Mense scolastiche, veleni e pentoloni

Prima di tutto c’è da non dimenticare che gli utenti del servizio sono i bambini e quindi… occhio! Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

La tiritera sulle mense scolastiche a Terni assume, pare, i contirni di una vicenda esemplare. La faccenda è nota, più o meno. Pare di capire che l’amministrazione comunale vorrebbe che i pasti per i bambini delle scuole materne siano preparati in un “cucinone” al servizio di una serie di tavoli da apparecchiare in una sala ristorante – i refettori scolastici – grande quando il territorio comunale. C’è però chi vorrebbe che ogni scuola abbia il proprio cuoco, la propria cucina e che il pasto sia scodellato lì, sul tavolo a pochi metri dai fornelli. Chi ha ragione? Chi ha torto?

Come sempre, quando si arriva a confronti aspri, ognuno ha un po’ dell’una e un po’ dell’altro. Chi di dovere valuti se contano di più le motivazioni di una parte o dell’altra, e quali esigenze siano un po’ meno urgenti. Certo, prima c’è da non dimenticare che gli utenti del servizio sono i bambini e quindi… occhio!.

Incuriosisce però che su un tema del genere sia nata la bagarre in consiglio comunale, che ci si stata la sollevazione dei genitori, che si siano susseguite le richieste di annullamento di votazioni già fatte e che si sia presentato un pacco di atti d’indirizzo, ossia di  documenti che vorrebbero mettere i paletti all’azione della giunta comunale che è quella che alla fine deve decidere. Atti di indirizzo, ossia la sublimazione dello slalomismo che i politici riescono a fare tra le parole, cui si sono aggiunti pronunciamenti su futuri ricorsi ai tribunali, e scambi di accuse più o meno velate tra consiglieri.

Tra i quali non poteva mancare chi ha chiesto che ogni suo collega faccia i nomi dei finanziatori della sua campagna elettorale. Un atto dovuto ed ovvio, ma chiamarlo in causa così è segno di un retro pensiero e cioè che chi decide non tiene conto delle esigenze della comunità che rappresenta, ma – anzi – le piega a quelle dei propri finanziatori elettorali. Insomma che la presunzione non è quella dell’innocenza, ma l’opposta e quindi fino a prova contraria gli altri (non noi) sono disonesti.

Non basta. Anche nel caso della diatriba–mense ognuno ritiene valida solo la propria posizione e, se questa non passa, si sente in diritto di mettersi di traverso, infilare bastoni tra le ruote, sobillare alla protesta, bloccare ogni cosa. Il fatto vale per ogni singolo consigliere, per ogni gruppuscolo in cui si sono divisi i gruppi consiliari (con l’aggiunta della caccia al voto), cui si sommano i comitati di cittadini interessati direttamente alla vicenda, che nel caso delle mense sono addirittura due, evidentemente perché nemmeno tra coloro che stanno “dall’altra parte” c’è accordo pieno.

E i problemi, invece di risolversi si trascinano e il timore è che questi bambini delle materne vedano la decisione definitiva quando partiranno militari.

Non sarebbe più redditizio un confronto civile supportato da posizioni e idee ispirate dalla testa e non dalla pancia? Certo prima deve pensarci chi governa sgombrando il campo da ogni sospetto. Perché quando si chiacchiera della moglie di Cesare delle due l’una: o Cesare la porta in piazza e ne dimostra l’onestà, o sene resta a casa per starle vicino e tenerla d’occhio. Altro che in senato!

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