (se non chiusa) che fine farà il personale in eccedenza? Verrà ricollocato in azienda, oppure si riaprirà alla buonuscita con un accordo al Mise e l’apertura della mobilità? Il peso finanziario e politico della ristrutturazione verrà sostenuto solo dalla TK o sarà condiviso anche con la nuova proprietà?

Ci stupisce e ci indigna il fatto che la RSU non abbia prontamente convocato le assemblee: i lavoratori devono essere informati del disegno della TK ed è indispensabile la strutturazione insieme ai lavoratori, di un percorso tattico e strategico di gestione della vertenza! Se ciò non accadrà, ci troveremo difronte ad una volontà ben precisa dei sindacati.

Un dato comunque è già certo: appare ridicolo alla luce di questo scenario, il tentativo dei sindacati di inchiodare l’azienda ad un percorso partecipativo che porti alla stesura di accordi sulla sicurezza, sulla compatibilità ambientale e sulla riorganizzazione del lavoro. Ieri abbiamo avuto la riprova del fatto che all’azienda queste dinamiche non interessano, non le interessano più le AIA e le tecnologie di inertizzazione, semplicemente perché è l’area a caldo che non le interessa più.

Soprattutto, i sindacati non sono più gli interlocutori naturali di questa multinazionale che, visto il futuro riassetto strutturale che riguarderà anche la fusione, pensa bene di privilegiare i canali politici nazionali e regionali.

Ci troveremo quindi davanti, se così fosse, ad un percorso lunghissimo fatto di incontri al Mise ed in Regione, tavoli che saranno rincorsi affannosamente dalle OO.SS. alla ricerca disperata di una autorevolezza e di un potere contrattuale ormai perduto.

Intanto il movimento dei lavoratori si sfiancherà, la comunità cittadina perderà interesse nel futuro della fabbrica ed il piano dei padroni sarà compiuto: la de-industrializzazione gestita in assenza di conflitto.

Se veramente si pensa ancora che questa azienda sia strategica per Terni, per l’Umbria e l’Italia tutta, i sindacati hanno solo un modo per far valere le ragioni dei lavoratori: iniziare immediatamente lo stato di agitazione ed organizzare prontamente un concreto fronte di lotta nello stabilimento!

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